I paradossi del Green Pass racchiusi in questo scritto di Noam Comsky
di AGATA IACONO, Sociologa, antropologa, giornalista certificata Wrep Blockchain)
Il famigerato Green Pass, che di fatto ha reso obbligatoria la vaccinazione di massa in Italia senza che le autorità italiane abbiano il coraggio di dichiararlo apertamente per paura di doverne poi rispondere penalmente, non ha nessun valore di controllo dell’epidemia. Il test più mportante, infatti, è stato realizzato in Olanda ed è fallito miseramente (1000 infettati)
È uno strumento di controllo e discriminazione, nonché il modo per far fallire definitivamente le piccole e medie imprese che vivono di turismo, di ristorazione, di spettacolo, di sport, di cultura e “intrattenimento”.
Ma non solo.
È uno strumento potenzialmente pericoloso perché attribuisce una falsa sicurezza in contesti dove il contagio si diffonde velocemente anche tra vaccinati, come fiere, eventi pubblici con alta affluenza, trasporti.
Genera, inoltre, conflitto di interessi tra chi è costretto a scegliere se vietare accesso alle proprie attività e la necessità di sopravvivere, trasformando di fatto gli esercenti in controllori di Stato sotto ricatto.
Il famigerato Green Pass è anche uno strumento discriminatorio: viola palesemente la Costituzione ma poiché di fatto lo Stato ha privatizzato il suo uso, senza assumersi la responsabilità di rendere obbligatorio un siero sperimentale per sfuggire ai ricorsi, la guerra sarà tra poveri.
Il conflitto sociale ed economico così si sposta sulle categorie “vaccinato e non vaccinato”, laddove il primo percepirà se stesso come un privilegiato e potrà scaricare la sua frustrazione, il suo disagio socioeconomico sul non vaccinato, discriminandolo e isolandolo, in una sorta di stratificazione funzionale al sistema.
Nessuno, infatti, può essere di fatto esonerato dalla somministrazione della terapia sperimentale per ottenere il passaporto sanitario.
Le sole persone che ufficialmente possono essere esonerate dal vaccino sono per l’Aifa e il Ministero della Salute:
“Chi non tollera il principio attivo del vaccino o i suoi eccipienti”.
Nessuno potrà sottrarsi.
Punto.
Ciò significa che nessuno può sapere se non tollera il vaccino prima di farlo.
Non esistono analisi predittive, anche se, in camera caritatis, immunologi e virologi anche di strutture pubbliche consigliano ad esempio agli utenti in carico che assumono farmaci antivirali di non rischiare che la terapia salvavita venga annullata da altra tecnologia mRNA.
Inoltre, la campagna vaccinale di massa in Italia sta andando a gonfie vele. Adesioni tra le più elevate al mondo.
Il problema, quindi, è l’esitazione vaccinale?
Certamente no.
Più del 50% di vaccinati con entrambe le dosi sono ricoverati per covid in Israele, uno dei fondamentali paesi cavia che ha avuto il tempo di elaborare le conseguenze a più lungo termine.
Le varianti sono colpa dei non vaccinati?
Sembra che proprio la vaccinazione di massa, senza alcuna selezione, stia sviluppando le maggiori mutazioni, d’altronde il virus vuole sopravvivere, si adatta e si vuole riprodurre, com’è sua natura.
Dunque, perché questa insistenza?
Avrete notato che #greenpass è un nome generico e non è stato scelto un nome specifico come vaccination Passport o pass sanitaire? Perchè?
il fine è molto più ampio e si chiama European Digital Identity Framework.
L’obiettivo è creare un’identità europea digitale comune che possa avere attributi omologanti, (oltre alla vaccinazione con i sieri autorizzati da Ema non osiamo prefigurare ulteriori caratteristiche obbligatorie per ottenere il diritto di esistere…).
Con il green pass vaccinale si “educa” la popolazione all’accettazione del principio secondo cui la fruizione di servizi pubblici anche essenziali è subordinata ad una condotta (oggi vaccino).
La condotta resta formalmente una scelta individuale, non più un diritto sociale e costituzionale garantito, che comporta una reazione stigmatizzante ed inabilitante.
Quindi non è più libera scelta.
Questo stigma oggi è rappresentato dal vaccino, ma domani potrebbe essere costituito da qualsiasi caratteristica: non più la razza e il genere sessuale, però, che sembrano diventati schizofrenicamente invece i soli limiti-paravento da sbandierare e per cui è lecito e giusto rivendicare il diritto a respirare.
Risultato: i cittadini, come rane bollite, assumono il paradigma secondo cui la vita sociale è subordinata all’accettazione di regole imposte.
Il sistema costituzionale è stato di fatto svuotato dall’interno introducendo il concetto di “social credit”.
Il Governo Draghi ha reso obbligatorio il green pass per i ristoranti e i bar al chiuso, per gli spettacoli e le palestre, per i congressi, le fiere, i convegni politici e culturali (ma i parlamentari non sono sottoposti a green pass, come sottolinea il presidente della Camera Fico), persino per i parchi tematici o di divertimento per i bambini, negando anche la possibilità di espletare un concorso dopo una vita di studio.
Ma, alla conferenza stampa di Mario Draghi per l’introduzione del green pass, non è stato possibile accedere col green pass.
I colleghi giornalisti, infatti, anche se vaccinati con le due dosi, sono stati costretti a effettuare il tampone e presentarne l’esito negativo.
La dimostrazione plateale dell’assoluta inutilità del Green pass è rappresentata magistralmente dall’iperbolico paradosso del divieto a chi è fornito di green pass di accedere in sala stampa senza tampone negativo.
Che problema dovrebbero avere i politici e i giornalisti ipervaccinati rispetto al contatto con chi ancora non lo è? “Il green pass non è un arbitrio”, tuona Draghi, cercando di mettere le mani avanti, “serve per tenere aperte le attività economiche”.
E chiama praticamente “assassini” i non vaccinati, affermando che sono portatori di morte. Tutto quello che si sta per scatenare in Italia, la guerra tra poveri permanenti mentre generali e banchieri brinderanno per i prossimi decenni è sintetizzata alla perfezione dal grande filosofo e linguista nord-americano Noam Chomsky con questa nota frase:
“Il modo più intelligente per mantenere le persone passive e obbedienti è limitare rigorosamente lo spettro di opinioni accettabili, ma consentire un dibattito molto vivace all’interno di tale spettro – incoraggiando persino le opinioni più critiche e dissidenti. Ciò dà alle persone la sensazione che ci sia il libero pensiero in corso, mentre per tutto il tempo i presupposti del sistema vengono rinforzati dai limiti posti nel campo del dibattito.”
(di Agata Iacono)
Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, fra cui anche Marzia Chiocchi di Mercurius5, e Monica Tomasello di Catania CreAttiva, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale.