Lavoro: il “green pass” obbligatorio sta diventando “green caos”.
A meno di una settimana dall’introduzione dell’obbligo per accedere al lavoro, le aziende si trovano di fronte a difficoltà enormi e invocano almeno di posticipare la scadenza» scrive Belpietro su La Verità. «Altre si attrezzano per offrire test gratis ai dipendenti».
«Su tutto regna il green caos»
«Manca meno di una settimana all’entrata in vigore dell’obbligo di possedere il certificato verde per accedere ai luoghi di lavoro, ma a differenza di quanto aveva immaginato il governo, la politica di rendere la vita difficile ai no vax non sta producendo i risultati sperati».
«Secondo il generale Francesco Paolo Figliuolo – continua – sono quasi tre milioni gli italiani con più di 50 anni che ancora non hanno ricevuto neppure una dose. E visto che il periodo trascorso tra l’annuncio dell’obbligo di green pass e la sua effettiva introduzione è stato piuttosto ampio, è facile immaginare che questi tre milioni non siano intenzionati a offrire il braccio alla patria, ma piuttosto abbiano deciso di resistere all’imposizione della puntura».
Si registra un calo del numero di somministrazioni di dosi giornaliere e questo non sembra affatto confermare la «propaganda dell’esecutivo e dei suoi cantori.» poi Belpietro sottolinea «Secondo l’istituto presieduto da Nino Cartabellotta, nonostante in frigorifero ci siano 13,4 milioni di vaccini anti Covid, le prenotazioni per sottoporsi all’inoculazione calano, fino a ridursi a poche decine di migliaia al giorno, un numero che ha indotto il governo a spostare il traguardo del raggiungimento dell’immunità di gregge. La meta tanto agognata dell’80% di popolazione vaccinata era stata fissata per il 30 settembre, ma visto il rilento con cui procede la somministrazione delle dosi, l’obiettivo è stato rinviato un po’ più in là e scomputando ovviamente i minori di 12 anni. Oggi la previsione si è avverata, ma nel frattempo, a causa del contagio di chi è già stato vaccinato e della riduzione della copertura contro il coronavirus dopo un certo numero di mesi, si comincia a prevedere un innalzamento della soglia. Non più l’80%, ma il 90. Anzi, forse il 95%. Una meta che, green pass o no, sembra realisticamente irraggiungibile».
Un dato è certo, al di là di ciò che il mainstream vuole far credere: «Il certificato verde, invece di spingere le persone a vaccinarsi, le sta inducendo a “tamponarsi”».
Saranno le aziende ad accollarsi il costo dei tamponi per evitare di perdere manodopera preziosa. «Un costo che, inevitabilmente, finirà scaricato poi sul consumatore, perché se alla busta paga si aggiunge il prezzo di due o tre tamponi settimanali, 120 o 180 euro mensili qualcuno alla fine li deve scucire», si legge su La Verità.
«Lo testimonia anche il presidente della Confindustria dell’Emilia, Valter Calumi, il quale chiede di rinviare l’obbligo del certificato verde in azienda e per poi sollecitare l’estensione a 72 ore della validità dei tamponi rapidi, in modo da ridurre i costi ed evitare affollamenti ai gazebo dove si effettuano i test».
Pure il governatore del Veneto Luca Zaia non nasconde le sue preoccupazioni in merito all’obbligo del pass sul lavoro: «Mi appello al Governo affinché consenta alle imprese di fare i test fai da teai loro lavoratori in autonomia, altrimenti il 15 ottobre sarà il caos».
Insomma, la situazione rischia di sfuggire di mano, con un esercito di non vaccinati pronti a marcare visita, cioè a presentare un certificato di malattia per evitare la sospensione: lo si capisce parlando con gli avvocati specializzati in diritto del lavoro, i quali confessano di essere subissati di richieste da parte di aziende che non sanno come comportarsi. Insomma, se per il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro la circolazione del virus è in fase discendente, quella del “green caos” è in fase ascendente e nei prossimi giorni il barometro registra aria di peggioramento».