Sospesa la terapia col plasma dei guariti: «Non è più richiesta e non porta guadagni»
FONTE: Michela Nicolussi Moro • 4 agosto 2021
Padova, dopo la fine della seconda ondata stop alla raccolta delle sacche. De Silvestro: «Ma funziona, a breve il nostro studio su centinaia di pazienti»
Il suicidio del dottor Giuseppe De Donno, l’ex primario di Pneumologia all’ospedale Carlo Poma di Mantova che per primo l’anno scorso aveva iniziato a curare i pazienti colpiti dal Covid-19 con le trasfusioni di plasma iperimmune, cioè ricco di anticorpi, donato dai malati guariti, ha portato alla ribalta una realtà sotto traccia. E cioè che la terapia da lui lanciata si è fermata in tutta Italia. Anche all’ospedale di Padova, che con il San Matteo di Pavia nell’aprile 2020, al culmine della prima ondata pandemica e in seguito al confronto con i medici di Wuhan arrivati in delegazione il 19 marzo, l’aveva adottata subito dopo De Donno. Ottenendo dalla Regione il via libera all’attivazione di una banca di raccolta del plasma iperimmune, che ha rifornito pure ospedali del resto d’Italia, e poi di una rete con gli altri sei hub del Veneto per la conservazione, a loro volta, di scorte sempre pronte all’uso.
La testimonianza
«Ormai i clinici non chiedono più questo trattamento — conferma la dottoressa Giustina De Silvestro, direttore del Centro immunotrasfusionale in Azienda ospedaliera a Padova — nell’ultimo periodo l’hanno ricevuto solo un paio di pazienti. La letteratura scientifica non l’ha molto sostenuto, preferendo gli anticorpi monoclonali per i soggetti non ospedalizzati e gli antivirali insieme ad altri farmaci per i degenti. Ma noi stiamo chiudendo in questi giorni uno studio sulle centinaia di casi trattati negli ospedali veneti, e in attesa di pubblicazione su una rivista scientifica, che dimostra come un impegno così importante non sia stato vano. È nata come terapia sperimentale in un momento in cui ci siamo tutti trovati a dover combattere una malattia sconosciuta a mani nude — aggiunge De Silvestro — non è una cura miracolosa, ma ha dato buoni risultati. Lo testimoniano per esperienza diretta gli stessi pazienti, molti dei quali medici guariti con il plasma iperimmune, che sostengono questo metodo, risultato salva-vita soprattutto per le persone fragili e anziane. Sconta però due limiti: non è facile capire a priori quali siano i soggetti ideali ai quali somministrarlo e non porta guadagno, ma solo tanto lavoro. La spesa non è confrontabile a quella dei farmaci».
Il profitto
Ecco, questo secondo punto è il più realistico, stando agli addetti ai lavori. Per le case farmaceutiche non c’è profitto, visto che il plasma viene raccolto direttamente dai Centri trasfusionali degli ospedali e poi conservato a 30 gradi sottozero fino al suo utilizzo. Ogni dose costa 200 euro al Sistema sanitario pubblico, un ciclo completo 600/650 euro, meno di una giornata di ricovero, meno dei duemila euro a somministrazione richiesti dai monoclonali e meno delle centinaia di migliaia di euro spesi per i farmaci specifici. «Abbiamo visto che, trasfuso precocemente, anche al primo giorno di ricovero, il plasma iperimmune funziona — assicura «la signora del sangue», come la chiamano affettuosamente in ospedale —. Benché dopo la fine della seconda ondata pandemica siano stati sospesi sia la raccolta, anche perché non ci sono più potenziali donatori che si propongano, sia il monitoraggio regionale dei dati, ne custodiamo una buona scorta. Solo a Padova basterebbe per un’ottantina di pazienti e gli altri hub dispongono di diverse unità. Tutte ad alto titolo anticorpale. Insomma, in caso di bisogno siamo pronti. È difficile capire perché in alcuni malati il plasma iperimmune abbia avuto il suo significato e in altri meno, ci sono ancora tanti punti interrogativi in sospeso — chiude De Silvestro —. Ma anche un dato di fatto: questa terapia anti-Covid non si è persa per strada, come è invece accaduto ad altre. La prima impressione, insomma, è che non abbiamo faticato tanto per niente. Certo, adesso per fortuna la vaccinazione ha cambiato l’evoluzione della malattia, evitandone le manifestazioni più gravi e abbattendo la mortalità, soprattutto tra gli anziani». Se sia il caso o meno di riprendere in mano la plasmaterapia potrebbe sancirlo l’esito dello studio che dovrebbe essere pubblicato a giorni.
Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, fra cui anche Marzia Chiocchi di Mercurius5, e Monica Tomasello di Catania CreAttiva, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]