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— Che lo smart working nella Pubblica amministrazione continui anche dopo la fine della pandemia è ormai fuori dubbio.

Il punto è come regolare il lavoro da remoto per 3,2 milioni di dipendenti pubblici facendo sì che il servizio sia improntato a quei criteri di «regolarità, continuità ed efficienza» evocati dal ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta lo scorso aprile quando fu cancellato l’obbligo del 50% di lavoro in smart working per i dipendenti pubblici previsto durante l’emergenza dalla precedente titolare di Palazzo Vidoni, Fabiana Dadone, lasciando invece libertà alle singole amministrazioni di decidere come organizzare il lavoro in base alle proprie esigenze.

Ma la fine dello stato di emergenza si avvicina e dopo il 31 dicembre 2021 ogni ufficio dovrà dotarsi di un piano organizzativo anche per il lavoro agile (il cosiddetto Pola) che prevede un massimo del 15% di attività svolgibili da remoto. Oggi le percentuali restano ancora molto alte, tra agenzie e enti locali, i dipendenti pubblici in smart working, anche se solo parziale, toccano il 50%. Il tempo stringe dunque.

Sabato 18 settembre il ministro Brunetta ha annunciato che «tra un mese per la prima volta ci sarà un vero contratto per il lavoro agile: ci vorrà un pacchetto organizzativo parallelo al lavoro in presenza sul lavoro da remoto». Lo scorso 15 settembre l’Aran ha presentato ai sindacati la prima bozza di contratto per il lavoro agile nelle Funzioni centrali (cioè ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici) che sarà la base per lo smart working in tutta la Pa. Ma il lavoro agile, si legge nella bozza, dovrà essere solo «per processi e attività di lavoro previamente individuati dalle amministrazioni, per i quali sussistano i necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità».

L’obiettivo è quello di «conseguire il miglioramento dei servizi pubblici e l’innovazione organizzativa garantendo l’equilibrio tra vita professionale e vita lavorativa».

L’accordo sarà individuale e andranno concordati la durata, le giornate di lavoro in smart working, il luogo dove lavorare, che non potrà essere al di fuori dei confini nazionali.

Il tempo di lavoro sarà diviso in tre fasce: operatività, contattabilità e inoperabilità, durante quest’ultima il lavoratore avrà diritto alla disconnessione completa.

L’accesso allo smart working sarà facilitato per chi si trova in determinate condizioni, come i genitori con figli minori di 3 anni o disabili, o lavoratori con disabilità. Saranno esclusi invece i lavori in turno e quelli che richiedono l’utilizzo di strumentazioni non remotizzabili.

Nell’accordo verranno indicate anche le modalità di controllo e potere direttivo del datore di lavoro. Mercoledì e giovedì prossimi ci saranno i nuovi incontri Aran-sindacati che, oltre al trattamento economico dei dipendenti delle Funzioni centrali e il giorno dopo, il 23, torneranno a parlare di lavoro agile.

I nodi da sciogliere restano molti, a partire da quell’accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore che preoccupa i sindacati. E poi c’è il green pass. «Il contratto sarà individuale tra l’amministrazione e il lavoratore, ma – puntualizza Brunetta – ci deve essere la soddisfazione dei cittadini: a queste condizioni le amministrazioni possono fare tutto lo smart working che vogliono».

E’ stata appena pubblicato in gazzetta ufficiale la legge di conversione n. 126 del DL 105, l’atto che ha esteso il greenpass a moltissime attività a partire dallo scorso 6 Agosto. Di seguito le modifiche più importanti e che riguardano tutti i cittadini:

E‘ stato specificato in modo chiaro che nei servizi di ristorazione al chiuso (soggetti quindi a greenpass) NON sono inclusi i ristoranti per i clienti degli hotel o strutture ricettive in genere

Per i centri termali è stato escluso l’obbligo di greenpass in caso di prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza, attività riabilitative o terapeutiche

E‘ stato esplicitato ciò che era già stato disposto dal garante per la privacy: “ogni diverso o nuovo utilizzo delle certificazioni verde covid19 è disposto esclusivamente con legge dello Stato”. Quindi nessun sindaco, governatore di regione o azienda privata può utilizzare il greenpass se non previsto dalla legge. 

Per le strutture sanitarie ci sono due importanti modifiche: la prima estende la necessità di greenpass per gli accompagnatori anche in centri di diagnostica e poliambulatori specialistici, la seconda, ancora più importante, è che per accedere al pronto soccorso SALVO I CASI DI OGGETTIVA IMPOSSIBILITA’ DOVUTA ALL’URGENZA sarà necessario sottoporsi a tampone rapido o molecolare. Questo significa che da oggi chiunque acceda al pronto soccorso, ANCHE SE VACCINATO, dovrà fare il tampone se non ci sono presupposti di urgenza valutati dal personale sanitario. 

Il greenpass per chi ha completato il ciclo vaccinale (attualmente 1 dose con JJ e 2 dosi per astrazeneca , pfizer o moderna) avrà durata 12 mesi e non più 9 (decisione presa per poter gestire i primi vaccinati di gennaio che altrimenti si sarebbero trovati senza greenpass fra poco)

– Vengono inseriti anche i tamponi salivari per rilascio greenpass “nel rispetto dei criteri stabiliti con circolare del ministero della salute”. Come anticipato quindi in questa prima fase io saranno validi solo i tamponi salivari molecolari (costosi). Verificheremo in futuro se anche i tamponi salivari economici e rapidi saranno inseriti per rilascio greenpass

https://www.gazzettaufficiale.it/do/gazzetta/downloadPdf?dataPubblicazioneGazzetta=20210918&numeroGazzetta=224&tipoSerie=SG&tipoSupplemento=GU&numeroSupplemento=0&progressivo=0&estensione=pdf&edizione=0

Dove firmare e quando. Neanche annunciato preso d’assalto il sito del Referendum no Green Pass. 600 mila accessi, 9000 richieste di collaborazione.

A meno di 12 ore dall’annuncio il sito del referendum contro il Green Pass, www.referendumnogreenpass.it viene letteralmente preso d’assalto. Un boom di richieste senza precedenti. «Abbiamo avuto nello stesso momento tra i 500.000 e i 600.000 accessi al sito e per questo alcune parti si bloccano», spiega l’avvocato del comitato organizzativo Olga Milanese del foro di Salerno. 
Milanese: «Migliaia di persone stanno continuando ad accedere e stiamo creando i siti di supporto, quindi a breve abbiamo risolto il problema». Infatti mentre stiamo scrivendo le parti che consentono la firmadigitale tornano on line. 

Neanche gli organizzatori si aspettavano una reazione di queste proporzioni, a dimostrazione che la narrazione governativa a canali unificati, tra tv, giornali e siti non ha convinto ampie fasce di popolazione che vedono nel Green Pass più che un sistema di gestione della pandemia un meccanismo di scarico delle responsabilità sulla popolazione, costretta in modo subdolo alla vaccinazione. «E’ il potere che ricatta i suoi cittadini», ha commentato ieri il giurista e accademico Ugo Mattei del comitato Garanti del Referendum, “invece di prendersi le responsabilità delle proprie scelte: obbliga le persone a vaccinarsi con un consenso informato estorto con la minaccia di perdere il lavoro”. Il tutto tra miriadi di messaggi contraddittori e irragionevoli. Per la stragrande maggioranza della popolazione attiva la mancata iscrizione alla tesi del governo comporta l’impossibilità di accesso al lavoro.
Ma il processo di raccolta diventerà anche concreto con le sedi in cui si potrà firmare materialmente per il Referendum abrogativo del Green Pass.

«Questa opzione partirà, più o meno, da metà della settimana prossima», spiega l’avvocato Milanese, «perché noi abbiamo avuto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ieri e quindi, chiaramente, prima di ieri sera e stanotte non abbiamo avuto per legge la possibilità di mettere a disposizione i moduli, per cui adesso i nostri volontari, da lunedì, li riportano per la vidimazione presso gli enti preposti. La vidimazione prende un paio di giorni di tempo, poi si potrà iniziare a raccogliere le firme». 
Secondo lei ci sarà in tutti i Comuni un luogo dove firmare?
«Molti Comuni saranno coperti. Caricheremo sul sito del referendum, appena saremo pronti con i moduli, le liste di tutti i Comuni, i punti organizzati con i tavoli nelle varie città, gli studi legali dove si potrà firmare perché molti colleghi ci hanno scritto dando la loro disponibilità a ricevere i firmatari per la raccolta», spiega Milanese, «solo ieri abbiamo avuto più di 9000 mail di proposte di collaborazione, persone che vogliono dare una mano, quindi non è immediatamente facile, stiamo cercando di ‘smistare’ e gestire tutte queste disponibilità».
Tecnici informatici, legali, volontari di ogni tipo, dalla persona comune al professionista, si sono resi disponibili inviando una mail a info@referendumnogreenpass.it per attivare la raccolta delle firme nel proprio Comune, attivare un tavolo o un punto di raccolta, diventare autentificatore, richiedere la certificazione o semplicemente dare una mano.
«Intanto la procedura del sito è abbastanza semplice», spiega l’avvocato Milanese, «si scaricano i moduli in formato word, si compilano, si trasformano in pdf, si firmano e si mandano». 

di Andrea Canbianco

Guardate il prezzo delle materie prime: gas, elettricità, alluminio, argento, grano, legna, terre rare… guardate il prezzo dei container che portano trasportano le merci da un continente all’altro. Guardate l’impennata del debito e della creazione di moneta negli ultimi anni.

Vi sembra sostenibile?

I casi sono due: o il sistema sta per collassare per incapacità dei leader politici mondiali o lo stanno facendo collassare per ordine del forum di Davos. O ci aspetta il caos e l’anarchia o stanno progettando un nuovo sistema digitale da lanciare sulle macerie del vecchio.In entrambi i casi qualcuno deve aver pensato che fossimo troppi da gestire sia in uno scenario di caos che in uno di avanzamento tecnologico che richieda molta meno manodopera rispetto al passato.

Per questo decidere di rischiare una patologia invalidante al cuore per il resto della vita (se c’è un resto della vita) per continuare a lavorare qualche mese in più, oltretutto dovendo fare non un siero ma ben 3 e chi lo sa se poi esce pure il quarto come in Israele, NON E’ UNA OPZIONE.

Lo so, molti pensano di non aver scelta ed io sono d’accordo: NON ABBIAMO SCELTA, DOBBIAMO RESISTERE.

Anche a costo di perdere lavoro e casa, perché cedere vuol dire perderli comunque, ma stavolta con una salute menomata. Sono il primo a mangiare pane ed angoscia per il futuro ogni giorno, sono il primo che non può permettersi la perdita dello stipendio. Ma ancor meno posso permettermi di perdere la vita, la salute e soprattutto la giustizia.

Perché la giustizia è dalla parte di chi resiste, lo sapete tutti.

Ed allora fate la cosa giusta, la Provvidenza ci aiuterà. E se non lo farà la Provvidenza, comunque arriva il crollo.

PRENDETE TEMPO, PREPARATEVI, RESISTETE

FONTE: IL TEMPO

Non era mai accaduto dopo il 2007, quando esplose lo scandalo dei costi della politica con il celebre libro “La Casta” di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella: sta per scattare un maxi aumento di stipendio per tutti in un comparto dello Stato. I fortunati sono membri eletti e dipendenti dell’ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, che custodisce e difende la privacy degli italiani.

Forse in questo caso avrebbe voluto serbare anche la privacy delle proprie azioni, ma nella bozza del prossimo decreto legge con primo firmatario Mario Draghi e ideatore soprattutto il ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, è spuntata una manina misteriosa che con malizia ha fatto emergere la novità. All’articolo 10 del corposo decreto che serve anche a stabilire come dividere sul territorio i ricchi fondi del Pnrr spunta una spesuccia da 4,7 milioni di euro all’anno a partire da questo 2021 (e quindi pure retroattiva) che riguarda proprio il Garante per la privacy: un aumento di stipendio fresco fresco da 160 mila a 240 mila euro (+50%) per i tre membri eletti dal Parlamento che affiancano il presidente dell’autorità, Pasquale Stanzione.

Continuano ad aumentare i casi di positività tra i sanitari. «I dati del monitoraggio ‘Epicentro’ dell’Iss sono inequivocabili», scrive La Stampa. «Se dall’11 giugno alla stessa data di luglio si contavano appena 212 contagi, durante il mese di agosto sono balzati a 1.951. Un incremento del 600% che potrebbe essere anche sottostimato visto che la rilevazione è stata fatta durante il clou delle vacanze, quando molti camici bianchi erano in ferie e non del tutto solerti a farsi il tampone per un po’ di tosse o raffreddore».

A essere più colpito da questa recrudescenza dei contagi è stato soprattutto il personale infermieristico, scrive Affari Italiani, che secondo l’Inail rappresenta circa l’82% dei nuovi positivi al virus e che in questo momento conta una media di 50 positivi al giorno. La conseguenza è che si aprono nuovi dubbi sulla durata dell’immunizzazione garantita dal vaccino. «I professionisti sanitari sono stati infatti i primi ad essere immunizzati a gennaio e questa recrudescenza improvvisa dei casi fa sorgere più di un sospetto», rende noto La Stampa. «Compreso quello che la variante Delta possa in qualche modo rendere la vita più breve agli anticorpi messi in circolo dal vaccino».

“La malattia ha reso Bergoglio ancora più irascibile e scostante” – Aldo Maria Valli osserva con amarezza il decadimento della Chiesa di Bergoglio, oramai arroccata in difesa del culto idolatrico del vaccino. “Bergoglio non parla mai di salvezza delle anime ma solo di vaccini. Il problema potrebbe non risolversi con la fine di questo pontificato dal momento che Bergoglio ha blindato il conclave. Bisogna però continuare a resistere e combattere una buona battaglia per come insegnato da San Paolo”

https://www.youtube.com/watch?v=qwmLjxDnLSU&list=WL&index=124

FONTE: Il Tempo

Incontenibile Massimo Cacciari: “Basta non ce la faccio più”. Il filosofo, ospite nella puntata di mercoledì 15 settembre a “Otto e Mezzo”, il programma di LA7, ne ha avuto per tutti: dal green pass al disconoscimento del direttore del “Domani” Stefano Feltri fino a Lilli Gruber. Sull’obbligo vaccinale, Cacciari sottolinea che occorrerà una legge specifica perché la Costituzione è chiara: “Se si farà una legge verrà meno l’ipocrisia che il green pass è un atto volontario quando di fatto è obbligatorio. Secondo me rimangono serissimi dubbi costituzionali. Devono fare una legge e assumersi tutte le responsabilità delle conseguenze sull’assunzione di un farmaco”.

Le critiche di Feltri agli intellettuali che parlano troppo suscita la reazione piccata del pensatore veneto: “Non la conosco, non ci siamo mai incontrati. Basta che legga il sottopancia? Eh scusi, proprio non so chi sia” e il direttore replica: “Non è vero, l’ho perfino chiamata per scrivere sul mio giornale. Lei sa chi sono io e io so chi è lei”.

Cacciari, molto risentito per l’illazione sulla sua incompetenza, rivendica la carriera e la profonda conoscenza della filosofia del diritto. Poi si altera e puntualizza: “Dire che noi siamo perfettamente informati è risibile. Basta vedere come informano le big pharma che cambiano bugiardini ogni settimana! Manca una corretta informazione. Io mi sono informato sui rischi che correvo e mi sono liberamente vaccinato. Un governo autorevole poteva andare in questa direzione, il problema è che non è autorevole per niente perché se lo fosse farebbe il consenso informato. L’Aifa (Agenzia italiana del Farmaco, nda) ha trasmesso ad agosto dati contraddittori a detta del suo Presidente! Non è corretto obbligare le persone a vaccinarsi in queste condizioni!”.

Una serata complicata per Lilli Gruber che dopo aver riportato la calma tra Cacciari e Feltri, è costretta a mettere fine anche al secondo round, quello tra Cacciari e il giornalista Luca Telese. Il pensatore sbotta con la conduttrice: “Non mi si vuol capire, basta! Passiamo oltre. Parlate di tanta informazione, ma quale? Basta vedere cosa hanno fatto su AstraZeneca. Quali sono i dati? Quanti vanno in rianimazione, quanti crepano? C’è un database che spiega cosa succede ai vaccinati? L’informazione riguarda solo che il vaccino è efficace”.

Dopo la pubblicazione nelle ultime ore della Circolare della Regione Puglia sulle terze dosi a partire dal 20 settembre, una valanga di commenti negativi sono stati scritti sulla pagina di FACEBOOK BARITODAY

Anche molti cosiddetti “fragili e “ultrafragili” hanno espresso parere negativo.

SOLO ALCUNI DEI COMNENTI:

“Dopo due dosi non ho prodotto anticorpi ma in compenso sono sempre stanco…la terza non la faccio”

Ma è possibile che un paziente oncologico, indebolito dalla chemio, oltre alla chemio deve fare la terza dose”

vaccino non ho sviluppato nessun anticorpo, perché mi devo sottoporre alla terza vaccinazione, premesso che prendiamo farmaci per tenere bassi gli anticorpi”

Anch’io trapiantata di rene da 5 anni. A malapena sono riuscita a fare la prima dose a luglio e da allora sto sempre ammalata”

Mia figlia solare e piena di vita dopo la prima dose una larva umana, ha formicolio per tutti gli arti e stanchezza”

Pfizer ha intenzione di chiedere l’approvazione per la somministrazione del vaccino ai bambini dai 6 mesi in su entro l’inverno: ecco il piano del gigante farmaceutico.

Entro l’inverno potrebbe arrivare il via libera alla somministrazione del vaccino di Pfizeranche per i bambini dai 6 mesi ai 5 anni. Il colosso farmaceutico ha infatti intenzione di chiedere l’autorizzazione, al momento solo negli Stati Uniti, per immunizzare anche i più piccoli entro i prossimi due mesi.

Naturalmente le tempistiche dipenderanno dai risultati ottenuti in seguito agli studi interni volti a indagare la sicurezza e l’efficacia dei vaccini anche nei bambini. Il direttore finanziario di Pfizer, Frank D’Amelio, spera di riuscire di partire entro il mese di novembre. Vediamo dunque quali sono i piani e la timeline di Pfizer.

Vaccino Pfizer ai bambini da 6 mesi: il piano di Pfizer

Pfizer ha intenzione di chiedere alla Food and Drug Administration (FDA) l’autorizzazione per la somministrazione del vaccino anche ai bambini dai sei mesi in su. In un primo momento, probabilmente entro il mese di ottobre, si partirà con la fascia tra i 5 e gli 11 anni, ma stando alle ultime dichiarazione pare che il colosso farmaceutico abbia intenzione di spingersi oltre, chiedendo l’autorizzazione anche per i bambini più piccoli, se i dati saranno positivi.

Naturalmente la dose da somministrare ai bambini sarà inferiore rispetto a quanto viene somministrato agli adulti: tra i 6 e gli 11 anni saranno iniettati 10 microgrammi, mentre tra i 6 mesi e i 5 anni si parla di 3 microgrammi. Agli adulti al momento vengono somministrati 30 microgrammi.

Attualmente le prove preliminari del vaccino Pfizer nei bambini suggeriscono che il prodotto è sicuro, tuttavia permangono delle preoccupazioni etiche e dei timori per l’eventuale “rischio di effetti collaterali”, come riporta il Financial Times. Gli Stati Uniti hanno già dato il via alla vaccinazione degli adolescenti di età pari o superiore ai 12 anni, proprio come l’Italia, ma si prevede che in autunno anche gli alunni delle scuole elementari riceveranno il vaccino.

Approvazione entro la fine di ottobre

Stando alle ultime previsioni sembrerebbe che l’approvazione per il vaccino per i bambini tra i 5 e gli 11 anni potrebbe arrivare entro la fine del mese di ottobre, come suggerisce anche l’ex capo della FDA durante il governo Trump, Scott Gottlieb, che adesso siede nel consiglio di amministrazione di Pfizer: