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2 Aprile 2022 – Redazione – FONTE: L’Antidiplomatico

Il caso di Wikipedia e di altri “censori di internet” – incredibile un recente “articolo” che abbiamo già commentato– impegnati a riscrivere la storia della strage nazista del maggio del 2014 è davvero preoccupante.

Contro ogni tipo di revisionismo storico, come l’AntiDiplomatico vi proponiamo il racconto di una donna sopravvisuta a quei tragici eventi, quando un nutrito gruppo di nazisti, attaccarono la casa dei sindacati, dove si erano rifugiati i manifestanti antifascisti.

 

L’edificio fu dato alle fiamme e successivamente preso d’assalto da squadre naziste armate.

I morti furono ufficialmente 49, ma il numero esatto non è mai stato reso noto.

A raccontare quanto accadde quel giorno è Eugenia Culikova, una rifugiata politica ucraina costretta a scappare da Odessa, qualche mese dopo, per il rischio di essere arrestata. Eugenia oggi vive in Italia e ha scritto un libro, dal titolo “ATTRAVERSO IL FUOCO PER L’ETERNITA'”, dove raccoglie le testimonianze di 21 sopravvissuti a quella terribile strage.

https://youtu.be/LgLJsicyUJM

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2 Aprile 2022 – Redazione – FONTE: EventiAvversi

Parte il primo screening mirato in Toscana, condotto nelle scuole secondarie attraverso la somministrazione di questionari sulla familiarità per morte improvvisa e l’esecuzione di elettrocardiogrammi digitali, è partito l’ultima settimana di marzo presso l’Istituto da Vinci-Fascetti, a Pisa in via Contessa Matilde, nell’ambito del progetto Just (acronimo di JUvenile Sudden deaTh: JUST know and treat – Morte cardiaca improvvisa giovanile: conoscerla per prevenirla) sostenuto dalla Fondazione Pisa e promosso dai professori Michele Emdin e Claudio Passino, entrambi della Scuola Superiore Sant’Anna e della Fondazione Monasterio, e dal prof. Marco di Paolo dell’Università di Pisa.

Il progetto Just ha portato alla realizzazione, di un registro informatico dei casi di morte improvvisa, alla messa a punto di una strategia di intervento basata sulla programmazione della diffusione delle tecniche di “basic life support” (rianimazione cardiopolmonare) per “laici”, alla messa a punto di campagne di educazione e, appunto, all’attuazione di screening mirati nelle scuole secondarie come quello che si svolge in questi giorni all’Istituto da Vinci-Fascetti, a Pisa.

Lo screening è organizzato in collaborazione con il dirigente scolastico Federico Betti, con i suoi collaboratori Gaetano Fabozzi e Stefano Mazzantini, con i docenti di scienze motorie e con i collaboratori scolastici dell’istituto, con Fabio Pagliazzi e Valeria Raglianti del Provveditorato agli Studi di Pisa. A eseguire i controlli sui giovani sono i cardiologi Alberto Giannoni e Francesco Gentile, con gli infermieri e i tecnici della Fondazione Monasterio (Silvia Terenzoni, Francesca Bramanti, Teresa Ceccanti, Cristiane De Jesus, Anna Di Sessa, Giovanni Iudice, Sara Guerrieri, Maria Giuseppina Paci, Elisabetta Menicagli, Letizia Diara), coordinati da Marco Vaselli.

La rianimazione di Christian Eriksen, il giocatore danese dell’Inter, ha emozionato l’opinione pubblica come è accaduto in passato per le morti premature di Astori, Curi, Morosini suscitando cordoglio universale. Poche condizioni mediche sono più traumatiche della morte improvvisa, non anticipata da nessun sintomo, di una persona giovane.

Si tratta di un evento raro, in genere legato ad una aritmia fatale, ma la sua presentazione drammatica e l’impatto sulla famiglia e sulla comunità tutta trova un rilievo amplificato nei casi degli atleti che esemplificano la metafora di una vulnerabilità nascosta in una persona in apparenza perfettamente sana. La morte improvvisa nei giovani è rara (incidenza stimata fra 1 e 10 casi/100.000 persone/anno), con circa il 25 % dei casi durante attività sportiva, ma ha un impatto notevole in termini di anni di vita persi, data la lunga aspettativa di vita di persone giovani.

“È giustificato considerare la morte cardiaca improvvisa del giovane come una condizione sanitaria di assoluta rilevanza: fra le condizioni predisponenti identificate ci sono le cardiomiopatie, le canalopatie (le sindromi del QT lungo e del QT corto, la sindrome di Brugada), i difetti cardiaci congeniti (origine anomala delle coronarie), le miocarditi, i traumi toracici, l’assunzione di farmaci o sostanze d’abuso. La displasia aritmogena del ventricolo destro e la sindrome del QT lungo sono le cause aritmiche più comuni di morte cardiaca improvvisa. Si stima che la rianimazione cardiopolmonare e la disponibilità diffusa di defibrillatori esterni semiautomatici potrebbero prevenire circa un quarto delle morti improvvise pediatriche e giovanili”, come sottolineano i promotori del progetto Just.

L’autopsia nei casi di morte improvvisa giovanile è necessaria per alimentare efficaci campagne di prevenzione. Sembra un paradosso eppure è così. Del resto, il progetto Just è stato anche un trampolino per chiedere l’istituzione di un registro regionale “Presto – spiega Michele Emdin, docente di cardiologia alla Sant’Anna e direttore del dipartimento cardiotoracico della Fondazione Monasterio – chiederemo alla Regione una legge regionale per istituire un registro sulle morti improvvise: un data base che ci permette di ricostruire, come abbiamo fatto a Pisa con i tessuti prelevati in una cinquantina di autopsie eseguite negli ultimi anni, un albero genealogico genetico che aiuta moltissimo nella prevenzione. Quindi è importante che le famiglie colpite da questi lutti autorizzino lo svolgimento dell’esame medico legale, perché esso è utilissimo a delineare un quadro di potenziali familiarità con queste patologie nei congiunti delle vittime”. C’è da superare uno “scoglio” psicologico. E lavorare sulla sensibilizzazione dell’opinione pubblica. “Il nostro progetto – sottolinea Emdin – non si limita alla somministrazione di questionari e all’esecuzione di elettrocardiogrammi digitali. E’ un vero e proprio percorso di educazione sanitaria. Il lavoro fatto dal professor Di Paolo, con i tessuti delle vittime esaminati nelle autopsie, è determinante per avere una rigorosa base scientifica per effettuare la prevenzione. Ecco perché dopo questi decessi è molto importante eseguire le autopsie che oggi vengono fatte solo se disposte dall’autorità giudiziaria o in caso di decesso in ospedale”.

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2 Aprile 2022 – Redazione – di Giorgio Gandola La Verità)

Donato Greco: «Abbiamo dovuto suggerire restrizioni di dubbia efficacia scientifica ma costi sociali certi. Le chiusure non hanno frenato il virus. Un altro errore è stato lasciare la comunicazione in mano a virologi autonominati».

«Anche i lockdown più duri non hanno contrastato la diffusione del virus». È l’ammissione di un errore fatale, è l’8 settembre della guerra al Covid. Non sono trascorse neppure 48 ore dallo scioglimento del Comitato tecnico scientifico che arriva la prima rivelazione fuori dal coro. Poi la seconda: «Le misure di contenimento non hanno avuto efficacia scientifica ma costi sociali certi». La terza è uno schiaffo a reti unificate: «Il nostro errore più grande è stato lasciare la comunicazione in mano a virologi autonominati ma senza esperienza specifica».

Donato Greco è uno scienziato e per un anno ha fatto parte del Politburo dei burattinai che hanno scandito la vita del Paese, dietro ai quali si è sempre riparato il ministro Roberto Speranza. Appeso il camice ministeriale al chiodo, l’advisor di 30 commissioni dell’Oms con 250 pubblicazioni internazionali nel curriculum decide di togliersi dalle scarpe non sassolini ma massi erratici, meteoriti che incrinano «ex post» le scelte del potere sanitocratico.

Lo fa a Un giorno da pecora su RaiRadio 1; cinque minuti liberatori per chi ha provato anche nei giorni più dolorosi a mantenere acceso il cervello e a seguire la strada del dubbio. Il professor Greco è entrato nel Cts un anno fa, dopo la delirante stagione della «Tachipirina e vigile attesa».
Ha partecipato a 65 riunioni strategiche, ha avallato decisioni impopolari e di dubbia efficacia, ha ascoltato Mario Draghi dire assurdità come «Il green pass garantisce ai vaccinati di non contagiarsi, chi non si vaccina muore».

Per appiattimento istituzionale o per senso del dovere non ha parlato con entusiasmo sospetto come alcuni suoi colleghi (Agostino Miozzo, Sergio Abrignani, Franco Locatelli). Ma ieri, improvvisamente, si è sentito libero di dire la sua. «La più grande difficoltà del Cts è stata dover suggerire misure di contenimento e mitigazione la cui efficacia scientifica era debole mentre i costi sociali ed economici erano certi. Qualunque chiusura, a cominciare dalle scuole fino alle restrizioni delle attività commerciali, non è riuscita a contrastare la diffusione del virus come poi si è visto». Un’accusa frontale, un uso non casuale del verbo «suggerire» che conferma ciò che questo giornale ha sempre scritto: le scelte sono state politiche e le istituzioni hanno usato «l’evidenza sanitaria» come foglia di fico per coprire decisioni cervellotiche e anticostituzionali.

Tornando al surreale lockdown contiano dei canti dai balconi e della morte civile di migliaia di esercizi commerciali, Greco ha un’opinione sintetizzabile con due parole: errore madornale.

«Anche l’isolamento più duro del marzo 2020 non ha sortito nessun effetto sul contenimento dell’epidemia». Eppure allora chi eccepiva veniva confinato fra i nemici dello Stato. Veniva manganellato dai media mainstream, sbeffeggiato nei talk show governativi, additato a reprobo dalle virostar di riferimento e spiato dagli Alessandro Gassman di turno. Un periodo da pelle d’oca in cui il pensiero unico ha preso il sopravvento. Anche per quella stagione Donato Greco ha una spiegazione non convenzionale.

«L’errore più grande del Cts è stato non aver prodotto comunicazione. Si è dato spazio a una serie di virologi autonominati che l’hanno gestita. È vero, abbiamo tenuto una conferenza stampa ogni settimana, ma senza impatto mediatico perché tutti gli spazi erano occupati. Noi abbiamo rispettato un vincolo di riservatezza mentre le virostar hanno avuto accesso ai media in modo intenso pur non conoscendo le informazioni di chi era in prima linea e non avendo esperienza specifica».

Più che intervistare, Giorgio Lauro e Geppi Cucciari raccolgono un’amara e lucida confessione. Greco lancia sassi in piccionaia anche al sistema dell’informazione: «Ho lavorato in più di 50 epidemie e inevitabilmente spuntano esperti autonominati che i media scelgono anche per le loro capacità comunicative».

Siamo all’elenco dei virologi da passerella; il membro del defunto Cts non ha problemi a fotografarli in primo piano e a demolirne il superego, tranne al più autoreferenziale. «Roberto Burioni è stato utile nella comunicazione formale per le sue lezioni da Fabio Fazio ed è stato onesto rispetto ai colleghi. Altri meno. C’erano colleghi con la qualifica di infettivologi clinici, bravi per le terapie ma di sanità pubblica non ne sapevano niente». Critica Matteo Bassetti: «Chi discuteva sempre le decisioni del governo era esasperante».

Poi snocciola il rosario. «Fabrizio Pregliasco si è sempre occupato di virologia dell’influenza; Alberto Zangrillo è un rianimatore, non ci azzecca; Andrea Crisanti è un polemista, bravissimo con le zanzare e personaggio molto discusso nel mondo accademico. Antonella Viola è immunologa e biologa, brava nella comunicazione sociale».

La rasoiata finale è da boia cinese, di quelli che ai tempi di Confucio tagliavano la testa con tale raffinatezza da lasciarla sul collo: «La sanità pubblica pensa alla popolazione. Noi ci occupiamo della gente, non delle provette».

Sul come, dopo le sue rivelazioni ogni dubbio è lecito. Il Politburo sanitario si è sciolto ma il veleno vaporizzato pervade l’aria; la resa dei conti è appena cominciata.

di Giorgio Gandola – La Verità

1 Aprile 2022 – Redazione

Il foglio di via per un anno era stato emesso dalla Questura capitolina a novembre dopo un’iniziativa no green pass dell’ex leader dei portuali.

Il Tar del Lazio ha annullato il provvedimento di Daspo urbano ai danni di Stefano Puzzer, leader no green pass della protesta del porto di Trieste. Il provvedimento era stato emanato dalla Questura di Roma il 3 novembre scorso. Il giorno precedente l’ex leader dei portuali triestini aveva posizionato un banchetto a Piazza del Popolo per raccogliere solidarietà e adesioni nella sua lotta contro le restrizioni anti Covid. Una manifestazione non autorizzata, secondo la Questura capitolina. Da qui il foglio di via per un anno. Puzzer aveva presentato ricorso.

Secondo il dispositivo del Tar del Lazio “l’Amministrazione non ha formalmente contestato tali risultanze, né ha indicato concrete e significative situazioni di pericolo derivanti dal comportamento del ricorrente, tali da poterne inferire un effettivo potenziale pericolo per la sicurezza pubblica, nelle circostanze di luogo e di tempo che costituiscono la motivazione sostanziale del provvedimento impugnato”. Inoltre “né il provvedimento può legittimamente fondarsi sulle sole segnalazioni del ricorrente all’Autorità Giudiziaria – scrivono i giudici – ovvero sulla contestazione relativa all’organizzazione di una manifestazione non autorizzata, che – oltre a non essere state accertate in maniera definitiva – non possono da sole sorreggere la misura, in assenza di ulteriori e concreti elementi di fatto che fungano da indispensabili criteri di collegamento spazio-temporale tra le esigenze di prevenzione ed uno specifico territorio (…), con riferimento ad un delimitato periodo temporale di un anno”.

In assenza di tali elementi – prosegue il dispositivo del Tar – “anche la durata della misura risulta sprovvista di una valida giustificazione causale, non risultando ancorata ad una oggettiva e percepibile esigenza di prevenzione della sicurezza urbana, e risultando pertanto insuscettibile di una reale valutazione in termini di congruità e proporzionalità della limitazione della libertà di circolazione sul territorio nazionale”.

“Infine deve ritenersi poco pertinente anche la motivazione relativa all’esigenza di dislocare un massiccio presidio di sicurezza, che avrebbe distratto le forze di Polizia da altri obiettivi sensibili, in quanto tale affermazione non è risultata confermata dalla documentazione probatoria versata in atti, né appare di per sé idonea a dimostrare un effettivo turbamento della sicurezza pubblica, in assenza di documentati disordini”. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso di Puzzer è stato accolto con annullamento del provvedimento impugnato.

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1 Aprile 2022 – Redazione

Attenzione, si parla di dosi di richiamo per le quali lo studio sottolinea : “Nonostante l’attuale approvazione della FDA per le dosi di richiamo eterologhe, l’efficacia di un booster mix-match è incerta“. (Mix-match sta per vaccinazione eterologa) e ancora: ” I dati sulla sicurezza o l’efficacia della vaccinazione con prodotti vaccinali COVID-19 di diversi produttori sono limitati; l’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP) raccomanda che le persone con condizioni di immunocompromissione da moderata a grave ricevano una terza dose di vaccino mRNA COVID-19 dallo stesso produttore della loro serie primaria“.

Non sono stati testati, non ci sono (volutamente?) dati al riguardo: “ Le persone che hanno riferito di aver ricevuto una serie primaria da diversi produttori o da un produttore sconosciuto o non disponibile negli Stati Uniti, o 2 dosi di vaccino dopo aver ricevuto un vaccino monodose Janssen (Johnson & Johnson) (150) sono state escluse dall’analisi delle reazioni avverse dopo il ricevimento della dose aggiuntiva.

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https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8486391/

Esacerbazione temporanea di psoriasi ed eczema preesistenti nel contesto della vaccinazione di richiamo dell’RNA messaggero COVID-19: un caso clinico e una revisione della letteratura

“Riportiamo 2 casi di esacerbazione di una dermatosi sottostante dopo la somministrazione di dosi di richiamo.

Il primo paziente era un uomo di 71 anni con una storia di eczema localizzato che presentava lesioni vescicolari e discoidi di nuova insorgenza entro 24 ore dalla terza dose di vaccinazione Pfizer-BioNTech. Ha avuto una reazione simile ma più lieve dopo la sua seconda dose di vaccinazione. Un esame fisico ha rivelato placche discoidi eczematose e piangenti sul tronco, arti (Fig 1, A) e petto (Fig 1, B) e vescicole multiple profonde sui palmi delle mani (Fig 1, C). È stato trattato con steroidi topici, antistaminici, antibiotici orali e prednisolone[…].

“Il secondo caso era una donna di 80 anni con psoriasi quiescente stabile che era in trattamento con ciclosporina a 25 mg al giorno. Una settimana dopo la sua terza dose di vaccinazione Pfizer-BioNTech, una riacutizzazione guttata con una superficie corporea attiva del 5% si è sviluppata nel paziente (Fig 1, D). La ciclosporina è stata aumentata a 75 mg al giorno, con l’aggiunta di steroidi topici”[…]

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1 Aprile 2022 – Redazione

PER MESI ABBIAMO DETTO CHE SAREBBE EMERSA TUTTA LA VERITÀ, CHE SAREMMO DOVUTI ARRIVARE AD APRILE 2022, AFFINCHÉ IL VASO DI PANDORA ESPLODESSE. 

SIGNORE E SIGNORI, ECCO A VOI LA LISTA DEI MEDICI PAGATI DA BIG PHARMA……UNA MAREA……

BUONA LETTURA ⤵️

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1 Aprile 2022 – Redazione- FONTE: Byoblu

Ai tempi di Wikipedia riscrivere la storia a proprio piacimento è semplicissimo. È sufficiente entrare a fare parte dell’élite degli utenti autorizzati e si possono modificare eventi storici acclarati secondo i propri gusti personali.

Da “massacro” a “incendio casuale”

È quello che è successo alla pagina Wikipedia dedicata al rogo di Odessa, un evento che risale al 2 maggio 2014 e strettamente collegato all’attuale conflitto tra Russia e Ucraina. Bene fino a circa un mese fa Wikipedia fornivauna precisa versione dei fatti. Il rogo di Odessa veniva infatti definito come un massacro presso la Casa dei sindacati in Ucraina ad opera di estremisti di destra, neonazisti e nazionalisti filo occidentali ucraini ai danni dei manifestanti sostenitori del precedente governo filo russo.

È bastato un mese, inframmezzato dall’inizio delle ostilità tra Russia e Ucraina insieme ad un allineamento della stampa occidentale su posizioni anti russe, per far riscrivere la pagina Wikipedia sulla strage di Odessa. Ora la versione fornita dall’enciclopedia della Wikimedia Foundation è completamente diversa.

Adesso il rogo di Odessa non è più un massacro, ma un semplice incendio verificatosi presso la Casa dei sindacati a seguito di violenti scontri armati tra le fazioni di militanti filo russi e di sostenitori del nuovo corso politico ucraino che ha portato alla morte di 42 persone.

La nuova versione di Wikipedia in contrasto con le fonti ufficiali

Insomma secondo il nuovo corso dell’enciclopedia online sembra che l’incendio scoppiato alla casa dei sindacati di Odessa sia stato un evento casuale, scaturito non si sa bene per quale fenomeno: un po’ di vento? Un improvviso processo di autocombustione? O un fulmine che casualmente ha colpito proprio la casa dei sindacati?

Lascia stupefatti poi l’incredibile piroetta che Wikipediacompie nel descrivere i gruppi ucraini coinvolti negli scontri di Odessa. Da estremisti e neonazisti sono infatti diventati degli innocui sostenitori del nuovo corso politico ucraino. Una versione dei fatti decisamente in contrasto con quanto emerge da tutti i rapporti ufficiali sulla vicenda, compreso il report dell’Alto Commissario per i diritti umani dell’ONU.

Secondo questo documento tra i gruppi ucraini c’erano diversi esponenti del partito politico Pravyj Sektor, che è anche un gruppo paramilitare dichiaratamente neonazista. Non solo. Secondo le ricostruzioni ufficiali i militanti filo russi, numericamente inferiori, si sono rifugiati all’interno della casa dei sindacati di Odessa e sono stati poi circondati dai gruppi ucraini. Sempre secondo le ricostruzioni, dai gruppi ucraini sono partiti diversi colpi di pistola contro l’edificio, nonché un fitto lancio di molotov.

Solo un ristretto gruppo può modificare la pagina

Le indagini non hanno ancora portato ad accertare la responsabilità dell’incendio al 100%, tuttavia non si può negare che un gruppo di filonazisti abbia preso d’assalto un palazzo con molotov e pistolettate, creando quindi tutti i presupposti per la morte di quelle 42 persone. Insomma una versione dei fatti evidentemente occultata dall’enciclopedia del web.

Ora la pagina Wikipedia dedicata al rogo di Odessarisulta bloccata, questo significa che le modifiche possono essere fatte solo dalla stretta cerchia di rollbacker, di utenti convalidati e autoverificati. Si tratta di un ristretto gruppo di persone, spesso nascoste dietro l’anonimato e generalmente scelte dagli amministratori. Ecco come la storia può essere oggi facilmente manipolata da una fondazione con sede a San Francisco.

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1 Aprile 2022 – Redazione

Luciana Lamorgese vuole evitare che le pattuglie rischino incidenti. Insorgono i sindacati degli agenti: «Ci impediscono di fare il nostro mestiere». Ma ormai l’andazzo è quello: via libera ai delinquenti. Nel Comasco sospese le ricerche di un evaso: «Troppo costose».

C’erano una volta le pantere della polizia che sfrecciavano per le strade di Milano e Roma, all’inseguimento di banditi e terroristi. Sono scene che sono state celebrate nei film polizieschi degli anni Settanta con attori come Luc Merenda o Tomas Milian. Negli Stati Uniti sono nate storiche serie televisive che riprendevano i poliziotti alla caccia di ladri e assassini, sempre con il classico lampeggiante sul tetto delle auto. Come non ricordare lo storico inseguimento del 17 giugno 1994 quando la Nbc interruppe una partita di basket per raccontare la fuga dell’attore statunitense Oj Simpson lungo l’autostrada Interstate 405 di Los Angeles? Sono episodi che hanno fatto la storia delle forze dell’ordine. In Italia queste scene potremmo non vederle mai più. Di sicuro sarà sempre più difficile trovarle in Lombardia o a Milano. E la questione rischia di diventare un problema serio per il rispetto della legalità e per la caccia ai delinquenti.

Nei giorni scorsi, infatti, il Compartimento lombardo della polizia stradale ha diramato una circolare dove viene «fortemente consigliato agli operatori in pattuglia in caso di inseguimenti di veicoli, di «limitarsi» ad annotare le informazioni riguardanti il veicolo in fuga e diramarle ad altre pattuglie per attivare le ricerche». Su carta intestata del ministero dell’Interno di Luciana Lamorgese vengono quindi messe in evidenza nuove direttive e viene scritto nero su bianco che, nel caso in cui qualcuno non si fermi a un posto di blocco, «la reazione del personale deve essere attenta e ponderata tenendo conto «in primis» dell’esigenza di salvaguardare la sicurezza di tutte le persone che circolano su strada, compito primario della polizia stradale». Sembra quasi che il Viminale non si fidi più del suo personale. E c’è il rischio di fornire un assist ai delinquenti che ora potrebbero approfittare della mancanza di autorevolezza delle pattuglie della stradale. Perché poi si legge che la pattuglia «dovrà, in caso di fuga dell’automobilista, annotare il numero di targa, modello del veicolo e direzione di marcia e contattare immediatamente la sala operativa che diramerà i dati a tutte le altre forze di polizia presenti sul territorio per il rintraccio dei fuggitivi».

A lanciare l’allarme sulla pericolosità della circolare è il Sap, il sindacato autonomo di polizia. Gianpiero Timpano, segretario nazionale Sap, proprio ieri ricordava come «gli operatori ben conoscono i rischi, anche normativi, di un mestiere sempre più difficile da esercitare, ma abbiano altrettanto chiaro il servizio che devono garantire al Paese. La consapevolezza di doversi preoccupare maggiormente delle responsabilità piuttosto che delle insidie dei malfattori di turno è davvero mortificante; vorremo preoccuparci di assicurare i delinquenti alla giustizia e non delle conseguenze interne». Insomma quanto recita la circolare lombarda è già noto agli agenti di polizia che sono formati a questo scopo. Continua Timpano, «le forze dell’ordine prive di autorevolezza e di serenità operativa non possono assolvere il loro compito istituzionale e non impediranno che taluni soggetti, oltre a fuggire impunemente, compiano reati ben peggiori di quelli previsti dal Codice della strada». Ma perché questo divieto? Nella circolare vengono elencate le numerose conseguenze penali («che scaturiscono da un comportamento imprudente»), amministrative, disciplinari, erariali («i danni che riportano i veicoli di servizio») e persino quelle etico morali («ferimento o decesso delle persone coinvolte»), nella quali si può incorrere «nel caso in cui il tentativo di bloccare la marcia dei malintenzionati dovesse generare «danni collaterali»», come ricorda il Sap.

Il tema è dirimente. Se ne dibatte da tempo in polizia. Negli ultimi anni ci sono stati alcuni casi di inseguimento finiti male, ma non sono certo la regola. Il più recente è quello della ragazza di 14 anni che morì a Roma. Era in macchina con il padre che si scontrò con una volante che a sua volta inseguiva una Punto con a bordo dei sospetti rapinatori di una tabaccheria.

Ma poi ci sono anche i rischi per i mancati inseguimenti. Il 12 marzo nel comasco sono state sospese le ricerche di un evaso, Massimo Riella, che era fuggito dal carcere di Como. Il motivo? Costava troppo un massiccio spiegamento di uomini e mezzi per le ricerche. Alessandro Corbetta, consigliere regionale della Lega, definisce «controversa la nota diffusa dal dirigente della polizia stradale» anche perché «le forze dell’ordine e la Polstrada per evitare le conseguenze nelle quali si incorre nel caso in cui il tentativo di bloccare i malintenzionati dovesse generare «danni collaterali» – secondo quanto affermato – dovranno evitare di compiere il proprio lavoro per il quale sono già consapevoli dei rischi, anche normativi».

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1 aprile 2022 – Redazione

Dall’email di Hunter Biden spuntano i contatti con il ‘biolab’ di Kiev. L’accusa russa che il figlio del presidente Usa abbia avuto un ruolo nel finanziamento di laboratori di armi batteriologiche in Ucraina sembra trovare conferma.

Mosca sostiene che Biden junior abbia finanziato laboratori segreti attraverso il suo fondo d’investimento Rosemont Seneca. Adesso spuntano le e-mail dal suo laptop che documentano il suo lavorio per garantire milioni di dollari di finanziamenti a Metabiota, un’azienda californiana contractor del Pentagono, specializzata nella ricerca su malattie che causano pandemie da utilizzare come armi. Dalle mail risulta che Hunter presentò Metabiota a una società di gas ucraina, Burisma, per un “progetto scientifico” relativo a laboratori di biosicurezza in Ucraina.

Il vicepresidente di Metabiota, in un’e-mail inviata a Hunter, nel 2014 evocava progetti per “affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia“. Le e-mail che tracciano gli interessi di Hunter sono state pubblicate prima sul New York Post -lo stesso tabloid statunitense che parlò per primo, nel 2020, dell’esistenza di questo computer – poi dal Daily Mail.

Il computer fu abbandonato in un centro riparazioni nel Delaware nell’aprile 2019, proprio nelle settimane in cui Joe Biden annunciava la sua candidatura alla presidenza. Dalle e-mail risulta che Rosemont Seneca Technology Partners investì 500mila dollari nella società di ricerca sui patogeni di San Francisco e ne raccolse altri milioni attraverso aziende come Goldman Sachs.

Hunter presentò Metabiota ai vertici di Burisma, l’azienda del gas ucraina di cui era membro del consiglio d’amministrazione, per un “progetto scientifico” relativo a biolaboratori in Ucraina. In uno scambio di e-mail, la vicepresidente di Metabiota, Mary Guttieri cosi’ scriveva a Hunter nell’aprile 2014, due mesi dopo l’invasione e l’annessione della regione della Crimea da parte della Russia: “Come promesso, ho preparato il promemoria allegato, che fornisce una panoramica di Metabiota, il nostro impegno in Ucraina e di come possiamo potenzialmente sfruttare il nostro team, le nostre reti e le nostre idee per affermare l’indipendenza culturale ed economica dell’Ucraina dalla Russia e la continua integrazione in Società occidentale”.

Alcuni giorni dopo, un uomo di Burisma Vadym Pozharskyi parlava a Biden di un “progetto” – quello – scrisse “che hai chiamato ‘Science Ukraine’”. Di fatto, dai bilanci di spesa del governo, risulta che gli Usa nel 2014 garantirono a Metabiota 23,9 milioni di dollari, dei quali 307.091 dollari per “progetti di ricerca ucraini”. Del resto Hunter Biden si vantava con gli investitori che la sua azienda organizzava finanziamenti per Metabiota e l’aveva aiutata a “ottenere nuovi clienti” tra le quali “agenzie governative”. (FONTE AGI)

Ma, oltre ad essere il figlio dell’attuale presidente americano, CHI È davvero HUNTER BIDEN?

In un recente articolo di Enrico Levantino (Fonte) scopriamo dettagli interessanti e davvero illuminanti… Vediamoli insieme.

“Nel 2014 Barak Obama (il guerrafondaio) mandò Biden (che era il suo braccio destro) in Ucraina per dare appoggio ai nazionalisti ucraini che avevano messo in fuga l’allora presidente filorusso (Yanukovich).  Fu appunto Biden ad avvicinare l’Ucraina alla Nato. Voleva togliere potere politico ed economico alla Russia.
(domanda: perché gli americani volevano “rompere i coglioni” ai russi?)
Nell’aprile 2014 la Burisma Holdings, la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina (attiva sia su gas che petrolio), assume per una consulenza proprio Hunter Biden. Avere nel proprio board un nome di “peso” avrebbe sicuramente portato giovamento al prestigio dell’azienda. Hunter Biden viene assunto con uno stipendio di 50mila dollari al mese!
Il figlio di Biden venne scelto nonostante non parlasse la lingua e non avesse particolari esperienze nel campo energetico. In famiglia Hunter Biden è sempre stato considerato la “pecora nera”. Era nei riservisti della Marina dove però nel 2014 fu congedato perché trovato positivo alla cocaina. Hunter Biden non aveva grandi prospettive in casa ma grazie alla sua laurea in legge trovò “fortuna” nella consulenza (grazie al potere e alle raccomandazioni del  paparuccio).
In quei mesi Joe Biden ha proseguito la politica americana volta a far riprendere il possesso da parte dell’Ucraina di quelle zone del Donbass. La zona di Donespt è ritenuta ricca di giacimenti di gas non ancora esplorati finite nel mirino della Burisma Holdings.  Toh, che coincidenza: Hunter entra nella Burisma Holding e il padre, Joe Biden, fa strategie (losche) per indurre l’Ucraina a conquistare  (a colpi di bombe, stupri e atrocità) il Donbas dove ci sono fonti di gas su cui la Burisma aveva messo gli occhi. Una cosa cosi disgustosa che ha fatto storcere il naso anche ai media americani in quegli anni.
Prima di “piazzare” il figlio Hunter in Ucraina, Joe aveva portato il figlio in un viaggio di stato in Cina, dove Hunter aveva incontrato uomini d’affari, iniziativa che persino un ex consigliere di Obama, aveva definito “preoccupante” perché “sollevava questioni se avesse fatto leva su possibili finanziamenti”.

Il potenziale conflitto d’interessi riaffiora nel 2016 quando, con l’appoggio dell’Unione Europea, Un procuratore stava indagando il fondatore della compagnia (Mykola Zlochevsky), dove lavorava Hunter,  per  un caso di tangenti milionarie per ottenere le licenze nello sfruttamento del gas.  I fatti risalivano al periodo dal 2010 al 2012.
Ma nel 2016, periodo in cui Hunter lavorava nella compagnia indagata (a 50mila dollari a mese) avvenne che il padre Joe decise di “far fuori” quel procuratore.
Biden minacciò di congelare un miliardo di dollari di aiuti a meno che i leader ucraini non avessero licenziato il procuratore generale Viktor Shokin.
Ebbene, quel procuratore che stava facendo bene il suo lavoro fu licenziato e il caso fu archiviato (e il presidente della Burisma Holding non dovette più rispondere della corruzione messa in atto).
Lo stesso Biden se ne vantò durante un incontro pubblico nel 2018. Disse: “Li guardai negli occhi e dissi, io parto tra sei ore, se il procuratore non è stato licenziato, non avrete i soldi”.
Imbarazzante! Non a caso, Hunter si è dimesso dall’incarico in aprile, quando il padre si è candidato.
Ma tranquilli, presto papà Biden, piazzerà il figlio Hunter (la pecora nera di famiglia, positivo alla cocaina) da qualche altra parte.

Ed è anche un evasore!
Hunter Biden, figlio del presidente eletto Joe Biden, non avrebbe dichiarato nel 2014 al fisco americano 400 mila dollari ricevuti come compenso dalla società ucraina del gas Burisma. Lo riporta Nbc News. Le nuove rivelazioni sarebbero contenute nel famoso computer ritrovato nel Delaware in un negozio di riparazioni e appartenuto a Hunter Biden. Nbc è entrata in possesso di una copia di una email trovata nel pc.
Lo staff di Biden, contattato da Nbc, non ha risposto a una serie di domande, tra cui una che chiedeva se Hunter avesse poi chiarito la sua posizione riguardo la dichiarazione dei redditi del 2014.
Non so a voi, ma a me questa storia mette il vomito”. (Enrico Levantino)

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[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia MC Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di professionisti (insegnanti, economisti, medici, avvocati, ecc.) formatosi con l’unico intento di collaborare per la difesa della libertà di espressione (art. 21 della Costituzione Italiana e art. 11 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea) e per la ricerca e condivisione della verità sui principali argomenti e fatti di rilevanza sia locale che globale]

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1 Aprile 2022 – Redazione – FONTE: Radio Radio

Sembrerebbe esserci più disunità che unità nazionale in un Governo che in queste ore ha rischiato la pelle sulla questione bellica e che non accenna a smettere di battibeccare sugli effetti avversi dei vaccini anti-Covid, quando l’era della quarta dose si fa sempre più alle porte.
Gli eventi collaterali sono stati praticamente un tabù in questi due anni in cui chi si è fidato della narrazione mediatica senza fronzoli né indicazioni chiare riguardo i rischi, a volte ha pagato cara questa iniezione di fiducia. E tanto.
Persone totalmente abbandonate dalle istituzioni cercano tutt’oggi giustizia nel silenzio più totale di chi non può assolversi con la verità con tanto ritardo. Anche per questo il Senatore Alberto Bagnai ha interrogato il Ministro della Salute Roberto Speranza nel corso dello svolgimento odierno di interrogazioni a risposta immediata al Senato.
ECCO IL BOTTA E RISPOSTA. CLICCA SUL LINK PER VEDERE E ASCOLTARE ⤵️

https://youtu.be/FH8BkH-afPk

Bagnai: “Pessima idea negare gli effetti avversi”

“Signor Presidente, signor Ministro, il legislatore europeo stabilisce un principio di buon senso: quanto meno se ne sa di un farmaco, quante minori sono le evidenze cliniche disponibili, tanto maggiore deve essere la cura nel monitorare le eventuali reazioni avverse. Si chiama monitoraggio addizionale, è stato introdotto nella legislazione europea nel 2010 ed è stato disciplinato in Italia a partire dal 2015.

Il monitoraggio addizionale richiede due cose abbastanza ovvie: in primo luogo si raccomanda agli operatori sanitari di segnalare qualsiasi sospetta reazione avversa; in secondo luogo, le case farmaceutiche devono descrivere in modo chiaro nei foglietti illustrativi le modalità con cui operatori sanitari e pazienti possono segnalare gli effetti collaterali.

È un vero peccato non cogliere le occasioni in cui il legislatore europeo si regola secondo buon senso; abbiamo perso questa occasione del caso del regolamento europeo n. 953 del 2021, che nell’introdurre il lasciapassare verde insiste sulla necessità di non farne un uso discriminatorio (indicazione platealmente disattenta nel nostro paese). Purtroppo anche le norme sul monitoraggio addizionale risultano sostanzialmente disapplicate durante la pandemia, in particolare dal sito dell’EMA risulta che sono soggetti a questo monitoraggio tutti i vaccini Covid-19 attualmente impiegati in Italia, per il semplice motivo che la loro autorizzazione all’immissione in commercio è condizionata, ai sensi del regolamento europeo n. 507 del 2006. Si tratta, infatti, di farmaci che rispondevano a esigenze mediche insoddisfatte e quindi andavano introdotti in commercio, ma per i quali non si disponeva ancora di dati completi su sicurezza ed efficacia e quindi andavano monitorati con più attenzione.

Tuttavia i foglietti illustrativi dei vaccini Covid-19 in Italia contravvengono le espresse disposizioni della European medicines agency (EMA), non riportando chiaramente le modalità di segnalazione degli effetti avversi. Inoltre non si conoscono iniziative dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) volte a sensibilizzare il personale sanitario rispetto ai suoi obblighi nel quadro del monitoraggio addizionale, né, più in generale, se e in che modo si sia provveduto da parte dell’AIFA all’obbligo di avviare programmi di monitoraggio addizionale.

L’inerzia dell’AIFA nel sensibilizzare i cittadini è notevole. Le faccio un esempio; l’ultimo tweet in cui l’Agenzia cita il portale di farmacovigilanza www.vigifarmaco.it risale al 23 novembre 2018. Per tutta la pandemia l’AIFA ha sostanzialmente taciuto come se le segnalazioni fossero un fastidio da disincentivare e non un elemento prezioso e imprescindibile per assicurare il progresso della scienza. Immagino che il negazionismo degli effetti collaterali sia sembrato a qualcuno una buona idea. Invece è una pessima idea e un grave errore di comunicazione perché suscita e legittima le paure più irrazionali.

Per questo, signor Ministro, ci interessano i suoi chiarimenti sul monitoraggio addizionale”.

La replica di Speranza

“Signor Presidente, come ho già detto, i vaccini sono stati davvero uno strumento essenziale per aprire una fase nuova nel nostro Paese, in Europa, ma anche a livello planetario. Credo davvero che i numeri siano molto chiari e molto netti a livello mondiale. Abbiamo superato 11 miliardi di dosi somministrate a livello planetario; stiamo parlando di un numero davvero impressionante. In Italia arriveremo nelle prossime ore a superare 136 milioni di dosi somministrate.

Da ogni angolo del mondo tutti gli studi che arrivano testimoniano come si tratti di un vaccino efficace e sicuro che sta davvero contribuendo ad aprire una fase diversa.

L’EMA, in collaborazione con le autorità competenti degli Stati membri, stila e aggiorna periodicamente la lista dei farmaci che devono essere sottoposti a monitoraggio addizionale che, come noto, rappresenta un sistema dedicato volto a migliorare la segnalazione delle reazioni avverse.

Rammento che tutti gli operatori sanitari attivi nell’ambito della campagna di vaccinazione contro il Covid-19 presso i nostri centri di vaccinazione, studi medici di medicina generale o anche farmacie, sono stati adeguatamente formati sia per la somministrazione che per il monitoraggio di eventuali reazioni.

Le segnalazioni per eventi avversi sono dunque gestite direttamente dagli operatori sanitari che ben conoscono le procedure in caso di eventi avversi e le modalità di invio delle relative segnalazioni. AIFA ha contribuito con l’Istituto superiore di sanità alla realizzazione di percorsi di formazione che hanno trattato specificamente il modulo per la segnalazione delle sospette reazioni avverse. Ricordo che le attività di vaccino vigilanza si basano su un sistema concorrente di farmacovigilanza passiva ed attiva; la prima incentrata sulla sorveglianza delle segnalazioni spontanee di sospetti; la seconda sulla raccolta di informazioni attraverso opportuni studi indipendenti.

Le segnalazioni spontanee provengono sia da figure professionali del settore sanitario che da cittadini e sono inserite nella rete nazionale di farmacovigilanza dai responsabili locali di farmacovigilanza che contribuiscono, insieme ai centri regionali e ad AIFA, al corretto funzionamento del Sistema nazionale di farmacovigilanza. Tale attività rappresenta un obbligo disciplinato dal decreto del 30 aprile 2015 ed ha l’obiettivo di evidenziare in tempi rapidi potenziali nuove informazioni di sicurezza che meritano di essere ulteriormente approfondite e studiate.

Confermo che il monitoraggio addizionale dei vaccini anti Covid è allo stato operante e, come riportato sul sito istituzionale di AIFA, comprende tra l’altro le seguenti azioni: il monitoraggio quotidiano delle segnalazioni di sospetto evento avverso dopo vaccinazione per Covid-19 da parte di un team dedicato di dirigenti sanitari operanti nell’area di vigilanza AIFA, caratterizzato dall’interazione continua tra i vari attori coinvolti nella loro raccolta e gestione e i segnalatori, al fine di incrementare la quantità delle informazioni secondo criteri standardizzati e comunemente accettati a livello globale; l’invito alla segnalazione nell’ambito della pagina dedicata ai vaccini anti Covid presente sul portale; le attività di approfondimento di specifiche tematiche di sicurezza, in collaborazione con i centri regionali di farmacovigilanza e i dipartimenti regionali di prevenzione oggetto di specifiche pubblicazioni dei rapporti della sorveglianza dei vaccini Covid-19; la promozione e lo studio di uno sviluppo di farmaco epidemiologia in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità in tema di sicurezza dei vaccini anti Covid-19.

Se in questi giorni ci stiamo riappropriando progressivamente a livello europeo dei nostri spazi di vita e di libertà, è sicuramente merito di vaccini che sono efficaci e sono sicuri”.

Bagnai: “Non ha superato le perplessità”

“Signor Presidente, signor Ministro, detto con un sorriso invisibile causa mascherina, la sua risposta non supera tutte le mie perplessità, onestamente, però questo non è un problema. Credo che siano un pochino più problematici i crescenti segnali di insoddisfazione che provengono dalle aule di giustizia. Le faccio un esempio: il consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, nella sua ordinanza n. 351 del 2022, cita espressamente «la inadeguatezza della farmacovigilanza attiva e passiva» fra i motivi di non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 4 del decreto-legge n. 44 del 2021, nella parte in cui questo prevede l’obbligo vaccinale per il personale sanitario. Questo perché, secondo la Corte costituzionale, l’obbligatorietà di un vaccino è legittima solo se, tra l’altro, si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute del paziente, fatte salve le conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili. Ma in assenza di una farmacovigilanza adeguata, questa valutazione è in re ipsa preclusa.

Le risparmio l’elenco dei provvedimenti giurisdizionali che stanno censurando l’attuale impianto di lotta alla pandemia. In particolare, il tema del bilanciamento tra il diritto alla salute e quello al lavoro è oggetto di un numero crescente di ordinanze dei TAR, che deprecano la logica ricattatoria sottostante al decreto-legge n. 44 del 2021 – la stessa logica rivendicata ieri con forza e con la consueta freschezza dal ministro D’Incà – schierandosi, i tribunali, a difesa dell’articolo 1 della Costituzione.

Vede, signor Ministro, l’esigenza di dibattere su questioni controverse è l’essenza incomprimibile della politica. Soffocando il dibattito nelle Aule parlamentari siete riusciti solo a spostarlo in quelle dei tribunali, dove il Governo è sempre più spesso soccombente perché lì purtroppo, signor Ministro, non è possibile tirare dritto ponendo la questione di fiducia.

Le faccio pertanto i miei migliori auguri per il suo impegno, ringraziandola per esso e per la sua disponibilità”.

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