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18 Maggio 2023 – Redazione

Il preside della Pilo Albertelli ha presentato due progetti, ma il consiglio d’istituto li ha rigettati. Gli eredi del partigiano scrivono una lettera perché i genitori ci ripensino e il 18 maggio ci sarà un’assemblea plenaria sul tema.

“I nostri figli devono imparare la Storia, tradurre dal Greco e avere capacità critica, non come usare Spotify e Instagram”. E’ questa una delle graffianti motivazioni che il consigliio d’istituto del liceo “Pilo Albertelli” ha utilizzato per respingere i due progetti finanziati con i fondi Pnrr presentati dal dirigente scolastico Antonio Volpe. Parliamo di quasi 300.000 euro di soldi europei girati all’istituto di via Manin all’Esquilino per “Next Generation Labs” e “Next Generation Classroom”. Genitori, prof, un alunno hanno detto no.

I due progetti Pnrr per il liceo Albertelli bocciati dal consiglio d’istituto

Per dare il contesto: i due progetti citati sono alcuni delle decine che dovrebbero essere sviluppati all’interno dei licei e degli istituti superiori di Roma e provincia, nell’ambito del ben più ampio “Scuola 4.0”, un piano nazionale adottato dal ministero dell’istruzione il 14 giugno 2022, grazie ai fondi stabiliti dal Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza. Oltre 2 miliardi di euro, dei quasi 200 destinati all’Italia, tutti dedicati a trasformare le istituzioni scolastiche in luoghi di apprendimento altamente digitalizzati e innovativi, sia nella didattica sia nella gestione. Le classi tradizionali, come spiega anche il ministero, dovranno diventare “laboratori per le professioni digitali del futuro”. Questo aspetto, però, non sembra raccogliere il gradimento del consiglio d’istituto dell'”Albertelli”, almeno della componente genitori.

Oltre 120mila euro per tre laboratori innovativi

Con “Labs”, il liceo classico dell’Esquilino propone a studentesse e studenti 3 tipologie di laboratori che hanno come scopo, in base alle linee guida del piano finanziato dal Pnrr,  quello di accompagnarli verso alcune delle nuove professioni che stanno caratterizzando e caratterizzeranno sempre di più il mercato del lavoro. Il primo si chiamerebbe “Info Bibliolab” e prevede una webradio, un laboratoriio di  grafica digitale e  videomaking “volto ad acquisire strumenti utili nella produzione di graphic novel”, un percorso di produzione e sperimentazione musicale. Il secondo sarebbe “Spazio Museale Schola”, finalizzato alla realizzazione di strumenti che offrano ai visitatori un’esperienza di navigazione immersiva e interattiva. Infine “Le mie competenza digitali”, che già dal nome fa capire che lo scopo è implementare le competenze degli alunni tramite corsi ICDL e il conseguimento di certificazioni professionali ICT rilasciate da enti ufficiali su standard europei. Per  questo progetto, il “Pilo Albertelli” riceve esattamente 124.044,57 € dall’Unione Europea per tramite del ministero competente.

Dall’UE quasi 150mila euro per nuovi strumenti tecnologici

C’è poi “Classroom”, che nel caso della scuola di via Manin coinvolgerebbe 20 sezioni fino alla fine del 2024. Con precisamente 149.032,61 € la dirigenza scolastica acquisterebbe una strumentazione digitale moderna “per migliorare la didattica, favorendo inclusione e collaborazione tra pari”. Il target è anche quello di studentesse e studenti con particolari esigenze, i cosiddetti bisogni educativi speciali o disturbi dell’apprendimento. “Le nuove strumentazioni (digital board, tablet e stampanti) – si legge nel progetto – saranno completate da software che saranno di ausilio alle singole discipline con grande attenzione all’aspetto professionale ma al contempo accattivante e ludico. La didattica personalizzata permetterà agli alunni deboli di recuperare al meglio le abilità di base e agli alunni eccellenti di raggiungere nuovi traguardi”. Questo, come anche il precedente progetto, viene fortemente contestato da una parte del consiglio d’istituto.

“Progetti non sottoposti al collegio docenti”

Durante una delle ultime assemblee, infatti, la maggioranza si è espressa a sfavore dei due progetti presentati dal preside Volpe il 24 e 25 febbraio scorsi e portati all’attenzione del consiglio pochi giorni dopo: “Non erano stati sottoposti al Collegio dei Docenti – si legge nella nota firmata il 14 maggio da Francesco Paolo Caputo e Serena Iacovelli, rappresentanti dei genitori – e neppure alla competente commissione nominata dallo stesso Collegio dei Docenti. Su richiesta di uno studente, il dirigente scolastico ha spiegato di non aver coinvolto gli studenti in quanto la loro partecipazione non era prevista in questa fase”. Alla fine, con 7 voti contrari (4 docenti, 1 studente e 2 genitori) quasi 300.000 euro di fondi Pnrr sono stati, al momento, respinti. Tre studenti e un rappresentante ATA si sono astenuti, solo 2 i favorevoli: il preside Volpe e un genitore.

Perché genitori e prof non vogliono nuovi tablet: “Si deve studiare”

Per i detrattori del progetto “Labs”, gli obiettivi posti “stridono con quelli di un liceo, che sarebbero quelli di insegnare a tradurre il greco, comprendere la storia e la fisica, avere una capacità critica e un metodo di studio, non usare Spotify e Instagram”. Per quanto riguarda l’acquisto di strumentazione tecnologica moderna per “Classroom”, genitori e prof contrari fanno presente al dirigente scolastico innanzitutto che questa già esiste: “Abbiamo 41 smart tv, 7 proiettori, 49 pc notebook, 41 pc desktop – dicono – pertanto ci sembra irrazionale e antieconomico spendere 150.000 euro per ulteriori attrezzature multimediali che hanno una vita brevissima e che quindi acuiscono, non arginano, la percezione di vivere in un mondo effimero”. Il consiglio d’istituto, inoltre, contesta la reale necessità di aumentare la dotazione tecnologica anche dal punto di vista didattico ed educativo: “Molte parole vengono spese ‘sul benessere emotivo e lo stimolo relazionale, sullo sviluppo dell’empatia’ degli studenti – scrivono – o sul ‘rendere protagonista l’alunno che si avvicina sempre di più alla scelta consapevole del proprio ruolo nella società’, senza che però vi sia alcuna spiegazione o evidenza su come i dispositivi digitali possano concorrere a questi obbiettivi. Neanche una parola invece è riservata alla profondità delle conoscenze che sono necessarie per comprendere – e non solo subire – una società sempre più complessa”.

L’appello degli eredi del professore partigiano

Data l’importanza del tema e l’ingente finanziamento che, con la confermata contrarietà del consiglio d’istituto, l'”Albertelli” potrebbe non utilizzare, gli eredi del partigiano Pilo Albertelli al quale è stata dedicata la scuola nella seconda metà del XX secolo, hanno preso carta e penna e si sono rivolti a genitori, prof e alunni chiedendo di non perdere questa opportunità: “Ci dispiacerebbe enormemente che non si cogliesse questa grande opportunità di rinnovare e ammodernare la struttura – scrivono Paolo, Francesco, Guido e Sergio Albertelli – . Crediamo e speriamo davvero che non si voglia depauperare un patrimonio culturale come quello di una Scuola che ha quasi 150 anni di storia”.

Assemblea scolastica plenaria il 18 maggio

Gli autori dell’appello portano il cognome di un filosofo nato a Parma, che insegnò nel liceo di via Manin quando era intitolato al Re Umberto I e fu tra i fondatori del Parito d’Azione, autore del primo grave attentato organizzato a Roma contro i nazisti dopo l’occupazione del 1943: arrestato il 1° marzo 1944, il 24 di quello stesso mese venne fucilato alle Fosse Ardeatine dopo essere stato torturato. “Arriva forse un’occasione – continuano gli Albertelli – per riportare il liceo ai fasti di un tempo, o almeno per tentare di darle un’immagine nuova. Siamo sicuri che farete tutto quanto sia possibile nel non disperdere quanto costruito e per cogliere questa opportunità straordinaria, che potrebbe non ripresentarsi per decenni”. Giovedì 18 maggio è stata convocata un’assemblea aperta a tutta la comunità scolastica con all’ordine del giorno proprio i fondi del Pnrr e a quanto si apprende uno degli eredi Albertelli potrebbe presenziare.

 

FONTE: RomaToday

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13 Maggio 2023 – Redazione

 

John Francis Clauser è un fisico teorico e sperimentale americano noto per i suoi contributi ai fondamenti della meccanica quantistica, in particolare alla disuguaglianza di Clauser-Horne-Shimony-Holt.

Clauser è stato insignito del Premio Nobel per la Fisica 2022, insieme ad Alain Aspect e Anton Zeilinger “per gli esperimenti con i fotoni entangled, per aver stabilito la violazione delle disuguaglianze di Bell e per essere stato il pioniere della scienza dell’informazione quantistica” e fu il primo a dimostrare la non ambigua forma del fotone come particella. Oltre a laureato con il Premio Nobel Clauser ha anche vinto il premio Wolf per la Fisica e proviene da una famiglia di scienziati, con lo zio che era Premio Nobel per la Chimica. Uno scienziato a tutto tondo e affermato membro dell’accademia.

Ora però John F. Clauser si è unito all’”Alleanza Ribelle” degli scienziati della CO2 Coalition, l’unione degli accademici che ha una visione  non mainstream sul cambiamento climatico e che difende la scienza vera, quella dei dati e degli studi, contro l’ideologia. Il premio Nobel ha affermato:

“A mio parere, non esiste una vera crisi climatica. C’è, tuttavia, un problema molto reale nel fornire uno standard di vita dignitoso alla numerosa popolazione mondiale e una crisi energetica associata. Quest’ultimo viene inutilmente esacerbato da quella che, a mio avviso, è una scienza del clima errata”.

La narrativa popolare sul cambiamento climatico riflette una pericolosa corruzione della scienza che minaccia l’economia mondiale e il benessere di miliardi di persone. La fuorviante scienza del clima si è trasformata in una massiccia pseudoscienza giornalistica scioccante. A sua volta, la pseudoscienza è diventata un capro espiatorio per un’ampia varietà di altri mali non correlati.

È stato promosso ed esteso da agenti di marketing aziendale, politici, giornalisti, agenzie governative e ambientalisti altrettanto fuorvianti. A mio parere, non esiste una vera crisi climatica. C’è, tuttavia, un problema molto reale nel fornire uno standard di vita dignitoso alla numerosa popolazione mondiale e una crisi energetica associata. Quest’ultimo viene inutilmente esacerbato da quella che, a mio avviso, è una scienza del clima errata“.

Quindi per uno scienziato vero, affermato, un Premio Nobel per la Fisica, contesta le baggianate che sentite in TV e che leggete sui giornali, i divieti di accendere il barbeque, i ragazzetti ignoranti che danneggiano i monumenti per “Gobattere il gambiamento”. Però l’’ignoranza è tanta, troppa, e un Premio Nobel non basta.

Fonte: Scenari economici

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07 Maggio 2023 – Redazione

 

Ha abbattuto il muro del pregiudizio, partecipando negli anni Venti al Giro d’Italia: la storia di Alfonsina Strada.

«Pedalò forte contro il vento del pregiudizio»:

Con queste parole, nell’ottobre 2022, durante l’intervento alla Camera per chiedere la fiducia Giorgia Meloni ha omaggiato Alfonsina Strada. Nel nome, c’era già il suo destino. Alfonsina è stata la pioniera del ciclismo femminile italiano, la prima concorrente donna del Giro d’Italia. In pieno regime fascista, su due ruote ha percorso una lunga strada contro i pregiudizi di quei tempi. Contro le convenzioni sociali che identificavano la figura femminile solo come moglie e madre. Alfonsina è stata tra quelle donne «che hanno osato – per tornare al discorso della Meloni – per impeto, per ragione o per amore». E fatto la differenza.

Alfonsina Strada: storia di una ribelle

Alfonsina Morini, questo il nome da nubile, nacque nel 1891 a Castelfranco Emilia da una famiglia di braccianti agricoli. Sentì presto accendersi la passione per la bicicletta, era ancora una bambina: suo padre ne aveva una, vecchia e malridotta, ma lei se ne innamorò perdutamente.

Cominciò facendo la vedette delle competizioni sportive della zona, poi arrivarono le prime gare a Reggio Emilia e dintorni. Ma poiché c’era l’alto muro del maschilismo sportivo (e non solo), pur di partecipare Alfonsina dovette spacciarsi per un uomo. Era già chiaro, niente l’avrebbe fermata. E si guadagnò così il soprannome di “diavolo in gonnella”.

Ovviamente, i genitori e tutti gli altri parenti non approvavano le sue velleità. Doveva trovare marito come tutte le altre, Alfonsina. E magari diventare una brava sarta. Nel 1905, a soli 14 anni, sposò il meccanico e cesellatore Luigi Strada. La precoce fine di un sogno? No, anzi. La coppia Alfonsina Strada e Luigi Strada sorprese tutti, perché quell’uomo si rivelò di grande intelligenza e mentalità aperta. Nel giorno delle nozze, regalò ad Alfonsina una bici da corsa. L’anno successivo i due si trasferirono a Milano e lui cominciò addirittura a farle da allenatore. Alfonsina Morini Strada prese parte a diverse competizioni, inanellando successi.

Nel 1924 fu ammessa al Giro d’Italia. Sostenne le prime tappe con risultati più che validi, soprattutto considerando che tutti gli altri atleti erano uomini. Durante l’ottava tappa (L’Aquila-Perugia), però, la pioggia e il vento la fecero cadere rovinosamente. Eppure non si arrese. Con l’aiuto di una donna, aggiustò il manubrio della sua bicicletta usando un manico di scopa e ripartì. Arrivò a Perugia per ultima e fuori tempo massimo, esausta e ferita. Ma arrivò. Conquistando tutti gli spettatori, che la accolsero con ammirazione e calore. Tuttavia, anche a causa di chi disapprovava l’emancipazione femminile, venne esclusa dalla gara. Le permisero comunque di prender parte alle seguenti tappe, senza conteggiarne i tempi. Su 90 atleti partiti da Milano, solo 30 portarono a termine l’intero percorso. Tra questi, anche lei.

Nonostante ciò, non le fu mai più permesso di iscriversi al Giro. E sapete cosa fece? Più di una volta lo seguì per conto proprio, naturalmente a bordo della sua bici. Ormai celebre, prese invece parte a molte altre competizioni e si esibì anche nei circhi, pedalando sui rulli. Nel 1938 conquistò il record dell’ora femminile a Longchamp, in Francia, fissandolo a 35,28 chilometri.

Gli ultimi anni e la morte

Alla fine degli anni Quaranta, Alfonsina Strada rimase vedova. Il 9 dicembre 1950 si risposò a Milano con Carlo Messori, a sua volta ex ciclista e ormai quasi settantenne. Insieme aprirono un negozio di biciclette con officina annessa, in via Varesina 80. E lei, manco a dirlo, andava tutti i giorni al lavoro su due ruote. Nel 1957, però, anche Messori morì. Alfonsina mandò avanti l’attività da sola. Però cominciava ad esser stanca, anche di pedalare sempre.

Acquistò quindi una Moto Guzzi 500 di colore rosso, qualcuno disse che fu costretta a vendere parte delle sue medaglie e dei suoi trofei per mettere insieme il denaro necessario. Forse è la verità, forse no. Ma di certo, il tramonto della sua vita non fu luminoso. Il 13 settembre 1959 si spense all’improvviso. La causa della morte di Alfonsina Strada? Infarto. Che la colpì mentre provava a far partire la sua moto ingolfata, spingendo con forza sulla leva di avviamento.

Alfonsina Strada: curiosità

Alfonsina Strada è un esempio, una donna che ha aperto strade a tutte le altre donne. Una guerriera. La descrivevano anche come una persona bizzarra, fuori dal comune. Di certo, è stata un’anticonformista. Un’anima libera, dotata di una forza incredibile. Durante la sua vita ha raggiunto traguardi allora inimmaginabili, ma anche affrontato prove molto dure. Fin da bambina, quando i morsi della fame si facevano sentire eccome.

Quello con Luigi Strada è stato un incontro determinante. L’amava ed era un uomo pieno di virtù. Ma allo stesso tempo molto fragile, per cui a un certo punto rimase vittima della depressione e addirittura finì in manicomio: «Sono una donna – dichiarò Alfonsina nel corso di un’intervista al Guerin Sportivo – è vero. E può darsi che non sia molto estetica e graziosa una donna che corre in bicicletta. Vede come sono ridotta? Non sono mai stata bella, ora sono… un mostro. Ma che dovevo fare? La puttana? Ho un marito al manicomio che devo aiutare; ho una bimba al collegio che mi costa 10 lire al giorno. (…) Ho le gambe buone, i pubblici di tutta Italia (specie le donne e le madri) mi trattano con entusiasmo. Non sono pentita. Ho avuto delle amarezze, qualcuno mi ha schernita; ma io sono soddisfatta e so di avere fatto bene».

Grazie ai suoi successi sportivi, dunque, riuscì a pagare le rate del manicomio. Ma la figlia di Alfonsina Strada? In realtà non è mai diventata madre. La bambina cui si riferiva era una nipote. Un’ultima curiosità: il giorno in cui morì, aveva assistito alla gara ciclistica Tre Valli Varesine. Si era fatta sera. Alla portiera disse di essersi divertita tanto, che era stata una gran bella giornata. La sua intenzione era quella di portare la moto in negozio e tornare nuovamente a casa in bicicletta. Ma la moto non partiva. Mentre spingeva sulla leva, le cadde sopra. I vicini la portarono in ospedale, ma all’arrivo era già morta.

Alfonsina Strada: il libro

Sono stati scritti diversi libri su questa incredibile donna, ma il più famoso e appassionato è senza dubbio Alfonsina e la strada di Simona Baldelli. Che racconta del suo percorso sportivo e soprattutto indaga sul fronte intimo e privato. Non è una semplice biografia, ma un romanzo costruito su una storia reale. Che coinvolge ed emoziona. Chi è affascinato da Alfonsina Strada, non può perderselo.

 

FONTE: Elle.com

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06 Maggio 2023 – di Marzia MC Chiocchi

Sabato 6 maggio il ciclismo si colorera’ di rosa per la centoseiesima volta. Dalla cornice di Ortona negli Abruzzo, partirà il Giro d’Italia edizione 2023. Era il 13 maggio 1909 quando, Tullio Morgagni, giornalista forlivese, ideo’ la corsa di ciclismo su strada tra le più importanti al mondo, insieme a Tour de France e Vuelta de Espana

Primo storico sponsor, che ancora oggi e’ parte organizzativa del Giro, la rosa “Gazzetta dello Sport”. A parte due brevi interruzioni, causate dagli eventi delle due guerre mondiali, la lunga e magica carovana, da allora, attraversa la nostra penisola, facendo conoscere paesi, città, incantevoli panorami, con tanta gente, ma non più moltissima come una volta, ancora ad applaudire i protagonisti di uno degli spettacoli unici al mondo. Il Giro d’Italia e’ anche la storia dei rapporti umani, di un’Italia che, uscita devastata dalla guerra, cerco’ ogni occasione per ritrovarsi, condividere e sperare.
La voglia di rimettere insieme i pezzi per ricostruire, maturo’ in ognuno un nuovo entusiasmo di rinascita, dal sapore di riscoperta di qualcosa che, le sofferenze del conflitto mondiale, avevano fatto dimenticare. La necessita’ di sopravvivere , aveva creato uno spirito di umana comprensione e forte solidarieta’.
Il ciclismo, ed il Giro d’Italia in particolare, dal dopoguerra agli anni ’60 rappresentò , quindi, il riscatto personale, considerando il fatto che, i beniamini e campioni del momento, avevano un’estrazione sociale modesta o addirittura molto povera. La loro era una vita di fatica, e molti di questi, solo con mille sacrifici, avevano potuto comprare quella bicicletta, che avrebbe realizzato un sogno.
Le loro imprese su strada furono di esempio per tutti coloro che, aspiravano ad una vita migliore. In 3 parole ” aiutarono a sognare “.
Pedalare nelle strade di allora, era tanto faticoso. Significava affrontare percorsi ciottolosi,  pietraie e buche, miste a fango quando pioveva. Il tutto unito ad un abbigliamento ancora in tessuto di lana, che alla prima pioggia s’inzuppava diventando fastidioso e pesante. L’Italia di allora era fatta di gente ancora povera, di bambini affamati sempre per strada, di paesi dove l’analfabetismo imperava e la scuola era privilegio di pochi. Fino agli anni ’60, escludendo le grandi città, il nostro paese era in maggioranza rurale, e il ciclismo, sport di fatica e ancora squattrinato, trasmetteva un forte senso di appartenenza a quel pezzo d’Italia così arretrato che, probabilmente, solo il Giro d’ Italia prima, e la neonata televisione poi, insieme all’ autostrada del sole, avrebbero migliorato ed unito.
Pensiamo al maestro Alberto Manzi che, grazie all TV, con la trasmissione “Non e’ mai troppo tardi”, dal 1960 al ’64  riuscì a far prendere la licenza elementare, a circa un milione e mezzo di italiani.
E questi sono anche gli anni in cui il boom economico prese il sopravvento, e tutto comincio’ a cambiare.
Il Giro d’Italia che uni’ lo stivale, seppe anche dividere gli animi delle persone, in quel gioco di sana rivalità, che portava la gente a tifare per uno o l’altro campione. Chi non ricorda i bartaliani e i coppiani,  i seguaci di Gimondi e Merckx, di Moser e Saronni o di Ulrich e Pantani.
Gli italiani non si appassionarono solo allo stile o al gesto atletico dei campioni, ma spesso e volentieri anche alla loro storia, che molto aveva da raccontare della loro umanità e vita.
Pensiamo a Costante Girardengo che fu protagonista, oltre che del ciclismo, di una vicenda connessa alla sua presunta amicizia, con un noto bandito italiano del tempo, Sante Pollastri, grande tifoso del campione. S’incontrarono a Parigi e Girardengo, di questo, rese testimonianza al processo al bandito.
Gino Bartali, che in sella alla sua bicicletta, durante la seconda guerra mondiale, si era impegnato in pericolose staffette partigiane, per consegnare, da un capo all’altro del Paese, piccoli biglietti, contenenti informazioni sensibili, che salvarono centinaia di ebrei, dalle deportazioni nei campi di concentramento.
Fausto Coppi, che in un’Italia in cui si andava in carcere per adulterio, e la legge sul divorzio era lontana, si rese protagonista di una storia extraconiugale pubblica con Giulia Occhini, chiamata la Dama Bianca, per il colore frequente del suo abbigliamento.
Al “Campionissimo”, a 5 anni dalla sua morte, e’ stata dedicata la Cima Coppi, che rappresenta il punto più alto, per altitudine,  del Giro d’Italia in corso di svolgimento, e cambia di anno in anno, in relazione al profilo altimetrico della corsa.
Marco Pantani, che dopo aver vino quasi tutto, all’apice della sua carriera, risultato positivo al test antidoping a Madonna di Campiglio, nel giugno del 1999, non si riprese piu’, entrando in un vortice depressivo, che per cause ancora poco chiare, lo porto’ alla morte nel febbraio 2004.
Campioni, ma prima di tutto uomini.
Il Giro d’Italia, fino ad allora raccontato dalle pagine della Gazzetta dello Sport e alla radio, per questo, dai più immaginato, grazie alle parole di giornalisti e cronisti, all’inizio degli anni ’60 ha avuto una nuova ribalta: la TV.
Con il potere dell’etere, il Giro, negli anni, si e’ trasformato in un evento, e con le immagini, ha fatto viaggiare e conoscere l’Italia, a chi, senza mezzi né possibilità, non poteva spostarsi. Nel tempo, grazie alla TV, il Giro è diventato anche una kermesse, dove i potenti sponsor,  giocano ruoli da leaders, investendo soldi ed energie, anche nella ricerca tecnico scientifica dei materiali per la costruzione di biciclette, sempre più leggere e all’avanguardia.
In campo tecnico,  la svolta arrivo’ nel 1984, quando Francesco Moser, a Citta’ del Messico, stabili’ il record dell’ora, in sella ad una bicicletta figlia di una vera rivoluzione. Con le ruote lenticolari, di ultimissima generazione, nello stesso anno vincerà anche il Giro d’Italia.
Da allora, sarà un susseguirsi di novita’. Le leve del cambio sostituite da congegni elettronici, e il ferro del telaio dalla fibra in carbonio. Le strade non sono più pietraie, e l’abbigliamento non più in lana, ma in tessuto leggero e traspirante.
Come ha scritto Dino Buzzati il Giro é  un baluardo assediato dalle squallide  forze del progresso“. Come dire..il progresso e’ bello, ma attenzione agli eccessi.
Messi da parte questi aspetti, il Giro d’Italia edizione numero 100 sta per partire, e con esso continueremo a sognare, come ho fatto io da piccola, quando, in gruppo familiare, cercavamo la tappa più vicina a noi per poter trascorrere un giorno in allegria dentro la Storia.
Il Giro e il suo fascino, e’ stato motivo di ispirazione anche per cantanti-poeti. Tra questi:
Francesco De Gregori ( Il bandito ed il campione ) su Girardengo
Paolo Conte ( Bartali )
Gino Paoli ( Coppi )
Stadio ( e mi alzo sui pedali ) dedicata a Marco Pantani
Che aggiungere. Tutto e’ pronto. Che sabato 6 maggio lo spettacolo abbia inizio.
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03 Maggio 2023 – Redazione

APEEL è una startup californiana che ha brevettato una pellicola invisibile che raddoppia la shelf life della frutta, in alcuni casi perfino la triplica. Edilpeel – così si chiama la pellicola messa a punto dall’azienda fondata nel 2012 Santa Barbara con il sostegno della Bill & Melinda Gates Foundation – si sta diffondendo come soluzione anti spreco nel retail, negli Usa e anche in Europa. In Olanda infatti, a Maasdijk, ha sede la divisione europea di Apeel: si trova all’interno della Nature’s Pride, colosso dell’import ed export di ortofrutta del Vecchio Continente.

A Maasdijk, in Olanda, in posizione strategica tra l’aeroporto di Amsterdam e il porto di Rotterdam, ha sede la Nature’s Pride, uno dei più grandi importatori di frutta e verdura del Vecchio Continente, che tratta 230 prodotti da oltre 58 Paesi. All’interno dello stabilimento è ospitata la sede europea di Apeel Science, startup californiana che ha brevettato una soluzione innovativa per aumentare la shelf life dei prodotti ortofrutticoli con importanti benefici in termini di riduzione dello spreco. Il brevetto è partito dall’avocado, per estendersi ad altre tipologie di frutta come mango, anguria, agrumi, mele e anche ad ortaggi come cetrioli e asparagi.

La tecnologia si basa sull’utilizzo di un composto trasparente 100% naturale, fatto di lipidi organici derivati da scarti della lavorazione vegetale, che, come una cera, va a ricoprire i frutti e li protegge dagli agenti esterni responsabili del loro processo di deperimento. In pratica blocca l’umidità all’interno del frutto e repelle l’ossigeno al suo esterno, funzionando di fatto come una seconda pelle, o meglio come una seconda buccia. La formula brevettata da Apeel è naturalmente top secret, si sa che questa cera naturale è estratta dalle bucce, dai semi e dalla polpa di scarti ortofrutticoli. Con un apposito macchinario il composto rivoluzionario viene spalmato sui frutti, primi fra tutti l’avocado, con cui è partita la sperimentazione: il risultato è che la vita di scaffale si allunga di molti giorni, arriva a raddoppiare, perfino triplicare.

Sul web c’è anche un Video realizzato dal giornalista Riccardo Staglianò all’interno dell’azienda olandese, in cui vengono mostrati alcuni dettagli del trattamento degli avocado con la pellicola naturale di Apeel Science: piccoli scorci, perché il procedimento innovativo resta un segreto. Si vede il nastro trasportatore con gli avocado che passano in una serie di rulli a torciglioni di setole, irrorate del composto di Apeel, che viene così spalmato in modo uniforme sul frutto.

Il segreto per avere un avocado più longevo è di raccoglierlo quando il suo indice di materia secca è di 23, spiega Hirich Khalaf di Nature’s Pride a Repubblica. “Dopo lunghi studi abbiamo scoperto che è il compromesso ottimale tra durata e sapore”, rivela. A quel punto gli avocado, in container frigo, iniziano il loro viaggio: “Una ventina di giorni in mare. Due di deposito appena arrivati qui. E cinque per completare la maturazione”. Nell’azienda olandese ci sono infatti 50 “ripening room”, dove tramite ventilazione la temperatura viene portata gradualmente da 5 a 20 gradi. Gli avocado, che quando arrivano a Maasdijk sono ancora duri come sassi, dopo essere stati trattati con la pellicola di Apeel vengono messi per cinque giorni nelle celle di maturazione, quindi sono pronti per essere confezionati e distribuiti nei punti vendita della Gdo.

In commercio dal 2017, Edilpeel – così si chiama in termini commerciali la pellicola di Apeel Science – viene oggi utilizzata a livello globale come soluzione per prolungare la shelf life da agricoltori, grandi compagnie e distributori ortofrutticoli negli Stati Uniti e anche in Europa: i frutti ricoperti dalla pellicola “magica” che allunga la vita di scaffale e riduce gli sprechi, riconoscibili dal bollino “Eat me” con il marchio Apeel, si trovano in alcune grandi catene come Kroger negli Usa (leggi qui) o Edeka in Europa (Germania).

RICORDIAMO ANCORA CHE, forte di questi risultati, la startup californiana, fondata nel 2012 da James Rogers con il sostegno della Bill & Melinda Gates Foundation, continua a crescere. Dopo i due round d’investimento da 250 + 30 milioni chiusi in piena pandemia, Apeel Science la scorsa estate ha chiuso un series E round da 250 milioni che ha portato complessivamente il valore aziendale a oltre due miliardi di dollari, come riporta la Cnbc. E a settembre la società ha annunciato una partnership con Walmart per introdurre in oltre 100 punti vendita del gruppo negli Usa i cetrioli anti spreco trattati con Edilpeel.

FONTE: Fruitbook Magazine

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01 Maggio 2023 – Redazione

 

Per allungare la shelf life dei prodotti l’azienda californiana fa sapere che starebbe usando una soluzione naturale e brevettata, ma avendo saputo chi ha brevettato e commercializzato il metodo, non crediamo affatto al beneficio…anzi!!! I dubbi ci assalgono!!! Il metodo, messo a punto dalla Fondazione Bill & Melinda Gates si chiama Apeel ha creato una pellicola per la riduzione degli sprechi!!!! Proprio filantropi!!!!! 😱😱😱😱😱

L’idea di «Avocado Apeel», una pellicola in grado di proteggere gli avocado dalla normale degradazione dovuta al tempo, è piaciuta così tanto ai due coniugi di discussa benevolenza, che l’hanno finanziata con 40 milioni di dollari. ATTENZIONE, ATTENZIONE , ATTENZIONE!!!! Non è la prima pellicola invisibile pensata per allungare la vita alla frutta, ma questa volta ha superato la fase di sperimentazione, venendo lanciata nei primi supermercati.

Arriva la pellicola salva avocado
L’effetto è perfettamente visibile nel video qui in basso: i tempi di conservazione del frutto si allungano di molto, fino ad arrivare a 20 giorni di «sopravvivenza». L’azienda APEEL ha brevettato la sua particolare tecnologia, che va a braccetto con altre idee simili, come i contenitori commestibili o completamente biodegradabili. L’obiettivo è diminuire l’impatto sull’ambiente diminuendo la plastica e altri agenti inquinanti, contemporaneamente abbattendo lo spreco alimentare. MA QUANDO IN MEZZO ALLE INIZIATIVE C’È LO ZAMPINO DI BILL GATES, PER LA MAGGIORANZA DELLE PERSONE di tratta DI BEN ALTRI SCOPI!!!!! D’altra parte l’esperienza recente dei vaccini ci ha insegnato questo!

Il patrocinio di Bill Gates

È proprio questa la notizia più importante che fa pensare. Non si tratta di una tecnologia in fase di studio, ma di un prodotto già in commercioNel dicembre dell’anno scorso sono iniziate le prime vendite, nei prossimi mesi dovremmo vedere molti supermercati – prima negli USA e poi italiani – adottare questo tipo di prodotti, anche per nuovi frutti e ortaggi.

Il metodo di Apeel, però, non allunga la vita del prodotto fresco trasformandolo: la maggiore durata della shelf life deriva da un trattamento con un composto segreto.

Il metodo segreto di Apeel

Nella pratica, Apeel, applicando un composto trasparente la cui ricetta non è stata svelata, è in grado di non fare ossidare e disidratare frutta e verdura, i quali restano sodi e turgidi più a lungo. Della pozione magica si sa solo che viene ricavata dagli scarti della lavorazione vegetalee che viene spalmata o nebulizzata sui frutti e sugli ortaggi freschi: “Lime, avocado, cetriolo hanno una buccia che serve per proteggerli – si legge sul sito dell’azienda – Le sostanze che si trovano in bucce, semi e polpa (lipidi e glicerolipidi) sono ciò che usiamo come elementi costitutivi della nostra miscela brevettata con cui trattiamo frutta e verdura per prolungarne la durata”. I prodotti che devono essere sottoposti al trattamento vengono posti su un rullo trasportatore e quindi irrorati in maniera uniforme con il composto. In seguito vengono fatti asciugare per tre minuti in un forno a 60 gradi!!!!!!😱😱😱😱😱😱. Finito il trattamento sono pronti per essere confezionati e, quindi, per essere trasportati e posti sugli scaffali della grande distribuzione. La società californiana per ora sta applicando il suo metodo su avocado, mango, agrumi, mele, cetrioli e asparagi. Ma, chissà, un domani la platea potrebbe allargarsi.


In Italia?

La domanda sorge spontanea: i prodotti ortofrutticoli a lunga conservazione si possono già trovare in Italia? La risposta sta nella partnership tra l’azienda statunitense e Orsero. Alessandro Canalella, chief commercial officer del Gruppo Orsero, la scorsa primavera aveva commentato: “La partnership con Apeel è per noi strategica. Dal punto di vista commerciale ci permette di introdurre un’innovazione sul mercato europeo, dedicata a un prodotto, come l’avocado, il cui consumo cresce a doppia cifra ed è sempre più diffuso e popolare. La novità alimenterà questo trend, permettendo di allungare la shelf life dei frutti. Il beneficio gioverà a tutti gli anelli della filiera, compreso il consumatore. La partnership, inoltre, rafforza il nostro impegno nella lotta allo spreco alimentare, principio base della filosofia del Gruppo. Oltre alle azioni già intraprese per efficientare le fasi di trasporto e stoccaggio dei prodotti, e la collaborazione con i banchi alimentari per donare i prodotti edibili ma non più commerciabili, potremo ora agire anche sulla riduzione della creazione di spreco alimentare”.

MAH!

FONTE: Myfruit

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