IL DUBBIO EUROPA
di Marzia MC Chiocchi
Sono passati esattamente 64 anni da quando venne istituito il MEC (mercato europeo comune ). Era il 25 MARZO 1957 quando, a Roma furono firmati i trattati costitutivi tra i 6 Paesi fondatori: Italia, Francia, Germania Ovest, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo. Dal quel giorno e’ passata molta acqua sotto i ponti, e tanti sono stati i trattati firmati:
Trattato di Maastricht (1992)
Trattato di Amsterdam (1999)
Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (2007)
Trattato di Lisbona (2009)
C’e’ chi continua a parlare di Europa con anacronistico entusiasmo, e chi, grazie al Cielo, pensa che occorra mettere da parte le illusioni e pensare alle gravi conseguenze di scelte scellerate, in primis finanzarie, che poco hanno pensato e pensano, ai bisogni di questo nostro Vecchio Continente ormai alla deriva. L’argomento Europa e’ al momento al centro delle massime preoccupazioni di molti, a meno che non si trovino, al piu’ presto, soluzioni illuminate che ci portino fuori da queste sabbie mobili. ( Cosa a cui non credo, perche’ il disegno dei poteri forti sui di noi sarebbe ben diverso). La signora Europa, o vecchio mondo, come veniva identificata in qualche antica cartina risalente agli anni successivi alla scoperta dell’America, nel bene e nel male, ha alle spalle una storia di grandi colonizzazioni, in Paesi fino ad all’ora sconosciuti. Una storia di navigatori che, per salpare verso nuovi mondi, avevano sfidato le Colonne d’Ercole, il mare tra la Spagna e l’Africa, attualmente conosciuto come stretto di Gibilterra, così spaventoso dai tempi di Omero al Medioevo per l’immensa vastita’ di acqua, oltre la quale non s’immaginava vi fosse altro.
L’Europa, e’ sempre stata una nobile signora intrisa di cultura, retaggio di antichi e moderni splendori dalla Grecia all’Impero Romano, attraversando il Rinascimento e l’Illuminismo fino ad oggi. Dalla Grecia al Manifesto di Ventotene, che sanci’ l’ideale d’Europa, di storia ne e’ trascorsa e, dai padri fondatori dell’idea, quanti concetti originari sono stati stravolti a vantaggio di una speculazione su piu’ fronti. I commenti sull’ Unione Europea siffatta, negli ultimi anni si sono sprecati ed ognuno ha cercato di capire se si tratti ancora di una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere, o di una fortezza dalle “false” solide fondamenta, ma che dovrebbe resistere per scopi nuovi all’ordine mondiale.
Prima di affrontare il presente, sarebbe cosa buona e intelligente, tornare ad analizzare il Manifesto di Ventotene, la cui stesura inizio’ nel 1941, per opera di antifascisti italiani come, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, esiliati nell’isola pontina dove posero le basi di quella che sarebbe dovuta essere l’Europa dei nostri giorni.
Il pensiero originario si apriva ad un ‘Europa unita, dove ciascuna persona avrebbe dovuto vivere libera da qualsiasi soggezione mentale ed economica, senza sfruttati e sfruttatori. Col tempo, invece, le alleanze finanziarie internazionali, hanno tradito nella quasi totalita’ l’etica fondatrice, per lasciare spazio alla costruzione di una societa’ piu’ precaria, che ha reso tutti noi deboli e vulnerabili, per gran parte rassegnati e consenzienti, (certamente non chi scrive) alle decisioni dei politici corrotti e masnadieri, molti parvenu’ eletti dopo tornate elettorali che, hanno posizionato sugli scranni delle due camere parlamentari, digiuni di questioni politiche, di scarsa cultura, analfabeti costituzionali, affetti da gattopardismo, brillanti più nel presenzialismo sciatto che nell’operatività costruttiva e risolutiva.
Spinelli, Rossi e Colorno, insieme ad altri, in quella piccola isola del mar Tirreno, ebbero molto tempo per pensare al progetto ambizioso di Europa unita, ma da allora l’establishment europeo, si e’ mosso solo e soltanto nella direzione opposta al Manifesto. In questi ultimi anni, Bruxelles, piu’ che il parlamento dei cittadini, e’ divenuto il palazzo dorato da cui gestire gli interessi di banche, multinazionali e ricatti governativi, in nome di continue austerita’ che dovrebbero pareggiare i bilanci. Il saggio Vecchio Continente e’ diventato espressione marcia e nauseante della globalizzazione, nello strenuo tentativo di appiattire le differenze di ogni singola nazione che, per propria storia e percorso, ne ha determinato la vera forza della cultura del nostro continente.
Uniti si, non nell’omologazione, ma nelle deversita’
La mia e’ la posizione di una ex europeista, che, per formazione culturale e professionale, crede nella cooperazione di popoli e culture ma non in questo ammasso di fanghiglia politica, espressione della piu’ atroce e nefasta manipolazione bilderberghiana.
Il 25 marzo 2017 in occasione dei 60 anni della Comunita’ Europea, in Campidoglio a Roma, i 27 Paesi dell’Unione Europea hanno siglato il Nuovo Trattato di Roma nella sala degli Orazi e Curiazi ( stesso luogo in cui i Paesi fondatori firmarono il primo documento nel 1957). Una cerimonia ampollosa, per scrivere 66 righe di cosidette larghe intese per non disgregarsi e non arrendersi ( come se bastassero quattro parole messe in croce ripetute come un mantra). E’ vero che, grazie alla Comunita’ Europea, da decenni siamo riusciti a mantenere la pace tra nazioni, fino ad allora, sempre in guerra tra di loro. Ma non basta! Ogni nazione non puo’ comunque sentirsi sotto assedio da coloro che hanno scelto di essere i primi della classe come unti dal Signore (Germania). Ogni nazione ha necessita’ di volare senza freni e paure e di tutele per le economie nazionali. L’euro, secondo i grandi economisti premi Nobel e non solo, smettera’ di far parte della nostra vita prima di quanto possiamo immaginare. L’autoconvincimento europeo esiste sulla carta senza contare che l’Universo, per l’umanita’, ha ben altri progetti.
Chiudo con un pensiero di Spinelli, che deve servire da monito, rivolto ai presenti, durante un intervento al Parlamento Europeo.
“ La capacita’ di fallire deve essere sempre accettata dall’inizio del percorso. Bisogna sempre sentire il valore di un ‘idea, prima ancora del suo successo finale. Cio’ e’ dimostrato anche dalla capacita’ di risorgere dal proprio fallimento. Chiunque inizi un’impresa, lo fa per dare qualcosa di se’ ai suoi contemporanei e a se stesso, o a nessuno. All’inizio, non possiamo sapere, realmente, se lavoreremo per noi stessi, per i nostri figli, o per una generazione futura. Quello che conta e’… CREDERCI…e l’Europa, sostanzialmente , non ci ha mai creduto!
E con molta franchezza nemmeno io, rappresentante di una generazione che, e a suo tempo, ha creduto fermamente nel Progetto Europa rimanendone, oggi, delusa in maniera profondamente critica.