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15 Marzo 2023 – Redazione – Fonte TPI (Giordano Giusti)

 

In principio era L’INDICE DI GRADIMENTO (correvano gli anni settanta del secolo scorso), poi venne trasformato in ciò che conosciamo oggi (una chimera socio mediatica) da cui dipendono vita e morte delle trasmissioni! Una moderna spada di Damocle che incombe su tutti i programmi TV, a cui non importa il valore di ciò che viene mandato in onda, ma la sola percentuale di chi guarda, anche se, il format in questione, è una schifezza! Il resto è cronaca che viviamo ogni giorno!

COS’È IL SISTEMA DI RILEVAZIONE DEGLI ASCOLTI E DEI DATI DEI PROGRAMMI TV

Auditel è la società “super partes” che rileva l’ascolto della televisione in Italia conseguito attraverso le diverse modalità di trasmissione.

Leggiamo sul sito ufficiale che Auditel opera “con un modello organizzativo riconosciuto come il più evoluto a livello internazionale: un “J.I.C.” (Joint Industry Committee) che riunisce tutte le componenti del mercato televisivo: aziende che investono in pubblicità, agenzie e centri media, imprese televisive”.

ASCOLTI TV: COME FUNZIONA L’AUDITEL

Applicando una rigorosa metodologia statistica, Auditel ha costruito un campione rappresentativo della popolazione italiana (tutti gli individui d’età superiore ai 4 anni, dati ISTAT, residenti sul territorio nazionale).

Questo campione continuativo (panel) costituisce una specie di “condensato” dell’intera popolazione con le sue diverse caratteristiche geografiche, demografiche e socioculturali.

Un apparecchio elettronico, il meter, rileva automaticamente ogni giorno, minuto per minuto, l’ascolto di tutti i canali di qualunque televisore che sia in funzione nell’abitazione delle famiglie campione, che vendono pagate con una cifra annuale molto modesta.

I “sistemi meter” sono ormai utilizzati, per la loro affidabilità, in tutti i paesi più avanzati.

AUDITEL TV: ELENCO FAMIGLIE CAMPIONE

Le fondamenta del progetto statistico sono costituite dalle cosiddette “Ricerche di Base”: una serie continuativa di indagini generali sulle famiglie italiane che alimentano, scandite da 7 rilevazioni mensili, una grande banca dati.

Partita dopo una vasta ricerca su 41.000 casi, Auditel intervista, ogni anno, un campione di 20 mila famiglie – nella loro abitazione e non per telefono – per stimare, tra l’altro, la dotazione di apparecchiature televisive e di intrattenimento (videoregistratori, collegamenti satellitari, digitale terrestre e TV via cavo, DVD, pay-tv, ecc.).

AUDITEL TV: IL CAMPIONE

Leggiamo sempre sul sito che “le famiglie incluse nel campione sono estratte in modo anonimo e casuale, e provengono dalle ricerche continuative di base. Il campione che ne deriva ha una composizione ed un sistema di ponderazione che permettono di rappresentare correttamente il collettivo di riferimento, più ampio, da cui è stato estratto. La rappresentatività si basa su:

  • un sistema di celle di reclutamento nelle quali si incrociano variabili geografiche (aree e dimensioni dei comuni), caratteristiche strutturali delle famiglie (età del capofamiglia e numero di componenti), dotazione di apparecchiature televisive.
  • un doppio sistema di espansione (uno per i dati familiari ed uno per quelli individuali) caratterizzato da una “pre-espansione” per celle e da una successiva “pesatura iterativa marginale”.

Il campione è allocato sulle 103 province italiane in modo proporzionale alla popolazione. La dispersione territoriale del panel consente di coprire circa 2.225 degli 8.100 comuni italiani”

AUDITEL TV: COS’È E COME FUNZIONA IL METER

Le famiglie del panel sono dotate di un’apparecchiatura elettronica denominata “people-meter” che rileva automaticamente il canale sintonizzato sul televisore.

I meter sono giunti alla “terza generazione” attraverso una continua innovazione tecnologica. Si tratta di apparecchiature multiprocessore, molto facili da installare, non invasive, disposte per collegamento GSM e che possono essere dotate di sensori passivi di movimento.

I meter UNITAM rappresentano una soluzione completamente basata sull’audio matching (comparazione delle tracce audio digitalizzate).

Infatti sono concepiti per raccogliere, nelle famiglie campione, tutte le impronte audio digitalizzate prodotte dagli atti di ascolto. Queste confluiranno nell’immensa banca dati dei programmi irradiati sull’intero territorio nazionale, alimentata da speciali stazioni di rilevazione digitale (reference room).

Con la loro adozione Auditel ha garantito il monitoraggio delle nuove tecnologie televisive: digitale satellitare, digitale terrestre e trasmissione via cavo. Sia per trasmissioni “live” che in differita.

AUDITEL TV: LA STORIA

Auditel ha avviato la rilevazione degli ascolti nel dicembre 1986. Dall’agosto del ’97 la numerosità del campione è raddoppiata.

Oggi, il sistema di rilevazione si avvale della collaborazione di circa  16.200famiglie: oltre 30.540rilevatori meter, attivi su altrettanti televisori, “fotografano” le scelte di circa 40.000 individui in ogni momento della giornata.

Allo stato attuale, il “panel” italiano Auditel costituisce un campione di ricerca televisiva tra i più numerosi al mondo (rapporto popolazione/meter). Ed è tra quelli che investono maggiori risorse nelle attività di controllo.

AUDITEL TV: LO SHARE E L’AUDIENCE

Lo share è il rapporto percentuale tra gli ascoltatori di una certa emittente e il totale degli ascoltatori che stanno guardando qualunque altro programma sulle diverse reti.

L’audience è il numero medio dei telespettatori di un programma. È pari al rapporto fra la somma dei telespettatori presenti in ciascun minuto di un dato intervallo di tempo e la durata in minuti dell’intervallo stesso.

AUDITEL TV: COSA NON VIENE MISURATO

Tutti gli ascolti esterni all’abitazione principale e quelli di:

  • tutti gli ascolti esterni all’abitazione principale
  • bambini al di sotto dei 4 anni d’età
  • collettività.

 

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15 Marzo 2023 – Redazione – comunicato stampa   “Comitato Ascoltami”


In 15 città d’Italia banchetti informativi 
con personale sanitario e avvocati

Sabato 18 marzo 2023 iniziativa del Comitato Ascoltami! 

www.comitatoascoltami.it  

Reazioni Avverse Vaccino Anti Covid-19? Sabato 18 Marzo 2023 nelle principali piazze italiane il Comitato Ascoltami! sarà presente con dei banchetti informativi dove personale sanitario e giuristi saranno a disposizione dei cittadini dalle ore 10 alle ore 18 per dare informazione a tutti, danneggiati e non, vaccinati e non.  

Verrà anche proposta una raccolta firme per portare in Parlamento quattro richieste specifiche a tutela dei danneggiati da ‘vaccino’.

Il Comitato Ascoltami! che è impegnato anche nella proiezione del docufilm Invisibili di PlayMasteMovie in tutta Italia, si è formato per volontà di un gruppo di persone vaccinate che hanno subito danni gravi dopo il ‘vaccino’ e si sono ritrovate ignorate e denegate dalle istituzioni, in un profondo senso di sgomento e disperazione. Lo slogan “Reazioni avverse. Uniti per guarire” esprime la mission:  fare in modo che nessuno possa più girarsi dall’altra parte di fronte a un essere umano che soffre, aldilà di ogni ideologia e divisione sociale. I valori dichiarati sono Cura, verità e Giustizia attraverso l’Unione di persone vaccinate e non vaccinate, danneggiate e non danneggiate. Lo scopo del Comitato è senza fini di lucro, non si danno consigli, si vuole informare, sensibilizzare società e istituzioni e la comunità scientifica, si mettono in relazione persone. Tutto per arrivare ad avere delle diagnosi e delle cure.

La presidente è Federica Angelini, maestra elementare di Verona, vaccinata a marzo 2021 e da subito vittima di una reazione avversa.

ECCO DOVE TROVARE GLI INFO-POINT ⤵️

Asti, piazza Alfieri portici Anfossi

-Bologna, via Indipendenza 54

Cagliari, corso Vittorio Emanuele 32

Como, via Caio Plinio 30

Genova, via Colombo incrocio Via San Vincenzo

-Mestre, piazzetta XXII Marzo

-Milano, piazza Argentina angolo Via   Mercadante

-Napoli, Salita della grotta (accanto all’ufficio postale e alla metropolitana di Mergellina)

-Perugia, piazza della Repubblica

-Rimini, piazza Tre Martiri

Roma, viale Marconi 186

Torino, via Roma 4

Varese, piazza Carducci

Vercelli, via Cavour

Verona, piazza Bra zona Liston

Ecco le richieste al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni,  Presidente della Camera Lorenzo Fontana, Presidente del Senato Ignazio La Russa e  tutti i membri del Parlamento:

1. Partecipazione di un rappresentante del Comitato Ascoltami! alla Commissione d’Inchiesta Parlamentare sulla gestione pandemica per ciò che concerne i danni dai  «vaccini anti Covid-19».  Inoltre chiediamo da subito una raccolta dati presente e futura più accurata e verosimile attraverso una farmacovigilanza attiva e un’indagine retrospettiva.

2.
Creazione ad hoc di un codice esentivo specifico rilasciato dal MMG per sospetti eventi avversi da c.d. «vaccini anti Covid-19», con conseguente prestazione a carico TOTALE del SSN o sgravio fiscale del 100% della spesa sostenuta per la prestazione diagnostico/terapeutica, nel caso in cui il paziente afferisca ad una prestazione privata (effettuata per libera scelta o per tempi di esecuzione più brevi). Istituzione entro brevissimo tempo, di un Ambulatorio Internistico dedicato agli eventi avversi in ogni Regione italiana, per la cura dei danneggiati da vaccino. Questi Ambulatori saranno rivolti a tutti coloro con diagnosi/correlazione/presunta correlazione di evento avverso da  «vaccino anti Covid-19». Questi ambulatori dovranno avere al centro il paziente nella sua complessità, potendo essere promotori di un lavoro di equipe multidisciplinare volto all’ottenimento della miglior cura in situazioni estremamente complesse che potrebbero richiedere l’intervento di molteplici specializzazioni a confronto: cardiologia, pneumologia, neurologia, nefrologia, oculistica, psicologia, medicina complementare, infettivologia, medicina fisica e riabilitazione, oncologia, ginecologia, immunologia, ematologia e qualsiasi altra specializzazione utile a costruire il percorso di cura migliore per ogni singolo caso.

3.
Stanziamento di fondi per la ricerca sui danni da  «vaccino anti Covid-19», con priorità ai centri di ricerca che da mesi se ne stanno occupando o che hanno come responsabile del progetto/collaboratori danneggiati da vaccino, oltre a fondi per le Università e dottorati di ricerca dedicati sempre con priorità per gli studenti/dottorandi/professori/ricercatori con sospetta o certificata reazione avversa al  «vaccino anti Covid-19».

4.
Snellimento, deburocratizzazione, e istituzione di una Commissione Tecnica Scientifica Indipendente (infra denominata pure CTSI)per la valutazione del risarcimento del danno da c.d. «vaccini anti Covid-19». Valutazione in ordine alla L. n. 210/92 ed alla L. 229/2005: possono le misure in esse previste essere considerate adeguate per la situazione sui generis dei danneggiati dal c.d. vaccino anti Covid-19 o data la straordinarietà e numerosità delle reazioni avverse, in una campagna vaccinale a tutt’oggi in corso, sia auspicabile legiferare ad hoc, ai fini della previsione di una più congrua valutazione delle strategie di verifica e ristoro del danno, in combinato disposto con il punto 2) anzi esposto e con l’istituzione della CTSI reclamata.


“Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa cambiare il mondo. In effetti, è l’unica cosa che è sempre accaduta”. Margaret Mead

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14 Marzo 2023 – Redazione – di Claudio Pira (sito: eventidimenticati.it)

 

Quando gli Stati Uniti entrarono a far parte delle coalizioni coinvolte nella seconda Guerra Mondiale, precisamente il 7 dicembre del 1941, tra i molti provvedimenti che il governo di Roosevelt prese in quel momento ce ne fu uno molto particolare, che si ricollega al titolo dell’articolo: donare bottigliette di Coca-Cola al suo esercito. Ma perché? E quale risultato ebbe tale “politica bellica”?

Gli stratagemmi americani in guerra

Come già anticipato, il governo statunitense all’epoca presieduto dallo storico presidente Franklin Delano Roosevelt ebbe un’idea alquanto particolare per sostenere le truppe in Europa e tenere loro alto il morale. Il gabinetto di governo iniziò a pensare ad una serie di stratagemmi per migliorare morale e integrità del proprio esercito in un continente lontano, facendo loro capire l’importanza del conflitto e allo stesso tempo dimostrando loro che il proprio governo continuava a sostenerli a distanza, anche e soprattutto con dei piccoli gesti. Fu così che venne presto proposta l’idea di considerare lo zucchero come materiale effettivamente utile ad uno sforzo bellico molto grande come quello che appunto avrebbero dovuto affrontare ben presto i soldati nel continente europeo. Razionare lo zucchero per l’uso civile era l’unica soluzione per far sì che gran parte della sua produzione venisse poi distribuita anche ai soldati in guerra. Questo espediente in realtà era già stato utilizzato durante la prima guerra mondiale, ma in minima parte.

Tuttavia non fu facile per il governo e le aziende nazionali fornire un quantitativo così grande di zucchero lavorato, facilmente conservabile e allo stesso tempo invitante da assumere. Fu così che si pensò di coinvolgere le due più grandi aziende americane che lavoravano e utilizzavano lo zucchero per la creazione di bevande alimentari molto diffuse tra la popolazione e ben accette da tutti: stiamo parlando di Coca-Cola e Pepsi Cola, nate rispettivamente ad Atlanta nel 1892 e in Nord Carolina nel 1893.

Queste due aziende, seppur grandi e ben diffuse su tutto il territorio americano, necessitavano continuamente di dolcificante per preparare le proprie bevande da distribuire, ora non soltanto più sul mercato nazionale ma anche a tutti i soldati coinvolti nel conflitto in Europa. Fu così che ben presto, prima della messa a punto del piano di governo per i soldati, entrambe ebbero molta difficoltà a produrre quantitativi ottimali per il rifornimento delle truppe. Per ovviare al problema, fu proprio l’industria della Coca-Cola che in primis riuscì a convincere l’amministrazione degli Stati Uniti dell’importanza del piano di rifornimento dello zucchero, al fine anche dell’aumento delle prestazioni sportive/belliche, oltre che per il morale delle truppe al fronte. Roosevelt doveva fare qualcosa per mettere in atto il piano che il suo governo aveva varato: le industrie avevano dato la loro disponibilità a collaborare, ma per realizzarlo doveva sostenerle maggiormente, fornendo loro più materie prime.

Il progetto dunque non si spense e, dopo una serie di problematiche iniziali la Coca-Cola per prima concluse con il governo un contratto di fornitura delle proprie bibite per tutte le forze armate americane coinvolte nel conflitto mondiale, il quale gli permise di poter usufruire illimitatamente di tutto lo zucchero necessario per la produzione anche di quelle messe normalmente in vendita negli scaffali dei supermercati, senza che nessuno ci facesse realmente caso. Inoltre, alcuni impiegati della Coca-Cola tra i più preparati, furono anche inviati nel vecchio continente sotto forma di “ufficiali tecnici” contribuendo all’installazione di numerosi impianti di imbottigliamento in diverse località d’oltremare.

La strategia della grande multinazionale era chiara: non soltanto sfruttare i benefici statali per vendere sempre più bottiglie, ma anche porre le basi di una sua futura espansione soprattutto dopo il conflitto armato, facendo sì di sbaragliare un eventuale concorrenza futura. Tutti avrebbero avuto a che fare con il marchio “Coca-Cola”, a partire dai soldati, fino ai civili nel periodo della ricostruzione!

La reazione sulle truppe

Ben presto, in migliaia di lettere inviate a casa dai militari in guerra espressero un enorme stupore e soddisfazione per la distribuzione ad un prezzo praticamente regalato di Coca-Cola (c’è chi ci parla di pochi franchi e chi dice di averla ricevuta gratis con il proprio pasto), segno che il piano stava dando i suoi frutti sul morale.

Ecco, ad esempio, una lettera proveniente dalla collezione d’archivio del Museo Nazionale della Seconda Guerra Mondiale che mette bene in luce l’effetto della bevanda zuccherata sul morale di un anonimo militare ⤵️
“Dear Folks, You’ll never guess what I had to drink this evening. Not whiskey, not gin, not Calvados, not beer, but good old fashioned “Coca-Cola” in the bottle that’s made to fit the hand. Just a few moments before we left our staging area to board the boat Dick and I bought two Cokes, and drank them to the next time we’d be drinking bottled Cokes, believing that that would be in the USA. But not so! As part of our PX ration this week each man received two Cokes for which he paid four francs, and although some people may debate whether rye or bourbon are America’s national drinks, when I saw the excitement caused by a case of Cokes and the remarks about the corner drugstore, I did not think the national drink was quite that strong!”

(Cari ragazzi, non indovinerete mai cosa ho dovuto bere questa sera. Non whisky, non gin, non Calvados, non birra, ma la buona “Coca-Cola” vecchio stile nella bottiglia che è fatta per adattarsi alla tua mano. Pochi istanti prima di lasciare la nostra area di sosta per imbarcarci, Dick ed io abbiamo comprato due Coca-Cola, e le abbiamo bevute fino alla prossima volta che avremmo bevuto Coca-Cola in bottiglia, credendo che sarebbe stato negli USA. Ma non è così! Come parte della nostra razione PX questa settimana ogni uomo ha ricevuto due Cokes per le quali ha pagato quattro franchi, e anche se alcune persone possono discutere se il rye o il bourbon siano le bevande nazionali dell’America, quando ho visto l’eccitazione causata da una cassa di Cokes e le osservazioni sul drugstore all’angolo, non pensavo che la bevanda nazionale fosse così forte!”

Dalla distribuzione alle pubblicità “soft”

In effetti, le pubblicità della Coca-Cola durante la guerra affrontavano i temi più delicati del conflitto. Piuttosto che mostrare soldati stanchi a causa della guerra che si godono la loro bottiglia, la compagnia si concentrò sulla capacità della Coca-Cola di unire persone e nazioni, come si vede nelle pubblicità che ritraggono i soldati che si mescolano e ridono con inglesi, polacchi, sovietici e altri alleati (dall’Alaska e dalle Hawaii al Brasile e alla Cina), sempre con una didascalia del tipo: “Have a ‘Coke’ – un modo per dire che siamo con voi”. La Coca-Cola Company approfittò anche del suo consolidato slogan “La pausa che rinfresca” applicandolo ai lavoratori del fronte interno, spesso donne, incoraggiate a prendersi una pausa dalla costruzione di aerei e navi con la famosa bevanda zuccherata. L’idea dietro le pubblicità, supportata da un progetto di ricerca scientifica completato nel 1941 dai dirigenti della Coca-Cola, era che i lavoratori del fronte interno e i soldati avrebbero lavorato in modo più efficiente se avessero avuto un momento di pausa per rinfrescarsi con una Coca-Cola. Una pubblicità dell’epoca infatti recita: “Gli uomini lavorano meglio rinfrescati… Una nazione in guerra attua uno sforzo produttivo con un nuovo ritmo… In tempi come questi la Coca-Cola sta facendo un lavoro necessario per tutti i lavoratori”.

Mentre la Coca-Cola Company era impegnata a risollevare il morale delle forze combattenti americane, stavano contemporaneamente gettando le basi per diventare un simbolo internazionale di ristoro e solidarietà. Molti degli impianti di imbottigliamento stabiliti all’estero durante la guerra hanno continuato a funzionare come fabbriche dopo la sua fine. Inoltre, i militari che piano piano liberavano le città di tutta Europa o lavoravano fianco a fianco con la gente del posto si sono sentiti orgogliosi di condividere la loro bevanda preferita con i loro nuovi amici, creando così un’enorme base di consumatori in tutto il mondo che non sarebbe stata possibile senza la cooperazione dello stesso generale Eisenhower in Europa e della stessa Coca-Cola Company nel lavorare per migliorare il morale del combattente americano.

Con una mossa brillante e allo stesso tempo lungimirante, quella che oggi può essere giustamente considerata come una delle più grandi multinazionali al mondo riuscirà ad imporsi come industria leader nel secondo dopoguerra. Si calcola che durante la seconda Guerra Mondiale furono consumate dai soldati americani circa 10 miliardi di bottigliette di Coca-Cola, alcune delle quali possono ancora essere ritrovate in diversi siti bellici dedicati alla Seconda Guerra Mondiale. Una cosa però è certa: grazie a questa brillante mossa di marketing, tutti dopo il 1945 avrebbero conosciuto ed apprezzato il marchio Coca-Cola nel mondo!

Fonti:

http://www.nww2m.com/2011/08/coca-cola-the-pause-that-refreshed-2/

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13 Marzo 2023 – Redazione – dal sito eventidimenticati.it

 

Cosa si nasconde dietro al cibo, quali significati simbolici, valoriali, culturali e sociali si celano dietro all’alimentazione? Che importanza riveste l’opulenza in un banchetto ed intorno alle devianze alimentari?

Alle origini

Il cibo è una funzione/segno a tutti gli effetti: ricopre di certo una funzione primaria, il nutrimento, ma, appagata l’esigenza fisiologica, si struttura subito in segno (vale a dire, rifacendoci a Saussure, quella complessa realtà a due facce costituita dalla relazione tra significante e significato). Come funzione, ancora, il cibo acquista senso dal momento che si presuppone sempre una società in cui viene usato. La Bibbia si apre con un atto alimentare. Dietro questo primigenio gesto dell’umanità possono già essere rintracciate alcune delle sfere simboliche che più spesso vengono associate al cibo: la sessualità/sensualità, legata a doppio filo all’ambiguità del ruolo della donna(dispensatrice di cibo, ma ingannevole) che, peraltro, ne sarà segnata per millenni; la tentazione della gola (uno dei sette peccati capitali), vale a dire il cibo concepito come forma di trasgressione che, in quanto tale, va regolamentato e irreggimentato; infine (con uno slittamento, gravido di conseguenze, dal materiale al simbolico), un alimento come emblema di conoscenza, passaggio di stato, assimilazione o partecipazione a una nuova condizione esistenziale.

L’uomo è un mangiatore simbolico e sociale, non unicamente biologico. Il cibo diventa di conseguenza uno strumento di comunicazione non dissimile dal linguaggio. Il consumo del cibo e la sua preparazione riflettono profonde differenze culturali. In antichità classica i consumi alimentari marcano identità: la polenta di farro è il cibo italico, quella d’orzo è pasto greco. I greci, che intorno al cibo costruiscono un sofisticato sistema di costituzione identitaria che li separa da usanze barbare, si autodefiniscono “mangiatori di pane”: anche nell’Iliade e nell’Odissea questa terminologia è utilizzata come sinonimo di “uomini”, additando gli altri popoli come cannibali o mangiatori di carne cruda, allontanandoli ideologicamente da sé stessi, in quanto descritti come mangiatori di carne cotta e perché avevano ricevuto in dono dagli dei i cereali, miele, olivo, vite e vino. Attraverso il cibo l’altro viene squalificato a livello animale. Così come per il pane, anche la birra e il vino, cibi non naturali, ma ottenuti attraverso un processo, acquisiscono un evidente valore simbolico. L’atto di cucinare del cibo, del cucinare una pietanza, è possibile grazie alla sua cottura, ovvero grazie all’utilizzo di un fuoco. La conquista del fuoco, non a caso, è considerata l’incipit della società umana, la scoperta che distingue natura e cultura. Per gli antichi greci il fuoco era una prerogativa divina, di cui Prometeo si impossessò rubandolo al dio Efesto.

Grandi banchetti

Il cibo diventa altresì indice di discrimine sociale nel momento in cui qualcuno ne chiede e ottiene più di altri, una prerogativa insita dell’evoluzione. L’avvento della cottura incrementa il pregiudizio in favore dei lauti pasti: provoca l’effetto di rendere più piacevoli i pasti, una tentazione per la gola. Un appetito gigantesco è non a caso considerato una prerogativa delle classi sociali agiate in quasi tutte le società. Nell’antichità le leggendarie imprese a tavola non sono dissimili da quelle in battaglia. Un consumo eccessivo di cibo non solo ricopre un valore sociale ma risulta anche utile perché l’eccedenza si riversa su chi è povero: le briciole cadute da tavole abbondanti sono sempre state considerate sinonimo di generosità. Fino all’Occidente medievale l’ingordigia dei pranzi “baronali” era necessaria per rafforzare i rapporti devozionali nei confronti del signore: nel 1466, al banchetto che festeggia l’instaurazione dell’arcivescovo di York, si contano 870 ettolitri di frumento,  300 botti di birra e 1000 di vino, 104 bovini, 6 tori selvatici, 1000 pecore, 304 vitelli, 304 suini, 400 cigni, 2000 oche, 1000 capponi, 2000 maialini a latte, 400 pivieri, 100 dozzine di quaglie, , 200 dozzine di femmine di piovanello, 104 pavoni, 4000 tra germani e alzavole, 204 gru, 204 capretti, 2000 polli, 4000 piccioni, 4000 gamberi di fiume, 204 tarabusi, 400 aironi, 200 fagiani, 5000 pernici, 400 beccacce, 100 chiurli, 1000 egrette, più di 500 cervi, 4000 pasticci di cacciagione, 2000 creme calde, 608 tra lucci e abramidi, 12 tra focene e foche  e una quantità infinita di spezie, dolci, cialde e torte. Una tavola imbandita resta segno di prestigio sociale in Occidente fino agli inizi del XX secolo, mentre il pasto principale (quella che veniva chiamata colazione e che noi oggi chiameremmo pranzo) viene slittato ad ora sempre più tarda: alla fine del ‘700 gli uomini di provincia inglese pranzano alle 16, a segnalare il loro privilegio, differentemente agli appartenenti della classe povera, che devono svegliarsi presto per andare a lavorare, di non avere vincoli orari).

Tre sono i modi per coniugare gli ideali di austerità ed eccesso: selezionando cibi scelti, bizzarri o rari, in grado di nobilitare anche piccole porzioni di pietanza, preparare in maniera elaborata modeste quantità, adottare un’etichetta su come si mangia, che va a sostituire il quanto si mangia. Il moderno Galateo overo de’ costumi, di Giovanni Della Casa, pubblicato nel 1558, sintetizza l’etichetta di una classe sociale agiata a metà del secolo XVI, sottolineando il momento del pasto come occasione di corroboramento sociale.

Devianze alimentari

Ricoprendo il cibo un valore culturale e sociale ne consegue che la devianza alimentare non assume meramente una dimensione medica, ma che può essere ricondotta a una difficoltà di relazione con il complesso sociale di appartenenza. Se nell’antichità le devianze e le crisi di qualunque tipo potevano essere controllate e assorbite da specifici rituali, se nelle civiltà etnologiche i meccanismi di mediazione e le forme di controllo assurgevano a ricoprire una funzione simbolica e istituzionale, diversa è la condizione delle società odierne occidentali, opulente, multietniche e cosmopolite, prive di un rituale che coinvolga l’intera comunità e in cui la “patologia” rimane appannaggio del singolo.

Attualmente l’estetica non prevede la contemplazione del grasso, anche se nell’immaginario occidentale fino al secolo XIX le forme tondeggianti erano considerate un canone di bellezza generalmente apprezzato: grasso voleva dire ricco. Si pensi alle “Veneri steatopigiche” del Paleolitico, ai modelli greci, ellenistici e romani, alla donna seminuda che allatta nella Tempesta di Giorgione, alla Maya nuda di Goya, all’Eva dell’Adamo ed Eva di Klimt. Tuttavia, differentemente dal Giappone, dove è presente il tempio-stadio del Sumo, arrivato dalla Mongolia tramite la Corea, in cui il sumôtori non vive una semplice esperienza atletica, ma anche religiosa, poiché alla fine di ogni incontro offre alla divinità una carta consacrata, l’Occidente non ha mai conosciuto un luogo circoscritto, sacro e riconosciuto, in cui il grasso ricoprisse un ruolo di eccellenza.

Da un punto di vista medico i sintomi bulimici sono stati descritti a partire dal secolo XIX. Tuttavia la prima descrizione di un comportamento bulimico risale al secolo III a.C, nell’Inno a Demetra di Callimaco, in cui la malattia che colpisce il protagonista Erisìttone lo spinge a cibarsi senza controllo. Nell’universo culturale greco Erisìttone aveva abbattuto gli alberi sacri alla dea Demetra per farne mense su cui banchettare con gli amici. In altre parole il mito mostra, tramite la legge del contrappasso, le conseguenze che portano ad un livello sub-umano, la una violazione di un codice comportamentale. La trasgressione si traduce in un disordine devastante che provoca la distruzione della famiglia del protagonista, che simboleggia l’intera comunità umana. Di anoressia già si discuteva tra i secoli XVII e XVIII, ancora nel XIX secolo era circondata da un alone di misticismo: se la bulimia evoca il sub-umano, l’anoressia evoca il super-umano. Si pensi a Caterina da Siena e ad altre sante anoressiche medievali, che tramite il digiuno cosciente ambivano a superare il limite del corpo per ascendere al mondo divino. Il Giappone accanto ai sumôtoriconosce i miira, mistici ascetici che rinunciano a nutrirsi fino a raggiungere un processo di mummificazione che li farà chiamare i “santi dal corpo incorrotto”. L’Occidente non conosce un Budda pasciuto, ma un Cristo emaciato che nei primi secoli dell’impero romano supera la concezione del corpo come tempio atletico e concepisce la figura maschile come ostacolo al conseguimento dell’unione con il divino e la figura femminile come “materia” che trattiene l’uomo nel mondo. È una visione perdurante anche nel Medioevo, dove la donna viene spesso additata come strumento del demonio. Ciò spiega perché le estreme forme di ascesi alimentare abbiano coinvolto soprattutto le donne, che tramite questa pratica si riscattavano, abiurando il limite carnale e superando il diffuso disagio sociale che ruotava attorno alle loro forme. Quando il cibo viene rifiutato si mette in discussione l’intera struttura sociale, culturale e comunitaria che lo ha prodotto e che da esso viene a sua volta influenzato: da qui la nascita di appositi meccanismi volti a controllare la devianza che, se non sufficienti, vengono sostituiti dall’espulsione del “deviato”. Oggi che la bulimia e l’anoressia sono state adottate integralmente dalla scienza medica e sono state catalogate come malattie, vanno ad esprimere un disagio sociale e culturale e si rivelano tentativi per palesare l’incomodo esistenziale sempre più diffuso nella società contemporanea: il cambiamento delle scelte alimentari e le devianze alimentari, ovvero la rottura di una norma rituale, comporta un rifiuto di significati simbolici. Dietro al cibo, insomma, si nasconde molto di più di quello che può sembrare…dopotutto dietro ad un italianissimo piatto di pasta al pomodoro non si cela forse il desiderio di conoscenza proprio dell’uomo, quello che spinse Colombo fino al Nuovo Continente come un moderno Ulisse fino alle Colonne d’Ercole?

Fonti:

Dante Alighieri, Inferno

Carrara Lorena, Intorno alla tavola. Cibo da leggere, cibo da mangiare, Codice edizioni, Torino, 2014

(a cura di) Flandrin Jean-Louis, Montanari Massimo, Storia dell’alimentazione, Editori Laterza, Bari, 1997

Fernández-Armesto Felipe, Storia del cibo, Bruno-Mondadori, Milano, 2010

L’ora nel pranzo della storia, conferenza di Alessandro Barbero, link: https://www.youtube.com/watch?v=xxv426ym9LU

Scarpi Paolo, Il senso del cibo, Sellerio editore Palermo, 2005

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12 marzo 2023 – Redazione

L’eccellenza italiana continua a far parlare di se’, anche se l’Europa, con le sue ridicole e ipocrite leggi e leggine, vorrebbe affossare il Made in Italy. In Sardegna è infatti nato un nuova qualità di riso nero. Si chiama “Riso Jolly nero” e da poco è nell’elenco del registro parietale dell’Ente nazionale risi.

Il produttore è Gianni Meli, uno dei più grossi risicoltori della provincia di Oristano con produzioni nelle campagne di Cabras, Oristano, Silì, Zeddiani e Baratili San Pietro. Figlio d’arte: il papà era Tatano Meli, uno dei maggiori imprenditori risicoli italiani, per anni presidente dell’Unione provinciale agricoltori di Oristano e dirigente nazionale della Confagricoltura. A Cabras, paese d’origine di Gianni Meli, all’interno della nuova cantina Contini si è svolta la presentazione del nuovo prodotto, su progetto iniziato nove anni fa, e che ha raccolto, nel tempo, ricerche e sperimentazioni sulle sementi. Come ha spiegato il Consiglio per la ricerca in agricoltura, l’azienda ha scelto di fare l’iscrizione con la protezione della varietà.

“Questo significa che chiunque potrà migliorare la qualità del riso ma dovrà per forza coltivarlo nei terreni di proprietà dell’azienda che lo ha creato. All’azienda, quindi, si dovrà sempre riconoscere la paternità”

Gianni Meli racconta come è nato questo progetto: «Innanzitutto dalla voglia di crescere – ha commentato – La passione per il riso all’interno della mia famiglia c’è semp

A Cabras, paese d’origine di Gianni Meli, all’interno della nuova cantina Contini c’è stata la presentazione al pubblico del nuovo prodotto. Si tratta di un progetto iniziato nove anni fa, e che ha raccolto nel tempo ricerche e sperimentazioni sulle sementa. Come ha spiegato il Consiglio per la ricerca in agricoltura, l’azienda ha scelto di fare l’iscrizione con la protezione della varietà. Questo significa che chiunque potrà migliorare la qualità del riso ma dovrà per forza coltivarlo nei terreni di proprietà dell’azienda che lo ha creato. All’azienda, quindi, si dovrà sempre riconoscere la paternità.

Gianni Meli racconta come è nato questo progetto: «Innanzitutto dalla voglia di crescere – commenta – La passione per il riso, all’interno della mia famiglia, c’è sempre stato. Ecco perché ho voluto creare qualcosa di nuovo, di diverso. Prima di commercializzare il riso confezionato ci sono voluti tantissimi anni, sia  per la ricerca della spiga giusta, per gli esiti delle commissioni varie e infine per i controlli da parte del Crea, il Consiglio superiore per la ricerca in agricoltura». Per l’azienda Meli, questa nuova varietà è un sogno che si realizza. Per ora sono stati prodotti 600 quintali di riso nero. Circa centocinquanta sono già negli scaffali dei supermercati di Cabras e di Oristano.

Il nuovo prodotto è stato apprezzato anche dagli chef invitati alla presentazione del nuovo prodotto isolano.

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12 Marzo 2023 – Redazione – Fonte: Sito Corvelva

Nel 2014 in Kenya alcuni medici e 27 vescovi denunciarono il governo, l’OMS e l’UNICEF per aver somministrato a oltre un milione di donne un vaccino contro il tetano contenente un antigene che produce anticorpi abortivi.

In un momento in cui tutti i riflettori sono puntati sul vaccino contro il Covid-19 e i media mainstream si accollano l’onere di evidenziare tutta la misericordiosa filantropia di personaggi come Bill Gates e la ricerca dei vaccini che salverà l’umanità dall’estinzione; in un momento in cui il dr. Tedros Ghebreyesus, direttore dell’OMS, è impegnato nel raccogliere fondi da varie Nazioni per poterli mettere a disposizione dell’industria farmaceutica, twittando ringraziamenti ai capi di Stato che aderiscono a questa sorta di grande evento filantropico mondiale; noi vogliamo ripescare invece qualche scheletro nell’armadio che, fatalmente, coinvolge gli stessi attori in campo.

In particolare la mente torna a ciò che accadde nel 2014 in Kenya, quando alcuni medici e 27 vescovi denunciarono il Governo, l’OMS e l’UNICEF per aver somministrato a un milione di donne un vaccino contro il tetano contenente un antigene che produce anticorpi abortivi. Queste donne (tra cui molte ragazze) ricevettero a loro insaputa un vaccino sperimentale che si scoprì essere in grado di sterilizzare la popolazione femminile. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di ricostruire i fatti, tenendo bene a mente i nomi e le istituzioni coinvolte.
Perché indagarono? Cosa non quadrava? Anzitutto le modalità di gestione dei vaccini e delle loro somministrazioni: le fiale arrivavano scortate dalla polizia, venivano somministrate da operatori anch’essi scortati, anzichè dall’usuale personale medico ospedaliero; in più, le dosi previste erano ben 5 in 6 mesi, a fronte delle solite 3 dilazionate negli anni e, soprattutto, le destinatarie della campagna straordinaria erano solo donne e solo in età fertile (14-49 anni).

A lanciare l’allarme in aprile era stata l’Associazione dei medici cattolici e la Conferenza episcopale del Paese che, insospettita dalla prassi e della mancanza di un’emergenza tetano, aveva fatto analizzare 6 campioni di vaccini in laboratorio, scoprendo così che questi vaccini erano prodotti unendo al tossoide tetanico anche l’ormone Beta-Hcg, ormone necessario per la gravidanza. In questo modo l’organismo avrebbe attivato una risposta anticorpale contro lo stesso ormone, impedendo futuri concepimenti. Riuscirono ad inviare diversi campioni del vaccino in diversi laboratori e a trovare così conferma ai loro sospetti.
Un comunicato dell’Associazione dei medici cattolici del Kenya ha reso noto infatti che i risultati confermarono la loro peggiore paura:

“La campagna dell’OMS non mira a sradicare il tetano neonatale ma è un ben coordinato ed efficace tentativo di sterilizzazione di massa per il controllo della popolazione”

Va notato che l’UNICEF e l’OMS distribuiscono vaccini gratuitamente in diversi Paesi in via di sviluppo e che sono previsti anche incentivi finanziari per i governi a partecipare a questi programmi.

Quando i fondi delle Nazioni Unite non sono sufficienti per acquistare le quote annuali di vaccini, un’organizzazione avviata e finanziata dalla Bill and Melinda Gates Foundation, il GAVI, fornisce finanziamenti extra per molti di questi programmi di vaccinazione nei “paesi poveri”.

Corvelva si è sempre chiesta: i grandi benefattori che oggi si sono spesi per propinarci un farmaco sperimentale contro quella che a sentir loro sembra essere stata l’epidemia del millennio, sono gli stessi che solo pochi anni fa perpetravano questi crimini contro l’umanità?
Cosa ci riportano alla mente questi fatti? Un interessante parallelo è forse possibile con quanto accaduto in Italia, a seguito delle analisi che Corvelva ha eseguito su diverse fiale e lotti vaccinali: il comune denominatore è il prodotto, il vaccino, che non si vuole e quindi non si deve mai mettere in discussione. Le analogie aumentano quando leggiamo un comunicato dei medici kenioti, che denunciano i tentativi di intimidazione subìti, con minacce di azioni disciplinari ai medici stessi. Molto familiare, se pensiamo all’atteggiamento inquisitorio degli ultimi anni contro coloro che si sono permessi in Italia di esprimere dubbi rispetto alla pratica vaccinale massificata.
Lì però la storia ha avuto un epilogo diverso, in quanto il Governo si è visto costretto a mettere fine alla sperimentazione in atto. D’altro canto i medici stessi sembrano meno propensi a pendere dalle labbra delle case farmaceutiche e delle organizzazioni internazionali di quanto non avvenga qui.
Suona strano per un occidentale pensare che in Africa vi siano medici e cittadini che non si fidano ciecamente dell’OMS e delle organizzazioni “umanitarie” (ONG), perché noi siamo abituati ad una narrazione che prevede che istituzioni come l’OMS siano salvifiche, che la popolazione, soprattutto nei Paesi più poveri, preghi per ottenere più vaccini e più aiuti. Siamo stati abituati ad immaginare una popolazione che non aspetta altro che essere inondata di programmi vaccinali, anche sperimentali, perché questa per loro sarebbe l’unica salvezza. Questo è ciò di cui tentano di convincerci. E invece ecco le parole di Stephen Karanja, presidente dell’Associazione dei medici cattolici del Kenya:

“La Chiesa africana è consapevole che non ci si può fidare dell’OMS… La campagna cominciata qui è identica a quella che fu portata avanti nelle Filippine, in Messico e in Nicaragua, sponsorizzata dagli stessi enti.”

Ricordiamo infatti che le medesime dinamiche si erano già presentate in questi Paesi negli anni ‘90.

Quindi, sembrerebbe che, chi ci viene da sempre presentato come più bisognoso di aiuto, sia anche avvezzo a diffidare dei cosiddetti benefattori e questo per un motivo molto semplice e chiaro: queste istituzioni sarebbero state protagoniste nella storia recente di nefandezze di cui però il resto del mondo viene difficilmente a conoscenza. Allora, visto che oggi stanno tutti finanziando questi stessi personaggi, aspettandosi il loro aiuto, è doveroso approfondire un po’ di più.

Per chi volesse, alleghiamo all’articolo che trovate sul sito un’intervista ufficiale del settembre 2017 di Raila Odinga (https://youtu.be/qrSnNwoVS-g), primo ministro del Kenya dal 2008 al 2013, che spiega l’accaduto e conferma la veridicità delle accuse: ascoltatelo, le sue dichiarazioni sono piuttosto pesanti.

In conclusione siamo a ribadire che l’aumento della sfiducia verso le istituzioni nazionali ed internazionali, verso le ONG filantropiche e verso alcune politiche sanitarie, è il risultato di un sistema che per anni ha elaborato e sponsorizzato programmi anche in contrasto con le libertà personali. In questo preciso periodo storico in cui la politica è indebolita, l’idea che la stessa oligarchia scientocratica, o peggio filantropia dittatoriale, riesca a dettare le politiche sanitarie mondiali, ci spaventa non poco.

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Fonti:

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11 Marzo 2023 – Redazione – Fonte: Corvelva ( Tutte le altre fonti e chi ha tradotto il testo, in fondo all’articolo)

1. Che cos’è l’alluminio?

L’alluminio è un metallo leggero di colore bianco-argenteo, plasmabile e resistente. Queste qualità lo rendono utile in numerosi settori e prodotti, tra cui macchinari, costruzioni, magazzini, pentole, utensili da cucina, tessuti, coloranti e cosmetici. L’alluminio è anche il metallo più abbondante nella crosta terrestre e praticamente tutto l’alluminio presente nell’ambiente si trova nel suolo. Tuttavia, l’alluminio non si trova naturalmente in quantità significative negli organismi viventi (come piante e animali) e non ha alcuna funzione biologica nota. Nell’ultimo secolo, l’uso dell’alluminio in alcuni prodotti ha portato a una maggiore esposizione umana. Le maggiori fonti di esposizione sono gli alimenti contenenti alluminio (ad esempio, lievito in polvere, alimenti trasformati, formule per bambini, ecc.), i prodotti medici (ad esempio, antitraspiranti, antiacidi, ecc.), le iniezioni di allergia e i vaccini.1-3


2. Perché l’alluminio è presente nei vaccini?

Alcuni vaccini utilizzano composti di alluminio (idrossido di alluminio e fosfato di alluminio) come coadiuvanti, ovvero ingredienti che aumentano la risposta immunitaria a un antigene (sostanza estranea).4-5 La Food and Drug Administration (FDA) statunitense afferma che se alcuni vaccini non includessero l’alluminio, la risposta immunitaria che scatenano potrebbe diminuire.6


3. Quali vaccini contengono alluminio?

I seguenti vaccini contengono alluminio e vengono somministrati a neonati, bambini e adolescenti (Fig. 1):

  • Epatite B (HepB)
  • Esavalente
  • Difterite, tetano e pertosse (DTaP e Tdap)
  • Haemophilus influenzae tipo b (PedvaxHIB)
  • Pneumococco (PCV)
  • Epatite A (HepA)
  • Papillomavirus umano (HPV)
  • Meningococco B (MenB)

4. L’esposizione all’alluminio è sicura?

La FDA considera l’alluminio generalmente riconosciuto come sicuro (GRAS) dal 1975.9Tuttavia, prima del 1990, non esisteva la tecnologia per rilevare accuratamente piccole quantità di alluminio somministrate ai soggetti negli studi scientifici.10 Di conseguenza, non si conosceva la quantità di alluminio che poteva essere assorbita prima dell’insorgenza di effetti negativi.

Dal 1990, grazie ai progressi tecnologici, si è osservato che le piccole quantità di alluminio che rimangono nel corpo umano interferiscono con una serie di processi cellulari e metabolici nel sistema nervoso e nei tessuti di altre parti del corpo.1-10-11 I maggiori effetti negativi dell’alluminio sono stati osservati nel sistema nervoso e vanno dalla compromissione delle abilità motorie all’encefalopatia (alterazione dello stato mentale, cambiamenti di personalità, difficoltà di pensiero, perdita di memoria, convulsioni, coma e altro).2-12

Il Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti (HHS) riconosce l’alluminio come una neurotossina nota.2 Inoltre, la FDA ha messo in guardia sui rischi della tossicità dell’alluminio nei neonati e nei bambini.13

5. Quanto alluminio orale non è sicuro?

Nel 2008 l’Agency for Toxic Substances and Disease Registry (ATSDR), una divisione dell’HHS, ha utilizzato gli studi sugli effetti neurotossici dell’alluminio per stabilire che non si dovrebbe assumere per via orale più di 1 milligrammo (1.000 microgrammi) di alluminio per chilogrammo di peso corporeo al giorno per evitare gli effetti negativi dell’alluminio.2


6. Quanto alluminio iniettato non è sicuro?

Per determinare la quantità di alluminio che può essere iniettata in modo sicuro è necessario convertire il limite di alluminio orale dell’ATSDR. Il limite ATSDR per l’alluminio orale (1.000 microgrammi di alluminio per chilogrammo di peso corporeo al giorno) si basa sullo 0,1% dell’alluminio orale che viene assorbito nel flusso sanguigno, poiché il tratto digestivo blocca quasi tutto l’alluminio orale.2 Al contrario, l’alluminio iniettato per via intramuscolare bypassa il tratto digestivo e il 100% dell’alluminio può essere assorbito nel flusso sanguigno nel corso del tempo (cioè, la proporzione di alluminio assorbito è 1.000 volte maggiore). Per tenere conto di queste diverse quantità di assorbimento, il limite di alluminio orale dell’ATSDR deve essere diviso per 1000. Questa conversione porta a un limite di alluminio nel sangue derivato dall’ATSDR di 1 microgrammo di alluminio (0,1% di 1.000 microgrammi) per chilogrammo di peso corporeo al giorno. Di conseguenza, per evitare gli effetti neurotossici dell’alluminio, non più di 1 microgrammo di alluminio per chilogrammo di peso corporeo dovrebbe entrare nel flusso sanguigno su base giornaliera. La Figura 3 mostra il limite di alluminio nel sangue derivato dall’ATSDR per i neonati di varie età in base al loro peso.


7. Quanto alluminio c’è nei vaccini?

La quantità di alluminio nei vaccini varia.16 Nel 1968, il governo federale americano ha fissato il limite per la quantità di alluminio nei vaccini a 850 microgrammi per dose, in base alla quantità di alluminio necessaria per rendere efficaci alcuni vaccini.6-17 Di conseguenza, la quantità di alluminio nei vaccini infantili contenenti alluminio varia da 125 a 850 microgrammi per dose. La Figura 4 mostra il contenuto di alluminio di una dose di vari vaccini somministrati ai bambini.


8. Alcuni studi hanno confrontato la quantità di alluminio nei vaccini con il limite derivato dall’ATSDR (Agency for Toxic Substances and Disease Registry)?

Nel 2011 è stato pubblicato uno studio che intendeva confrontare la quantità di alluminio nei vaccini con il limite per il flusso sanguigno stabilito dall’ATSDR.18 Tuttavia, questo studio ha erroneamente basato i suoi calcoli sullo 0,78% di alluminio orale assorbito nel flusso sanguigno, anziché sul valore dello 0,1% utilizzato dall’ATSDR nei suoi calcoli.19-20 Di conseguenza, lo studio del 2011 ha ipotizzato che quasi 8 volte (0,78%/0,1%) l’alluminio possa entrare in sicurezza nel flusso sanguigno, e questo ha portato a una conclusione errata.


9. L’esposizione all’alluminio dei vaccini è sicura?

I vaccini vengono iniettati per via intramuscolare e la velocità con cui l’alluminio dei vaccini migra dal muscolo umano al flusso sanguigno non è nota. Gli studi condotti sugli animali suggeriscono che l’alluminio dei vaccini può impiegare da un paio di mesi a più di un anno per entrare nel flusso sanguigno, a causa di molteplici variabili.21-23 Poiché l’esposizione cumulativa all’alluminio dei vaccini nei bambini di età inferiore a un anno supera di diverse centinaia il limite giornaliero stabilito dall’ATSDR (Fig. 3 e 4), il limite sarebbe comunque superato se l’alluminio dei vaccini entrasse nel flusso sanguigno nel corso di circa un anno. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che l’alluminio dei vaccini viene assorbito dalle cellule immunitarie e raggiunge parti del corpo lontane dal sito di inoculo, compreso il cervello.24

L’entità degli effetti negativi dell’alluminio nei vaccini non è nota, poiché non sono stati condotti studi sulla sicurezza che confrontino una popolazione vaccinata con vaccini contenenti alluminio con una popolazione non vaccinata con tali vaccini.

Limite di alluminio del flusso sanguigno derivato dall’ATSDR2-14-15

categorie mpr 2Figura 3: questo grafico mostra il limite di alluminio per i bambini di varie età, come derivato dall’Agenzia per le sostanze tossiche e il registro delle malattie, una divisione del Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti. Il limite indica che non più di 1 microgrammo di alluminio per chilogrammo di peso corporeo dovrebbe entrare nel flusso sanguigno su base giornaliera per evitare gli effetti neurotossici dell’alluminio

Quantità di alluminio nei vaccini

categorie alluminio5

Riferimenti

  1. American Academy of Pediatrics, Committee on Nutrition. Aluminum toxicity in infants and children. Pediatrics. 1996 Mar;97(3):413.
  2. Agency for Toxic Substances and Disease Registry (ATSDR). Toxicological profile for aluminum. Washington, D.C.: U.S. Department of Health and Human Services; 2008.3, 13-24, 145, 171-7, 208.
  3. Yokel RA. Aluminum in food—the nature and contribution of food additives. In: El-Samragy Y, editor. Food additive. Rijeka (Croatia): InTech; 2012. 203-28.
  4. Marrack P, McKee AS, Munks MW. Towards an understanding of the adjuvant action of aluminium. Nat Rev Immunol. 2009 Apr;9(4):287.
  5. Volk VK, Bunney WE. Diphtheria immunization with fluid toxoid and alum-precipitated toxoid. Am J Public Health Nations Health. 1942 Jul;32(7):690-9.
  6. Baylor NW, Egan W, Richman P. Aluminum salts in vaccines—U.S. perspective. Vaccine. 2002 May 31;20 Suppl 3:S18-22.
  7. U.S. Food and Drug Administration. Silver Spring (MD): U.S. Food and Drug Administration. Vaccines licensed for use in the United States; [updated 2018 Feb 14; cited 2018 Feb 27]. https://www.fda.gov/BiologicsBloodVaccines/Vaccines/ApprovedProducts/Ucm093833.htm.
  8. Centers for Disease Control and Prevention. Washington, D.C.: U.S. Department of Health and Human Services. Recommended immunization schedule for children and adolescents aged 18 years or younger, United States, 2018. https://www.cdc.gov/vaccines/schedules/downloads/child/0-18yrs-child-combined-schedule.pdf.
  9. U.S. Food and Drug Administration. Silver Spring (MD): U.S. Food and Drug Administration. SCOGS (Select Committee on GRAS Substances); [cited 2018 Aug 16]. https://www.accessdata.fda.gov/scripts/fdcc/?set=SCOGS.
  10. Priest ND. The biological behaviour and bioavailability of aluminium in man, with special reference to studies employing aluminium-26 as a tracer: review and study update. J Environ Monit. 2004;6:376,392.
  11. Poole RL, Pieroni KP, Gaskari S, Dixon TK, Park KT, Kerner JA. Aluminum in pediatric parenteral nutrition products: measured versus labeled content. J Pediatr Pharmacol Ther. 2011;16(2):92-7.
  12. Sedman A. Aluminum toxicity in childhood. Pediatr Nephrol. 1992 Jul;6(4):383-93.
  13. U.S. Food and Drug Administration, Department of Health and Human Services. Rules and regulations. Fed Regist. 2003 Jun;68(100):34286.
  14. Centers for Disease Control and Prevention. Washington, D.C.: U.S. Department of Health and Human Services. National Center for Health Statistics: Data table for boys length-for-age and weight-for-age charts; [cited 2019 April 2]. https://www.cdc.gov/growthcharts/who/boys_length_weight.htm.
  15. Centers for Disease Control and Prevention. Washington, D.C.: U.S. Department of Health and Human Services. National Center for Health Statistics: Data table for girls length-for-age and weight-for-age charts; [cited 2019 April 2]. https://www.cdc.gov/growthcharts/who/girls_length_weight.htm.
  16. U.S Food and Drug Administration, Department of Health and Human Services. Revision of the requirements for constituent materials. Final rule. Fed Regist. 2011 Apr 13;76(71):20513-8.
  17. Office of the Federal Register, National Archives and Records Service, General Services Administration. Rules and regulations. Fed Regist. 1968 Jan; 33(6):369.
  18. Mitkus RJ, King DB, Hess MA, Forshee RA, Walderhaug MO. Updated aluminum pharmacokinetics following infant exposures through diet and vaccination. Vaccine. 2011 Nov 28;29(51):9538-43.
  19. Miller S, Physicians for Informed Consent. Erratum in ‘Updated aluminum pharmacokinetics following infant exposures through diet and vaccination.’ In: ResearchGate. Berlin (Germany): ResearchGate GmbH; 2020 Mar 6 [cited 2020 Mar 6]. https://www.researchgate.net/publication/51718934_Updated_Aluminum_pharmacokinetics_following_infant_exposures_through_diet_and_vaccines/comments.
  20. Physicians for Informed Consent. Newport Beach (CA): Physicians for Informed Consent. Erratum in ‘Updated aluminum pharmacokinetics following infant exposures through diet and vaccination’; [cited 2020 Mar 6]. https://physiciansforinformedconsent.org/mitkus-2011-erratum/.
  21. Flarend RE, Hem SL, White JL, Elmore D, Suckow MA, Rudy AC, Dandashli EA. In vivo absorption of aluminium-containing vaccine adjuvants using 26Al. Vaccine 1997 Aug-Sept;15(12-13):1314-8.
  22. Verdier F, Burnett R, Michelet-Habchi C, Moretto P, Fievet-Groyne F, Sauzeat E. Aluminium assay and evaluation of the local reaction at several time points after intramuscular administration of aluminium containing vaccines in the Cynomolgus monkey. Vaccine. 2005 Feb 3;23(11):1359-67.
  23. Weisser K, Göen T, Oduro JD, Wangorsch G, Hanschmann KO, Keller-Stanislawski B. Aluminium in plasma and tissues after intramuscular injection of adjuvanted human vaccines in rats. Arch Toxicol. 2019 Oct;93(10):2787-96.
  24. Masson JD, Crépeaux G, Authier FJ, Exley C, Gherardi RK. Critical analysis of reference studies on the toxicokinetics of aluminum-based adjuvants. J Inorg Biochem. 2018 Apr;181:87-95.

Articolo tradotto da Physicians for Informed Consent

 

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09 Marzo 2023 – Redazione – Fonte: Sardinia Post

Continua il processo sui Fondi della Santa Sede.  E’ notizia di questi giorni che il fratello del cardinale Angelo Becciu, Antonino, a guida della Cooperativa Spes di Ozieri, e il sacerdote don Mario Curzu, direttore della locale Caritas, che avrebbero dovuto testimoniare nel processo in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, non si sono presentati in aula opponendo, tramite l’avvocato Ivano Iai, l’assenza di garanzie in Vaticano per chi è indagato in altro procedimento, come è per loro presso la Procura di Sassari. Il Tribunale, presieduto da Giuseppe Pignatone, ha però ritenuto “infondata e irricevibile” la comunicazione inviata dal legale, ritenendo esistenti anche in Vaticano tali garanzie, e “illegittima” l’assenza dei due testimoni all’udienza odierna, che ha quindi riconvocato per l’udienza del 31 marzo prossimo.

Pignatone avrebbe dato lettura di un’ordinanza sul rifiuto dei due di rendere testimonianza, definendo la motivazione opposta dal legale “destituita di valore giuridico” e “irricevibile. Il Tribunale, oltretutto, “intende mantenere l’efficacia dell’accertamento giudiziale” ascoltando in aula i due testimoni, chiamati a riferire sui soldi inviati alla Coop Spes dalla Segreteria di Stato e dalla Cei, con l’asserito interessamento del cardinale Becciu.

Secondo l’avvocato Iai, gli indagati di fatti teoricamente connessi, con la loro testimonianza, “finirebbero per essere esposti a una elusione delle garanzie” previste dall’ordinamento italiano ma non da quello vaticano, e “ogni eventuale dichiarazione sarebbe utilizzata dall’autorità giudiziaria”. Per Pignatone, però, Antonino Becciu e don Curzu “sono solo testimoni, e tali restano, non riconoscendo loro altre facoltà se non quelle previste per i testimoni”.

Inoltre, “anche il Vaticano privilegia l’autotutela del testimone”, che “non è obbligato a rispondere su circostanze che possano incriminarlo”, o comunque peggiorare la sua situazione”.

“Le garanzie di cui si lamenta l’assenza sono ben presenti nell’ordinamento vaticano”, ha ribadito il presidente Pignatone, che fin dall’inizio di questo giudizio conferma il valore e l’esistenza del “giusto processo” anche nelle aule d’Oltretevere.

Parlando di “implausibilità degli argomenti”, il presidente del Tribunale vaticano ha anche ipotizzato, nell’ordinanza, il loro uso come un tentativo di sottrarsi al semplice obbligo di deporre. La 49/a udienza, in cui sarebbe stato ascoltato l’unico testimone presente, Felice Liberatore, cugino dell’imputato Fabrizio Tirabassi, sulle circostanze della perquisizione della Guardia Di Finanza del 5 e 6 novembre 2020 nei locali di Celano, di proprietà del padre di Tirabassi, in cui sono state trovate quantità di monete da collezione e anche somme in contanti, è durata in tutto 40 minuti.

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08 Marzo 2023 – Redazione – Fonte: Andrea Caldart di QuotidianoWeb

La tagliola che mette a rischio l’intero comparto delle imprese del settore forniture ospedaliere, preparata da Renzi nel 2015 e avvallata da Draghi con il decreto “Aiuti Bis” del luglio scorso, oggi, con il governo Meloni, è servita. Il problema principale è che migliaia di aziende e di lavoratori del comparto potrebbero rischiare di finire per strada dal 30 aprile prossimo.

Purtroppo, l’attuale esecutivo sembra non essersi preoccupato di questa scadenza perché ha pensato di utilizzare il meccanismo di conversione del Milleproroghe, inserendou il comma 8 all’art. 4, con il quale non ha fatto altro che confermare la data del “30 aprile 2023” di cui all’art. 9-ter, comma 9-bis del D.L.n. 75/2015 (come conv. L.n. 125/2015).

Di fatto, non essendo scaduto il decreto, con questa mossa l’ha mantenuto, permettendo alle Regioni, dopo il 30 aprile, di attivare il meccanismo di compensazione dei crediti maturati da payback. In sostanza, da quella data in poi, le Regioni, potranno chiedere alle aziende fornitrici dei dispositivi sanitari, di rendere per il solo periodo 2015-2018, 2 miliardi di euro di “eccedenze”, che il decreto “Aiuti Bis”, ha chiamato extra profitti. Una divisione targata Renzi, Draghi, che considerano extra profitto quanto in più hanno pagato le Regioni sulle forniture ospedaliere, ma non perché qualcuno ci abbia marciato sopra, bensì perché le Regioni non erano state in grado di redigere correttamente i Forecast budget, cioè le previsioni d’acquisto dei materiali sanitari.

Errori creati dai burocrati delle aziende sanitarie, spesso nominati proprio dai politici, che oggi si vogliono far pagare alle aziende fornitrici. Abbiamo parlato con la Dottoressa Cristina Cattini Amministratore Delegato di Novamedisan Italia Srl di Bologna, la quale per prima, a gennaio 2023, nella trasmissione di Nicola Porro “Quarta Repubblica”, ha lanciato l’allarme.

Dottoressa Cattini cosa sta succedendo?

“A quanto ne so, ma è quello che mi riferisce la mia associazione FIFO, Federazione Italiana Fornitori Ospedalieri, esiste da parte dell’attuale Governo, sia una condivisione sull’iniquità della legge, sia una consapevolezza sui rischi della sua applicazione per la tenuta del SSN pubblico, accompagnate da una volontà (almeno esplicitata a parole) di voler abrogare il payback sui dispositivi medici”. Il problema fondamentale e di difficile soluzione, riguarda come compensare i “buchi” o meglio le “voragini” che si verrebbero a creare nei bilanci sanitari delle Regioni”. Il Governo “dovrebbe” trovare qualche centinaio di milioni di euro, parte dei quali verrebbe “rimandata” alle Regioni – secondo quanto ancora dichiarato dalla dott.ssa Cattini – e un’altra parte che dovrebbe essere coperta dalle aziende più grandi, ovvero quelle da un fatturato dai 20 miliardi in su, ma non dalle PMI”.

Confindustria DM, in quanto federazione che tutela questo tipo di grandi aziende, ha espresso il proprio disaccordo. A tal proposito l’onorevole Lucaselli di FDIdemandata ad occuparsi del problema, al convegno di Confindustria DM del 21 febbraio, ha ventilato di far pagare sull’utile e non sul fatturato, ottenendo in risposta, un’alzata di scudi da parte di tutti, e in particolare da parte di FIFO, e PMI Sanità. Insomma, la situazione è ancora parecchio ingarbugliata e il 30 aprile è alle porte.


Il 13 giugno vedremmo come si pronuncerà in merito il TAR che probabilmente rimanderà tutto alla Corte costituzionale (che difficilmente prenderà la decisione di illegittimità normativa).

Quindi un’ulteriore proroga potrebbe dare un poco di respiro alle PMI coinvolte in questa follia?

Assolutamente no.

Purtroppo, se la sospensiva concessa venisse riferita ai soli “incassi” da parte delle Regioni, le Aziende sarebbero comunque costrette in Giugno a iscrivere a bilancio le cifre pazzesche richieste dalle Regioni. Di fatto molte PMI si troverebbero con bilanci in forte perdita. Non potrebbero più partecipare alle gare pubbliche e avrebbero sicuramente problemi con gli istituti di credito. Di fatto sarebbero costrette a chiudere e a licenziare i propri collaboratori.

Al contrario, se la proroga fosse concessa nell’ottica di guadagnare tempo per poter giungere a una soluzione equa, il Governo dovrebbe prorogare le richieste di pagamento da parte delle Regioni. Solo in questo modo, nel caso di un ulteriore rinvio, si rispetterebbero le PMI. FIFO Sanità auspica che la soluzione venga trovata prima della prossima scadenza del 30 aprile, per scongiurare il rischio concreto che la paralisi dell’apparato pubblico sanitario costringa i cittadini bisognosi a rivolgersi al sistema privato per curarsi.

Il SSN sarebbe, quindia rischio crack. Le Regioni a Schillaci e Giorgetti hanno fatto sapere che non ci sono soldi, e senza interventi di dovrebbero tagliare i servizi”.
DAL GOVERNO IN QUESTE ORE ARRIVA IL BENESTARE PER AVVIARE UN TAVOLO DI CONFRONTO, MA ANCHE UNA DOCCIA GELATA, IN QUANTO CI SAREBBERO POCHI MARGINI PER ATTINGERE A NUOVE RISORSE.
Tra le richieste quello di non far andare in Piano di rientro o commissariare le Regioni che dovessero presentare conti in rosso. E poi: ripianare in 10 anni i disavanzi causati dal mancato ristoro dei fondi per il Covid, rivedere tetto di spesa per il personale e su privato accreditato, incremento retribuzioni e regole più stringenti per i medici a ‘gettone’. E poi sul payback dei dispositivi medici: “Se Governo vorrà revisionare norma dovrà garantire le coperture”.

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07 Marzo 2023 – Redazione

I nostri ricordi sono spesso labili, al punto da non farci ricordare eventi e fatti di cronaca importanti, che dovrebbero segnare le coscienze. Quello di cui parleremo oggi è il presunto suicidio di un dirigente della Banca Monte dei paschi di Siena, dalla cui misteriosa morte sono passati dieci anni. Mi riferisco a Davide Rossi, incaricato della comunicazione dell’Istituto Bancario, che il 6 marzo 2013 è caduto dalla finestra del suo ufficio, a Siena. Una vicenda controversa, al centro di varie indagini, che vede la famiglia, convinta che non si sia trattato di un suicidio, e ancora in prima linea nella ricerca della verità e della giustizia.

Per me il 6 marzo è tutti i giorni. Lo vivo ogni giorno come se fosse ieri. Ma il fatto che siano passati 10 anni ci fa riflettere”, ha detto all’Adnkronos la vedova di David Rossi, Antonella Tognazzi.

Ieri sera la famiglia si è ritrovata alle 19 in piazza Salimbeni a Siena, in una commemorazione pubblica per “i dieci anni senza David, senza verità, senza giustizia”. L’iniziativa, spiegano i familiari di Rossi, è stata organizzata “perché non dobbiamo abbassare la guardia e dobbiamo tenere alta l’attenzione, anche in costituzione di una nuova Commissione d’inchiesta, che ci auguriamo arrivi a sondare tutto ciò che è ancora da verificare e scoprire”.

Dopo la Commissione parlamentare d’inchiesta istituita nella scorsa legislatura e presieduta da Pierantonio Zanettini, il 20 marzo inizierà alla Camera la discussione per istituire una nuova commissione d’inchiesta sul caso, che potrebbe ricevere il via libera intorno al 24  Confido nella buona volontà dei nuovi iscritti che dovranno ricominciare, e spero che siano persone motivate a fare chiarezza a vantaggio di tutti. Mi auguro che, seguendo le orme della precedente Commissione, emergano nuovi elementi”, sottolinea Antonella Tognazzi.

Il nostro obiettivo è sempre stato quello di chiedere la riapertura delle indagini con un fascicolo che mostri la giusta motivazione, cioè per omicidio”, ha detto ancora la vedova di Davide Rossi.

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TUTTO QUELLO CHE ANCORA NON SAPEVAMO NEL LIBRO DI  DAVIDE VECCHI – (A SEGUIRE IL COMMENTO DI PETER GOMEZ)

Dalle indagini “farsa” dei pm ai festini hard con politici e magistrati alle rivelazioni della commissione parlamentare d’inchiesta.
 
Un giallo incalzante che comincia nei giorni precedenti la morte di David Rossi e arriva fino a oggi, con documenti, perizie e testimonianze inedite.
 La nuova inchiesta del giornalista che ha seguito il caso fin dall’inizio, rivelando le mail inviate dal manager all’amministratore delegato di Monte dei Paschi poco prima di morire.
 
Sesso, sangue, politica e pm: sembra un romanzo ma è tutto vero. Davide Vecchi va ringraziato per averci riconciliato
con il grande giornalismo d’inchiesta.

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ECCO, IN SINTESI, IL CONTENUTO DEL LIBRO 

È stato suicidio. Una verità sottoscritta prima ancora di essere accertata. Da qui una sequela inverosimile di omissioni, leggerezze, errori madornali nel corso delle prime indagini, quelle che avrebbero dovuto congelare la scena, rilevare tracce e presenze sospette una sera piovosa del 6 marzo 2013 a Siena. Invece gli inquirenti, secondo quanto sta emergendo dai lavori della commissione parlamentare d’inchiesta insediatasi nel luglio del 2021, avrebbero manomesso ogni indizio apparente e silenziato ogni possibile prova. Perché? Cosa c’era da nascondere?
Che cosa li spaventava di quell’evento tragico sopraggiunto al culmine di una bufera finanziaria e politica che aveva travolto la banca più antica del mondo e con essa la ricca e sonnolenta città che da secoli con lei prosperava?
C’è voluta tutta l’ostinazione dei famigliari del manager e dei loro avvocati, e la tenacia dei giornalisti che fin dal principio hanno scavato nella montagna di sabbia gettata sopra questo caso, per pervenire a un barlume di verità. Ha fatto più la commissione in pochi mesi che due procure e tre diverse inchieste in quasi nove anni. Davide Vecchi è stato uno dei primi giornalisti a investigare su quella morte sospetta,
per il suo lavoro ha subito un processo, insieme alla moglie di Rossi, Antonella Tognazzi.
In questo libro racconta tutto quello che ancora non sapevamo sulla vicenda e che è trapelato solo negli ultimi mesi grazie a nuove testimonianze, perizie e documenti inediti. Ciò che emerge dalla sua ricostruzione puntuale, e in molti passaggi sconcertante, è che solo riaprendo il caso con l’ipotesi di omicidio si potrà evitare che quello sulla morte di David Rossi diventi l’ennesimo mistero italiano irrisolto.

FONTE: https://www.chiarelettere.it/libro/la-verita-sul-caso-david-rossi-davide-vecchi-9788832965612.html

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