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24 Febbraio 2022 – Redazione

Grottesca decisione del ministro della Salute: da marzo gli stranieri extra Ue potranno arrivare e muoversi con il tampone. A noi invece è richiesto il lasciapassare rafforzato, cioè l’obbligo vaccinale mascherato. Come se il virus avesse il passaporto. Mario Draghi sconfessa Roberto Speranza: ad aprile stop emergenza. Allora cancelli divieti e green pass.

Se c’era un modo per dimostrare che il green pass non ha alcuna validità scientifica, ma al contrario ha una ragione esclusivamente politica, quel noto scienziato che risponde al nome di Roberto Speranza lo ha trovato. Pressato dalle riaperture decise da tutti i Paesi del mondo, e soprattutto dalla necessità di consentire l’arrivo dei turisti stranieri in vista della primavera e dell’estate, il ministro della Salute ha firmato una circolare che permette l’accesso in Italia anche a chi ha un green pass che da noi è considerato scaduto: basta che si faccia il tampone. Sì, si può non essere immunizzati come da regola ma varcare il confine dopo essersi sottoposti a un semplice test rapido che certifichi la negatività al Covid.

In pratica, dal primo di marzo ai turisti sarà consentito ciò che agli italiani è negato. Già, perché se il provvedimento di Speranza abilita la libera circolazione di uno straniero con il green pass base, quello che si ottiene a seguito della vaccinazione, della guarigione oppure con un antigenico, non si capisce perché a un cittadino del nostro Paese sia impedito di prendere un mezzo pubblico o di entrare in alberghi e ristoranti senza esibire il certificato vaccinale. Ancor più incomprensibile diventa l’obbligo del green pass rafforzato nelle tante circostanze in cui è richiesto. Ma se a un turista è concesso di andare a spasso per la Penisola, prendere il treno o il traghetto, mangiare al ristorante o fare colazione al bar con un semplice tampone, perché un povero cristo di operaio over 50 deve essere sospeso dal lavoro e di conseguenza dallo stipendio se non si è vaccinato?

La domanda è legittima e anche un bambino capisce che non si tratta di difendere la salute delle persone, di evitare la circolazione del virus, l’aumento dei contagi e tutto ciò che ci è stato raccontato finora. Il green pass, così come è stato congegnato dai burocrati del ministero di cui si è circondato Speranza, risponde solo a un’esigenza: costringere gli italiani a vaccinarsi a qualsiasi costo, anche a quello di privare dei cittadini di alcuni diritti fondamentali, come il lavoro (sul quale, sia detto per inciso, è fondata la Repubblica) e la libertà di circolazione. Sì, il passaporto verde non è quella «garanzia di non contagiarsi e non contagiare» che era stata promessa dal presidente del Consiglio e da ministri e sottosegretari. Semplicemente, è uno strumento per rendere complicata la vita delle persone e in tal modo indurle a offrire il braccio alla patria. Il lasciapassare da esibire per accedere ai mezzi pubblici e al chiuso era ed è un modo per aggirare l’obbligo vaccinale e dunque esentare lo Stato da qualsiasi responsabilità in caso di effetti collaterali dovuti alla vaccinazione. Fino al 15 febbraio non esisteva una disposizione che costringesse gli italiani a vaccinarsi e solo una settimana fa è scattata la disposizione che introduce la regola del siero per gli ultracinquantenni. Tutti, prima di ricevere l’iniezione anti Covid, sono costretti a firmare un consenso informato che di fatto sgrava da ogni responsabilità il vaccinatore, e di conseguenza la struttura che esegue, per conto dello Stato, la puntura. Ma per evitare che gli italiani rifiutino di sottoporsi al trattamento si è inventato il green pass, ossia un sistema per convincere anche i più recalcitranti a vaccinarsi. Naturalmente si può essere d’accordo o meno su questo modo di procedere e noi, come abbiamo spiegato più volte, non lo siamo, perché riteniamo che in altri Paesi, vedi la Gran Bretagna, si siano raggiunti risultati di contenimento del virus migliori dei nostri senza ricorrere a questi metodi e senza calpestare i diritti costituzionali. Tuttavia, se si è imboccata questa strada, a nostro parere illegittima, diventa incomprensibile il via libera per i turisti. A contagiare e contagiarsi sono forse solo gli italiani, mentre gli stranieri sono immuni per definizione? Come si può spiegare, e soprattutto accettare, che per chi visita il nostro Paese basti il tampone per accedere al ristorante e a un italiano sia richiesto il green pass e l’attestazione di essere vaccinato? Il virus forse distingue a seconda della nazionalità? Il turista non lo contagia mentre l’italiano sì? L’illogicità è evidente, ma soprattutto è lampante l’arbitrarietà dei criteri introdotti da Speranza. Del quale è sempre più ingiustificabile la presenza nell’attuale governo ed è manifesto il contrasto che lo contrappone al presidente del Consiglio. Mentre il ministro della Salute continua a predicare sciagure e a difendere misure che non hanno senso, Mario Draghi parla di fine dello stato d’emergenza entro il 31 marzo. Ma se il premier promette di rimuovere «le restrizioni residue alla vita dei cittadini e delle imprese», perché «la situazione epidemiologica è in forte miglioramento», che senso ha insistere con una misura come il green pass, che non solo non è uno strumento sanitario, ma ha validità solo per i cittadini italiani e non per chi arriva da fuori? Possibile che il cittadino di una Repubblica che si dice democratica abbia meno diritti di chi non lo è? Nel giornale di oggi, Federico Novella si occupa del nuovo presidente della Consulta, ossia di Giuliano Amato, il quale ha di recente parlato di molte cose, esprimendo la sua opinione su leggi e referendum. L’ex presidente del Consiglio ora a capo della Consulta, un tempo era noto con il soprannome di door Soile, ma qui non c’è nulla di soile, ma molto di grossolano. Anzi, di insopportabilmente rozzo.

24 Febbraio 2022 – Redazione

Scandalo Rai, appalti truccati. Buste piene di contanti: 194mila € e Cartier. Una nuova inchiesta fa tremare i manager della Rai. Scoperte gare d’appalto truccate e un giro di mazzette e corruzione. L’indagine, – si legge su Repubblica- è nata tra le bancarelle del mercato ortofrutticolo di Milano e ha già portato all’arresto dell’ex capo della Direzione acquisti della Tv di Stato, Gianluca Ronchetti. A cui apparterrebbero le buste zeppe di contanti per oltre 194 mila euro e decine di anelli, bracciali, pepite d’oro e Cartier rinvenuti il 31 gennaio nella casa della madre, nascosti dentro i vasi del piccolo giardino all’Aurelio.

Scandalo Rai, sistema diffuso di irregolarità

Gli inquirenti – prosegue Repubblica – parlano di “un sistema diffuso di irregolarità attuate da dipendenti Rai per favorire l’aggiudicazione di appalti ad alcuni operatori del settore dei servizi di facchinaggio e manovalanza per gli allestimenti scenici nei centri di produzione di Milano e Roma», si legge nell’ordinanza.

Tra i vari regali spiccano: due Rolex Daytona, suite all’Hotel Yard di Milano in occasione della partita Roma-Inter, viaggi a Saint Tropez. Persino la chat di gruppo aveva un nome da B-movie: “Martedì…gnocchi”. “Dal 2014 al 2017 sono stati spesi sempre importi maggiori rispetto a quelli che la Rai ha investito per i medesimi servizi nel 2013”, scrivono gli inquirenti. 

Fonte: affaritaliani.it

22 Febbraio 2022 – Redazione

“Serve un aeroporto, come esiste nelle più importanti località sciistiche estere dell’arco alpino.La strada per arrivare a Cortina è ancora un calvario”.

A dirlo è stata la senatrice di Fratelli d’Italia Daniela Santanchè, ospite dell’appuntamento di inizio anno svoltosi presso l’Hotel Cristallo, organizzato da Pomellato. Tra gli altri ospiti personalità del mondo dello spettacolo, mentre tra gli esponenti politici anche il leader di Italia Viva Matteo Renzi. A riportare la notizia è stato il Messaggero.

Daniela Santanchè davanti ai cronisti ha parlato dell’importanza del territorio dell’annoso problema dello spopolamento della montagna. “Per un politico tanto più se ambisce a ruoli di premier è fondamentale conoscere il territorio e ogni mezzo va bene e potrei farlo in futuro”, ha detto.

“Il punto cruciale per Cortina” ha sottolineato Daniela Santanchè, e’ però un altro: qui ci sono le montagne più belle alle quali sono molto legata,e dove mi sento a casa. Auspico che, i lavori di sistemazione della statale che porta a Cortina, possano subire un’accelerazione e che non si perda l’occasione delle Olimpiadi invernali 2026, per completarli. non manca poi cosi tanto!

UNA VERA PRIORITA’ DICIAMO NOI, CON TUTTE LE PROBLEMATICHE, LE INGIUSTIZIE, LE COSTRIZIONI E LE CRITICITA’ SOCIALI CHE STIAMO VIVENDO!

22 Febbraio 2022 – Redazione

Il dramma di una donna di Catanzaro con una grave reazione allergica manifestatasi dopo la terza dose di vaccino e non ancora terminata. «Abito a Catanzaro e ho quasi 30 anni. Vi racconto la mia esperienza con la terribile sanità catanzarese. Dieci giorni fa, – spiega la giovane a Calabria7 – venerdì 11 febbraio alle 15.30 ho avuto una reazione allergica grave di tipo 1 su metà viso e metà cranio meno di un’ora dopo aver fatto la terza dose di vaccino Pfizer che mi era stato inoculato alle 14:40. Sentivo il volto esplodere, scosse alla testa, all’orecchio e all’occhio. Ho contattato immediatamente la mia dottoressa curante che non mi ha voluta visitare perché ha paura del Covid e non riceve i pazienti. Mi ha chiesto di mandarle una foto via mail e mi ha dato una cura sbagliata. La situazione è peggiorata in breve tempo. Sono corsa in ospedale, tamponi a destra e a sinistra, risulto positiva al Covid. Entro alle ore 20:00 di giovedì 17 febbraio e finalmentee vengo ricoverata nel reparto di Medicina Covid alle 4:00 di notte».

Il ricovero in ospedale

«Mi fanno flebo su flebo, così forti – racconta – che mi rendevano debole e mi facevano dormire di continuo. In poche ore mi si è gonfiato l’occhio a tal punto da non poterlo aprire. Chiedo informazioni alle infermiere che mi dicono che io venivo curata solo ed esclusivamente per Covid.Per quanto riguarda il mio problema della reazione allergica al vaccino no. Mi inizio ad agitare e tento di andare incontro al dermatologo che non visita i pazienti Covid, però gira in ospedale senza guanti con una mascherina chirurgica senza l’Ffp2 di sotto come invece indossano gli altri sanitari del reparto. Il medico chiama il dermatologo che non mi ha voluta visitare perché aveva paura del Covid. Nonostante le mille chiamate dei medici e delle infermiere che con insistenza chiedevano la consulenza per capire quali cure dovessero darmi non si è mai presentato. Così come ha fatto l’oculista che si è rifiutato di venire a visitarmi per timore di contrarre il coronavirus».

Le dimissioni

«Credo che – afferma con rammarico a Calabria7 – ogni medico abbia l’obbligo di visitare i pazienti altrimenti non è degno di indossare un camice. Questi atteggiamenti sono da denuncia. Nonostante avessi il Covid ero asintomatica, quindi non aveva senso rimanere lì senza cure e sabato 19 febbraio ho firmato le dimissioni e sono andata via. Gli infermieri e il dottor Spagnolo sono stati gentilissimi, ma potevano curarmi solo per il Covid. Mi hanno portato a casa in ambulanza, mentre l’occhio continuava a gonfiarsi e la testa mi girava. Mi sono stati dati dei fogli con la terapia e le dimissioni da sotto una porta. I medicinali che mi avevano prescritto in ospedale non mi erano stati somministrati quindi ho chiamato in reparto per chiedere a cosa servissero. E mi viene detto che avendo fatto una cura sbagliata data dal mio medico di base e non essendo stata curata in ospedale probabilmente le condizioni erano peggiorate trasformandosi da reazione allergica al vaccino in herpes zoster».

Ritardi telematici all’Asp di Catanzaro

«Oggi – spiega – sono andata a fare il molecolare all’Asp di Catanzaro e mi hanno detto di non aver ricevuto nessuna comunicazione dall’Ospedale Pugliese quindi non potevano eseguirlo. Chiamo in Ospedale e mi dicono che l’iter era partito, ma evidentemente c’era stato un ritardo telematico. Mi bloccano il green pass. Non posso prendere sole o stare alla luce perché mi fanno male alla testa, di conseguenza non posso uscire. Contatto la mia dottoressa che continua a non volermi visitare, le dico che è da denuncia e mi sbatte il telefono in faccia. In tutto ciò io sono peggiorata. La sanità catanzarese ti cura solo per il Covid, per il resto puoi anche morire. Non so più che fare e non so più come guardarmi allo specchio, perché sono un mostro. In più al Pugliese Ciaccio sapevano benissimo che io avevo allergie, nonostante avessi preso l’antistaminico prima di fare il vaccino evidentemente c’è stato qualcosa che non è andato per il verso giusto. Eppure l’avevo detto a voce e lo avevo scritto sui fogli di avere allergie. Se ne sono lavati le mani con i 15 minuti di attesa standard. Il dermatologo, l’oculista, la dottoressa medico curante non volendomi visitare (e dandomi cure sbagliate) hanno manifestato un atteggiamento criminale. È una vergogna», scrive Calabria7.

17 Febbraio 2022 – Redazione

Gli avevano cancellato il profilo social per un link relativo al Covid19 che era stato considerato da Facebook lesivo del regolamento, il collegamento postato avrebbe infatti sminuito la pericolosità della pandemia con dati non reali. Il ricorso presentato da Emanuele Compagno, 41 anni, avvocato veneziano, tuttavia, ha fatto tornare indietro sui suoi passi il colosso dei social media, vincendo la causa. «Il mio assistito, un cittadino di Camponogara, dall’oggi al domani ha visto improvvisamente sparire il suo profilo che aveva da 14 anni – dice Compagno- aveva anche scritto a Facebook per chiedere la ragione di questa scelta ma non ha mai ricevuto risposta. Ha deciso così di seguire le procedure ufficiali e si è rivolto a me». 

La strategia difensiva

In un primo momento la procedura di contestazione aveva avuto una battuta d’arresto perché il giudice aveva rigettato l’istanza. «Abbiamo impugnato l’esito di fronte al collegio e abbiamo ottenuto giustizia – continua Compagno – non è stato facile. Noi eravamo “disarmati”, ci avevano chiuso il profilo, quindi non avevamo accesso ai post incriminati. E poi si tratta di un colosso internazionale, con una copertura legale importante». A segnare il discrimine per la «vittoria» sarebbe stata anche l’attribuzione di competenza al tribunale italiano. «Secondo i legali di Facebook sarebbe stato necessario spostarsi in Irlanda – continua Compagno – perché è lì che vengono risolti i contenziosi che riguardano professionisti della comunicazione online. Il mio assistito tuttavia è certamente un consumatore ma non un professionista. Gestisce qualche social per gli amici ma ha un altro lavoro. È rimasto quindi di competenza del tribunale italiano. Quello che abbiamo sostenuto è che se anche ci fosse stata violazione – che noi contestiamo – la cancellazione del profilo non sarebbe stata certamente la strada. Abbiamo sostenuto di essere di fronte a un abuso del diritto che ledeva relazioni personali e il diritto di parola».

La mora

I giudici veneziani, Silvia Barison (giudice relatore), Silvia Franzoso e Carlo Azzolini hanno deliberato in favore di questa richiesta stabilendo contemporaneamente gli «astraints» e cioè una mora da pagare per il colosso dei social per ogni giorno in cui il profilo non tornerà online (100 euro al giorno). «Il provvedimento è stato notificato il 15 febbraio – continua Compagno – ora staremo a vedere».

Fonte: Corriere Venezia-Mestre

16 Febbraio 2022 – Redazione

Pesaro: gli era stato vietato di accedere ai tavoli del Centro diurno ‘Il Gabbiano’ per il pranzo Il suo avvocato ha presentato ricorso e ieri è arrivata l’ordinanza: “Provvedimento illegittimo”.

Gli avevano vietato di mangiare in mensa perché senzagreen pass. Ieri, l’ordinanza del giudice Davide Storti ha dichiarato illegittimo quel provvedimento e lo ha così riammesso a sedersi a tavola accanto ai suoi compagni.

È la vicenda che riguarda Antonio, un 30enne autistico, che frequenta la struttura “Il gabbiano” di Pesaro, gestita dalla cooperativa “Il Labirinto”. Il suo legale, l’avvocato Pia Perricci, ha fatto ricorso contro quell’esclusione e il giudice le ha dato ragione.

Tutto comincia il 27 novembre scorso, quando, sulla base di una direttiva dell’Asur, i gestori de “Il gabbiano” fanno presente ad Antonio e alla sua mamma, che non può più mangiare nella mensa del centro diurno perché non aveva il green pass.

“Il mio assistito – spiega il legale – non è stato vaccinato contro il Covid. I suoi genitori hanno paura che possa provocargli reazioni gravi. In più, vista la difficoltà di fargli i tamponi, la struttura aveva deciso di fare il test ai genitori ogni 15 giorni. In questo modo, Antonio mangiava in mensa con tutti gli altri. Fino a quando arriva la direttiva dell’Asur che lo lascia fuori”. Una decisione che “non ha un fondamento – continua – Quella del green pass per noi è una richiesta illegittima”.

Partono le prime carte bollate. “Faccio una diffida ad Area vasta e Labirinto, ma non succede nulla. Antonio continua a essere escluso dalla mensa”. Non resta che arrivare alla linea dura. “Presento ricorso – continua – e ieri il giudice Storti ci ha dato ragione. Nella sua ordinanza, ha detto chiaramente che sono illegittimi i provvedimenti che richiedono agli utenti dei centri socio sanitari il possesso del green pass per entrare nelle mense. Ha spiegato che hanno erroneamente applicato la normativa prevista per i dipendenti delle mense e dei servizi catering. Ma in questo caso non si tratta di lavoratori, ma di utenti, proprio come lo è Antonio e tutti quelli come lui”.

Da oggi quindi Antonio torna in mensa. “Sono contenta che finalmente si stiano riconoscendo i diritti alla persona – conclude Perricci – Lo stesso giudice parla di lesione di diritti. Non è intenzione della mia cliente né mia di chiedere risarcimento danni per il periodo in cui è stato allontanato. Penso però che questa decisione potrebbe applicarsi anche alle mense e biblioteche universitarie dove gli studenti per ora possono entrare solo col green pass. Aggiungo che questa decisione dimostra che non bisogna avere paura ad andare in tribunale perché c’è sempre qualche giudice disposto ad ascoltare”.

16 Febbraio 2022 – Redazione

Cocaina a casa del senatore Cerno (Pd). Pusher nella sua abitazione per 4 volte. Si allarga a macchia d’olio l’inchiesta sul traffico internazionale di stupefacenti che coinvolge anche la sorella di Ornella Muti, la 71enne Claudia Rivelli. Nell’indagine compare anche un politico, seppur non indagato, si tratta del senatore del Pd Tommaso Cerno.

Senatore Cerno: non sapevo nulla

“Sapevo tutto di questa vicenda – spiega Cerno al Corriere della Sera – rispetto alla quale sono completamente estraneo e ho collaborato subito con i carabinieri. All’epoca ero fidanzato con un ragazzo che aveva dei problemi. Evidentemente quando non ero a casa ha ricevuto gli spacciatori presso la mia abitazione per farsi consegnare cocaina. Io non ne sapevo nulla, né ho mai avuto rapporti con nessuno di loro. Quando mi hanno avvisato, i carabinieri mi hanno anche detto di informarli se ci fossero stati problemi”. Una delle consegne di droga è stata del valore di 930 euro.

PENSA SENATORE CERNO, CHE NEPPURE L’ALLORA MINISTRO SCAJOLA NON SAPEVA CHI GLI AVESSE AFFITTATO LA CASA VISTA COLOSSEO AD UN PREZZO DI ENORME FAVORE! ADESSO, LEI VUOL RAPPRESENTARE LO STESSO TEATRINO? AH…..BEH….HA RAGIONE! SCAJOLA, ANDATO A PROCESSO VENNE ASSOLTO! E LEI SPERA IN QUESTO! CONFIDARE NELLA PARTE CORTOTTA DELLA MAGISTATURA! IN CHE MANI! MA FINIRA’, FINIRÀ!!!! ANCHE LA VOSTRA PACCHIA FINIRÀ!!!!!

MA LA COSA PIU’ INAUDITA E’ CHE VIENI INVITATO NELLE TRASMISSIONI POLITICHE A PARLARE DI GIUSTIZIA, VACCINI, PANDEMIA! MA I NOSTRI TEMPI TI VOLATILIZZERANNO FINO A FAR PERDERE LE TUE TRACCE! E, COME PRIMA COSA, SPERIAMO CHE TU SIA ALLONTANATO DA TUTTI I TALK, PERCHE NON SEI PIU’ DEGNO DI APRIRE QUELLA BOCCA E PONTIFICARE

Trentanove in totale – prosegue il Corriere – le persone arrestate nell’ottobre 2019, cinque già mandate a processo con rito immediato, a cui se ne sono aggiunte altre trenta sei giorni fa, dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura. Come avveniva a casa di Tommaso Cerno, le consegne erano fatte a domicilio anche nel periodo di lockdown. La sostanza più richiesta era la cosiddetta «droga dello stupro», facilmente confondibile con altri liquidi cambiandone l’involucro. 

16 febbraio 2022 – Redazione Co. Te.L.I.

Canada – Nella conferenza stampa tenutasi lunedì 14 febbraio (vedi: ⤵️
https://www.mercurius5.it/wp-admin/post.php?post=31329&action=edit il premier Justin Trudeau ha invocato il ricorso allo stato di emergenza, che conferisce alle forze di polizia poteri speciali in fatto di multe, arresti, e sequestri di veicoli, per porre termine agli assembramenti in cui si verifichino attività illegali, come blocchi di infrastrutture ed occupazioni.

Si autorizzerebbe, inoltre, il congelamento extragiudiziale dei conti corrente dei manifestanti.
L’intento è ovviamente quello di colpire le manifestazioni di protesta iniziate con il Freedom Convoy dei camionisti contro l’obbligo di quarantena per gli autotrasportatori non vaccinati, che a distanza di ormai tre settimane continuano ad occupare il centro di Ottawa.

La parola ora passa alle due camere del Parlamento, chiamate al voto entro 7 giorni. Scontato il sì del partito di sinistra NDP, da tempo sostenitore delle limitazioni ai danni dei non vaccinati.

Uno sviluppo sorprendente solo fino ad un certo punto, visto che nei mesi precedenti Trudeau aveva più volte criminalizzato coloro che hanno legittimamente scelto di non vaccinarsi, bollandoli come misogini, razzisti ed estremisti di destra (strano che non abbia usato direttamente il termine fascisti), sostenendo la necessità in qualche modo di punirli con restrizioni in virtù delle loro scelte “sbagliate”.

Dopo il panico iniziale all’arrivo del Freedom Convoy, con la fuga precipitosa in una località segreta, poi giustificata con la necessità di rimanere in isolamento nonostante un test Covid negativo, Trudeau ha deciso di reagire, forse anche per rispondere alle accuse del fronte opposto (a partire dall’NPD) di mostrarsi passivo e debole di fronte a violazioni della legalità. Critici invece i Conservatori, che rimproverano al premier di essere divisivo.

Prima gli inviti a far terminare la manifestazione illegale, poi l’intervento della polizia a sgombrare il blocco sull’Ambassador Bridge, il posto di frontiera tra Canada e Stati Uniti vitale per il commercio nordamericano, hanno segnato un costante aumento della tensione. Infine la decisione del premier di ricorrere allo stato di emergenza, un fatto senza precedenti nel tranquillo ed a tratti noioso Paese degli aceri.

Non è stata da meno Chrystia Freeland, potente ministro delle finanze del governo Trudeau e sua possibile erede alla guida del Partito Liberal. Freeland, ben introdotta nel World Economic Forum di Klaus Schwab, bestia nera di molti contestatori nel mondo, ha aggiunto un tassello importante alle dichiarazioni di Trudeau: con lo Emergencies Act, le piattaforme di crowfunding dovranno registrarsi presso FINTRAC (Financial Transactions and Reports Analysis Centre of Canada), ossia l’intelligence finanziaria canadese, adibita al controllo ed al tracciamento dei pagamenti per capire chi paga chi, come e perché. Si tratta nei fatti di un allargamento delle normative anti-riciclaggio e di contrasto al terrorismo, che verranno applicate anche alle transazioni in criptovalute.

In sostanza, i manifestanti e chi li finanzia trattati come criminali. Peggio, come terroristi. Le stesse disposizioni infatti autorizzano le banche canadesi a congelare i conti correnti dei camionisti coinvolti nelle proteste o anche i conti delle persone sospettate di finanziare le attività del Freedom Convoy, in quanto definite illegali, senza attendere una pronuncia in tal senso dei tribunali. Quindi, una pena extragiudiziale motivata dal dissenso politico.

La mossa del governo Trudeau potrebbe leggersi sia come un tentativo disperato di cambiare la situazione (visto che la polizia di Ottawa ha dichiarato di non essere in grado di fronteggiare il grande numero di manifestanti), sia come la volontà di schiacciare il dissenso e chiudere una volta per tutte la partita, dando una sorta di lezione esemplare ai manifestanti in Canada e altrove.

La situazione rimane tesa in tutto il Paese. Nella capitale i partecipanti alla protesta non mostrano alcuna intenzione di cedere. In loro sostegno sono scesi in strada anche veterani dell’esercito canadese.

Un valico di frontiera è stato occupato nel fine settimana a Surrey, in British Columbia, mentre è giunta la notizia un carico di armi intercettato e sequestrato dalla polizia al valico di frontiera di Coutts, in Alberta, tutt’ora bloccato da una protesta. Nel frattempo hanno fatto la loro comparsa gruppi di contro-manifestanti, rabbiosi contro il rumore ed il disagio generato dal Freedom Convoy, che chiedono alle autorità di intervenire.

Qualche crepa si intravvede anche nel Partito Liberal al governo: Joël Lightbound, membro della House Of Commons, ha preso posizione contro alcune restrizioni e ritiene si debba imparare a convivere con il Covid, senza lockdown e passaporti vaccinali.

Il Canada è insomma un Paese più diviso che mai: non più su base linguistica (minoranza francofona contro maggioranza anglofona), ma trasversalmente, con da una parte un governo per niente incline al dialogo, e dall’altra manifestanti forse minoritari ma certamente compatti, rumorosi e determinati, in grado di raccogliere simpatie e fondi in Canada e all’estero.

Con la proclamazione dello stato di emergenza, se approvata dal Parlamento, Trudeau pensa forse di ricompattare il suo seguito, presentandosi finalmente come un “duro” in grado di riportare legge ed ordine. Rischia invece di lacerare ancora di più un Paese già spaccato, cui per un anno si è rivolto insistendo sull’unità nazionale per uscire tutti assieme dall’emergenza Covid, salvo poi adottare un approccio punitivo nei confronti di chi non si è conformato, con norme incomprensibili e difficili da rispettare anche per un popolo paziente e ligio alle regole come quello canadese. 

Fonti: Atlanticoquotidiano e Financial Post

https://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/deriva-autoritaria-in-canada-trudeau-vuole-il-congelamento-extragiudiziale-dei-conti-bancari-dei-manifestanti/

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[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia MC Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di professionisti (insegnanti, economisti, medici, avvocati, ecc.) formatosi con l’unico intento di collaborare per la difesa della libertà di espressione (art. 21 della Costituzione Italiana e art. 11 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea) e per la ricerca e condivisione della verità sui principali argomenti e fatti di rilevanza sia locale che globale]

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16 Febbraio 2022 – Redazione

“Tutti i partiti si stanno impegnandosi a far saltare il governo”. Il retroscena di Dagospia, velenoso, forse non va lontano dalla realtà. Il Consiglio dei ministri dà il via libera alla ricezione della Direttiva Bolkenstein sulle concessioni balneari, aprendo il settore alle gare pubbliche. Federbalneari ha già chiesto un tavolo per aprire una trattativa, Assobalneari parla già di valanga di ricorsi e unaclass action.
La Lega, da sempre contraria alla Bolkenstein, per bocca del sottosegretario al Turismo Gian Marco Centinaio precisa: “Il testo approvato dal Cdm è migliorato rispetto alla proposta iniziale, grazie all’accoglimento di alcune nostre proposte. Ora siamo già al lavoro, anche con le associazioni del settore, per cambiare e migliorare il testo in Parlamento. L’auspicio è farlo insieme al resto del centrodestra: è prioritario tutelare lavoro, investimenti e sacrifici di imprenditori e lavoratori Balneari”. Parole che fanno infuriare il Pd: “Assistiamo ancora una volta a un’inammissibile doppiezza e inaffidabilità della Lega: prima i ministri leghisti approvano il testo in cdm e cinque minuti dopo Matteo Salvini lo rimette in discussione preannunciando presunte migliorie parlamentari”, attacca Antonio Misiani, responsabile Economia del Nazareno.

COS’È LA DIRETTIVA BOLKESTEIN

Approvata nel 2006 e recepita nel 2010, la direttiva Bolkestein, non smette di far discutere da molti anni. Tra i punti più contestati c’è l’obbligo di rimessa al bando per alcune concessioni pubbliche.

Detta anche ‘direttiva servizi’ ha l’obiettivo di eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati e alla libera circolazione dei servizi tra Stati nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà.

 La direttiva Bolkestein è un atto approvato dalla Commissione europea nel 2006 e recepito nell’ordinamento italiano dal governo Berlusconi, nel 2010. Prende il nome da Frits Bolkestein, allora commissario per la concorrenza e il mercato interno. L’obiettivo è favorire la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra i vari Paesi. Frits ha voluto che qualsiasi cittadino appartenente all’Ue possa proporre all’interno dell’Unione Europea la propria attività. La direttiva Bolkestein promuove infine la tutela dei consumatori, l’assicurazione professionale, la risoluzione delle controversie, la collaborazione tra autorità nazionali e la creazione di codici di condotta.

Il decreto Rilancio – governo Conte – ha prorogato le concessioni in scadenza al 2032. La scadenza del posteggio per gli ambulanti era stata quindi rinviata di 12 anni (da fine 2020 a fine 2032), con le procedure in deroga per la concessione di un posto al mercato per coloro i quali sono rimasti esclusi dalla procedura di assegnazione, nei comuni in cui era stata data attuazione alla direttiva Bolkestein.

 Con il dlgs 59/2010 di recepimento della direttiva servizi, cosiddetta ‘Bolkestein‘, era stato previsto il divieto della proroga per le concessioni all’utilizzo, a fini economici, delle aree demaniali. Problema che aveva coinvolto anche le concessioni per gli stabilimenti balneari. La Conferenza unificata, Stato, regioni e comuni, aveva individuato già nel 2012 i parametri che avrebbero dovuto essere impiegati nei bandi per l’assegnazione dei posteggi, con una durata della concessione tuttavia limitata nel tempo, al fine di rispettare le direttive della UE. Direttiva che non è mai stata accettata di buon grado dagli operatori del comparto, dal momento che la normativa di settore che vigeva prima consentiva il rinnovo automatico della concessione.

Ma per l’Agcm va applicata la direttiva Bolkestein e – ha ribadito a febbraio scorso – le norme in contrasto vanno disapplicate. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato si è espressa dopo una richiesta di parere presentata dal sindaco di Roma Virginia Raggi, riguardo alla rilevazione del contrasto di alcune norme con il principio di tutela della concorrenzialità e della libera impresa. La direttiva Bolkestein, ricorda il Comune, impone la messa a bando per tutte le licenze degli ambulanti: una norma sinora derogata in Italia a causa di alcune leggi, che di fatto hanno consentito il rinnovo automatico delle licenze degli ambulanti fino al 2032.

15 Febbraio 2022 – Redazione

La trattativa sui vaccini tramite chiamate e messaggi è venuta a galla grazie al New York Times. Ma Bruxelles si rifiuta di fare chiarezza.

Un caso di “cattiva amministrazione”. Le critiche alla Commissione europea nella gestione del giallo sugli sms scambiati tra la presidente Ursula von der Leyen e il numero uno di Pfizer Albert Bourla arrivano direttamente dalla stessa Ue. Per la precisione, dalla mediatrice europea Emily O’Reilly che ha bocciato il modo in cui l’esecutivo europeo ha risposto alla richiesta di accesso agli atti avanzata da un giornalista. Ma andiamo con ordine. 

Nell’aprile 2021, il quotidiano New York Times ha riportato che la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer avevano trattato tramite “chiamate ed sms” una fornitura di vaccini anti-Covid. Un’indiscrezione che ha spinto il giornalista di Netzpolitik Alexander Fanta a richiedere il pubblico accesso ai messaggi di testo. La Commissione, rispondendo al cronista, ha identificato tre documenti da rendere pubblici – un’e-mail, una lettera e un comunicato stampa – ma non ha offerto alcun chiarimento sugli sms.

Eppure, il regolamento europeo 1049 del 2001 sancisce il diritto del pubblico di accedere ai documenti dell’Ue. Per documento si intende “qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione”. Insomma, gli sms potrebbero rientrare in quest’ampia categoria, ma per fare luce sul caso occorre che la Commissione collabori. 

Per questo la mediatrice europea a settembre è intervenuta sul caso facendo valere la sua funzione: ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell’Unione riguardanti la condotta delle istituzioni Ue e far valere, se fondate, le richieste nei confronti della pubblica amministrazione europea, dal livello più basso al vertice.

Dall’indagine di O’Reilly è emerso che “la Commissione non ha chiesto esplicitamente all’ufficio personale della presidente di cercare messaggi di testo”. Bensì “ha chiesto al suo gabinetto di cercare documenti che soddisfano i criteri interni della Commissione per la registrazione” e “i messaggi di testo non sono attualmente considerati conformi a questi criteri”. In altre parole, l’esecutivo Ue, anziché cercare i messaggi e valutare la rilevanza pubblica delle informazioni contenute, ha escluso arbitrariamente gli sms dal suo campo di ricerca. Di qui l’invito di oggi della mediatrice a “fare una ricerca più ampia sui messaggi rilevanti”.

“Dal modo ristretto in cui è stata trattata questa richiesta di accesso pubblico – ha dichiarato O’Reilly – è chiaro che non è stato fatto alcun tentativo di identificare se esistessero messaggi di testo. Ciò non soddisfa le ragionevoli aspettative di trasparenza e standard amministrativi nella Commissione”, ha sottolineato la mediatrice. A scanso di equivoci, O’Reilly ha inoltre chiarito la sua posizione sugli sms: “I messaggi di testo rientrano nella legge sulla trasparenza dell’Ue e quindi quelli pertinenti dovrebbero essere registrati. Non è credibile affermare il contrario”. 

“Se i messaggi di testo riguardano le politiche e le decisioni dell’Ue, dovrebbero essere trattati come documenti dell’Ue” e dunque essere resi pubblici su richiesta di un cittadino, se ci sono le condizioni per farlo. “L’accesso ai documenti dell’Ue è un diritto fondamentale”, ha concluso O’Reilly. 

Dopo le critiche della mediatrice Ue, la Commissione ha dovuto affrontare una serie di domande della stampa di Bruxelles durante il consueto briefing di mezzogiorno. Nello scambio di oltre 18 minuti su questo tema, i portavoce di von der Leyen si sono limitati a promettere una risposta alla mediatrice, rifiutandosi di smentire o confermare l’esistenza dei messaggi, che – a questo punto – potrebbero già essere stati eliminati dai dispositivi usati da von der Leyen. Il giallo continua.

Fonte: EuropaToday