Il fascicolo ipotizza il reato di omicidio colposo. Cantone: Trinca «risultava, da altre indagini, destinatario di esenzione da vaccino»
La Procura della Repubblica di Perugia ha aperto un fascicolo sulla morte del biologo no vax Franco Trinca, recentemente deceduto all’ospedale di Città di Castello dopo alcuni giorni di ricovero. Il fascicolo ipotizza il reato di omicidio colposo. Eseguita a Roma l’autopsia, esame irripetibile che ha l’obiettivo, come spiega il procuratore di Perugia, Raffaele Cantone, di accertare con esattezza le cause del decesso di Trinca, tra i fondatori del movimento «Uniti per la libera scelta» che riunisce diverse associazioni contrarie al vaccino anti covid. Trinca «risultava, da altre indagini, destinatario di esenzione da vaccino».
«L’accertamento si è reso necessario per comprendere se le situazioni che avevano giustificato l’esenzione fossero effettive e, in caso contrario, se il decesso, eventualmente riconducibile al Covid, potesse essere riconducibile all’omessa somministrazione», conclude il procuratore Cantone. Nel frattempo, i carabinieri del Nas di Perugia hanno acquisito la cartella del biologo deceduto lo scorso 4 febbraio.
Rientra da Bruxelles prima del previsto, la convocazione per la cabina di regia arriva tardi, appena un’ora prima dell’appuntamento. I capi delegazione arrivano a Palazzo Chigi alla spicciolata, convinti che sul tavolo ci sia la discussione sul decreto energia contro i rincari delle bollette, atteso in un Consiglio dei ministri che si terrà nella giornata di oggi. Mario Draghi, prima di incontrarli, sale al Quirinale per vedere Sergio Mattarella. Ma tutti i capofila dei partiti di maggioranza credono che, con l’escalation della crisi ucraina, stia facendo il punto sul dossier col Presidente della Repubblica. Invece il premier sale al Colle per riportare al Capo dello Stato i suoi dubbi, dopo l’incidente nella notte che ha visto il governo andare sotto ben 4 volte nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera sul decreto Milleproroghe.
Dunque Draghi rientra a Palazzo Chigi e affronta i capi delegazione a viso aperto. Indigesto l’incidente sul Milleproroghe, ma scontento -il premier- anche per gli ostacoli incontrati dai provvedimenti sulla concorrenza, sugli appalti, sulla delega fiscale. Li snocciola uno a uno, pracconta più di un presente. “Il governo è nato per fare le cose, è stato voluto dal Presidente Mattarella con questo obiettivo“, scandisce, come riportano diverse fonti all’Adnkronos. In sala cala il gelo. Dieci secondi di silenzio interminabili.
Draghi va avanti col solito piglio deciso. Siamo qui per fare le cose o non si va avanti, lascia intendere chiedendo rassicurazioni, affinché quanto avvenuto nella notte non riaccada più. I voti in Parlamento non devono e non possono mancare. Tradotto, la maggioranza deve garantire il sostegno ai provvedimenti dell’esecutivo. Richiama all’idealismo ma anche al realismo, Draghi, due cardini necessari per fare le cose. Dopo aver incassato il colpo, i capi delegazione sollevano una questione di metodo. Perché c’è malcontento sulla gestione dei dossier, con i provvedimenti che arrivano sul tavolo, spesso, solo a Consiglio dei ministri in corso. “Così gli incidenti diventano inevitabili”, dice più d’uno.
Non intende tirare a campare
Ma Draghi non ci sta. Ricorda il grande coinvolgimento che ha accompagnato il varo della legge di bilancio, eppure – ricorda – le critiche fioccarono ugualmente. Sembra essersi rotto qualcosa. Mai come ieri sera il piano appare inclinato. E più di un presente teme che si vada a sbattere, che dopo la delusione dei Quirinale Draghi sia stanco di mediare. “Di certo non intende tirare a campare… – osserva un ministro – qui son ca..i amari per tutti”.
DRAGHI FURIOSO…..TE NE DEVI FARE UNA RAGIONE…HAI PERSO! CONTINUA A FARE L’ARROGANTE…E VEDRAI CHE, A BREVE, DOVRAI LECCARTI LE FERITE…
Il primo ministro israeliano ha annunciato la fine del green pass vaccinale, lasciando praticamente solo l’Italia a finire il suo ruolo di cavia mondiale di Big Pharma Usa. Il primo ministro israeliano Naftali Bennett ha annunciato giovedì 17 febbraio che l’obbligo di mostrare il lasciapassare quale prova dell’avvenuta vaccinazione per accedere in vari siti sarà presto revocato, mentre l’ondata di contagi diminuisce sensibilmente.
Israele era stato uno dei primi pionieri, (laboratorio cavia mondiale) di una massiccia campagna vaccinale e tra i primi paesi a richiedere un certificato di vaccinazione, che ha chiamato il pass verde, (il super green pass italiano) per entrare in una serie di strutture. Bennett ha detto che con un chiaro calo sia del numero di casi gravi di Covid che del numero di infezioni confermate, rappresenta un “buon momento” per eliminare l’obbligo di passaporto vaccinale. Il green pass ha permeato la vita israeliana per gran parte dell’anno scorso, obbligatorio per entrare in bar, ristoranti, alberghi, palestre e luoghi di culto, tra gli altri siti. Nonostante la falsa narrazione comparativa dei media italiani tra Italia e Israele, non è mai stato impedito ai non vaccinati di lavorare o prendere mezzi di trasporto pubblici, né li si è lasciato senza mezzi di sostentamento. Migliaia di israeliani si sono riversati a Gerusalemme da tutto il paese lunedì 14 febbraio in un “convoglio per la libertà” contro le restrizioni del coronavirus, che rispecchiava simili proteste di blocco del traffico in Canada, in Francia e in tutto il mondo. I manifestanti hanno suonato i clacson delle loro auto e sventolato bandiere canadesi e israeliane mentre si dirigevano verso la sede del governo israeliano. Da quando è entrato in carica nel giugno dello scorso anno, Bennett ha promesso di mettere la salute dell’economia israeliana in prima linea nella sua risposta alla pandemia, insistendo sul fatto che lo avrebbe fatto, che non avrebbe soffocato gli affari con restrizioni draconiane. ( Forse intendeva dire dragoniane….). Il suo governo aveva già iniziato all’inizio di questo mese a rivedere i requisiti del certificato sanitario, limitando i siti in cui era obbligatorio. Quando fu per la prima volta rilevata la variante Omicron, Bennett ha però ordinato la chiusura del Paese ai viaggi per e da Israele, dicendo che il paese doveva prepararsi per l’ondata in arrivo. “Siamo stati i primi ad agire e chiudere i cieli con l’inizio dell’ondata. Ora stiamo gradualmente allentando le restrizioni”, ha dichiarato il premier in una dichiarazione. Il mese scorso, in alcuni giorni, Israele ha visto più di 80.000 nuovi casi di Covid, dimostrando come nel caso dell’Italia di Speranza l’inutilità assoluta del Green Pass.
Dopo il voto favorevole del Senato di sei giorni fa, arriva così la definitiva conversione in legge con l’attesa approvazione della Camera. In quedto contesto hanno protestat dei deputati di “Alternativa C’è”, ex grillini, che hanno esposto dei cartelli con la scritta “Draghi contro lavoro e salute”.
Nel testo sono presenti tutte le regole già in vigore, a cui si aggiungono solamente due modifiche arrivate al Senato, nonostante il parere contrario del governo. La prima è la cancellazione dell’obbligo di Green pass rafforzato (che si ottiene con la vaccinazione o la guarigione) per i trasferimenti da e per le isole. Per accedere ai mezzi di collegamento per Sicilia, Sardegna ed isole minori, quindi, basta il Green pass base (che si ottiene anche con un tampone negativo). La seconda è l’ok allo svolgimento, in zona bianca, delle feste popolari e delle manifestazioni culturali all’aperto (anche in modalità itinerante e in forma dinamica).
Semaforo verde, anche per l’ordine del giorno di Manfredi Potenti, deputato della Lega. L’odg impegna il governo a valutare lo stato della curva pandemica per eliminare l’obbligo di Green pass rafforzato per gli studenti over 12 che utilizzano i mezzi pubblici. «Ci sono le condizioni sanitarie – spiega Potenti- per dare una risposta immediata alle esigenze dei nostri ragazzi che sono in possesso di Green pass base. Attualmente il quadro complessivo della situazione epidemiologica è infatti in miglioramento in tutto il Paese, non è accettabile mantenere provvedimenti limitanti che vanno a svantaggio al diritto allo studio».
Insieme a questo è stato approvato, inoltre, l’ordine del giorno della deputata di Coraggio Italia Manuela Gagliardi, che impegna l’esecutivo a valutare modifiche alle restrizioni in ingresso in Italia ai turisti provenienti dall’Unione Europea.
E’ fissata per il prossimo 25 febbraio una riunione straordinaria della commissione tecnico scientifica dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e, secondo quanto si apprende, in quella occasione dovrebbe essere esaminata la possibilità di autorizzare la quarta dose del vaccino covid ai soggetti fragili. L’esame dei dati sarà avviato in seguito alla richiesta del Ministero della Salute. Alcune regioni, come il Piemonte, avevano già posto la questione al Ministero.
Dopo una nota del Ministero della Salute notificata alla Regione Piemonte la scorsa settimana, erano stati convocati 58.000 piemontesi con immunodepressione che avevano ricevuto la terza dose da oltre 120 giorni. Sabato 12 febbraio, però, c’era stato il dietrofront del Ministero in quanto non era ancora pervenuta alcuna autorizzazione alla quarta dose da parte delle autorità preposte, Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ed AIFA. Nel frattempo il pasticcio era già stato consumato perché alcuni “fragili” convocati avevano già ricevuto la quarta dose. L’assenza di un parere sulla quarta dose ha portato per ora il Governo a rendere illimitato il green pass ma con la quarta dose la scadenza illimitata verrebbe meno.
Gli avevano cancellato il profilo social per un link relativo al Covid19 che era stato considerato da Facebook lesivo del regolamento, il collegamento postato avrebbe infatti sminuito la pericolosità della pandemia con dati non reali. Il ricorso presentato da Emanuele Compagno, 41 anni, avvocato veneziano, tuttavia, ha fatto tornare indietro sui suoi passi il colosso dei social media, vincendo la causa. «Il mio assistito, un cittadino di Camponogara, dall’oggi al domani ha visto improvvisamente sparire il suo profilo che aveva da 14 anni – dice Compagno- aveva anche scritto a Facebook per chiedere la ragione di questa scelta ma non ha mai ricevuto risposta. Ha deciso così di seguire le procedure ufficiali e si è rivolto a me».
La strategia difensiva
In un primo momento la procedura di contestazione aveva avuto una battuta d’arresto perché il giudice aveva rigettato l’istanza. «Abbiamo impugnato l’esito di fronte al collegio e abbiamo ottenuto giustizia – continua Compagno – non è stato facile. Noi eravamo “disarmati”, ci avevano chiuso il profilo, quindi non avevamo accesso ai post incriminati. E poi si tratta di un colosso internazionale, con una copertura legale importante». A segnare il discrimine per la «vittoria» sarebbe stata anche l’attribuzione di competenza al tribunale italiano. «Secondo i legali di Facebook sarebbe stato necessario spostarsi in Irlanda – continua Compagno – perché è lì che vengono risolti i contenziosi che riguardano professionisti della comunicazione online. Il mio assistito tuttavia è certamente un consumatore ma non un professionista. Gestisce qualche social per gli amici ma ha un altro lavoro. È rimasto quindi di competenza del tribunale italiano. Quello che abbiamo sostenuto è che se anche ci fosse stata violazione – che noi contestiamo – la cancellazione del profilo non sarebbe stata certamente la strada. Abbiamo sostenuto di essere di fronte a un abuso del diritto che ledeva relazioni personali e il diritto di parola».
La mora
I giudici veneziani, Silvia Barison (giudice relatore), Silvia Franzoso e Carlo Azzolini hanno deliberato in favore di questa richiesta stabilendo contemporaneamente gli «astraints» e cioè una mora da pagare per il colosso dei social per ogni giorno in cui il profilo non tornerà online (100 euro al giorno). «Il provvedimento è stato notificato il 15 febbraio – continua Compagno – ora staremo a vedere».
Abolizione del Green Pass, c’è una data. Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, l’orientamento del presidente del Consiglio Mario Draghi – sempre che non ci sia un nuovo peggioramento della situazione epidemiologica – è quello di togliere ogni tipo di restrizione a partire dal primo aprile, ovvero all’indomani della scadenza dello stato di emergenza, prevista per il 31 marzo (misura che non verrà rinnovata). Lo scenario europeo e internazionale va nella direzione di superare le misure anti-Covid e anche in Italia la pressione su Palazzo Chigi è fortissima.
Cosa dicono i partiti
La Lega, come ha spiegato lo stesso Matteo Salvini ad Affaritaliani.it, chiede che il Green Pass venga eliminato addirittura da subito. Anche Fratelli d’Italia è sulla stessa posizione. Nel Movimento 5 Stelle ci sono numerosi voci che puntano all’abolizione del certificato verde da subito, tanto che si parla di un ordine del giorno che comunque non è condiviso da Giuseppe Conte, che durante l’assemblea dei parlamentari pentastellati ha affermato: «Dire che siamo fuori dalla pandemia non è proprio corretto, stiamo transitando nella fase dell’endemia. È una prospettiva che ci conforta ma dobbiamo essere tutti d’accordo che non possiamo smantellare le misure di precauzione e protezione sin qui adottate» (Beppe Grillo però spinge per la fine delle restrizioni). Perfino nel Pd emergono voci di un superamento delle misure di contenimento, così come in Forza Italia. Resta il muro del ministro della Salute Roberto Speranza, che vorrebbe un allentamento graduale a partire dal primo aprile per poi arrivare all’abolizione all’inizio dell’estate.
Ma questa volta Speranza rischia di finire isolato. Anche perché l’Italia non può perdere i turisti stranieri e in particolare europei, soprattutto per il ponte di Pasqua (17-18 aprile). Il settore è stato tra i più colpiti da due anni di pandemia e si punta sul 2022 come anno della ripresa. L’ipotesi più probabile, al momento, è quella della fine del Green Pass, ovviamente anche sui luoghi di lavoro, dal primo aprile. L’obbligo dell’uso della mascherina, già caduto all’aperto da venerdì scorso, resterà in vigore solamente in caso di particolare affollamento in ambienti chiusi, come possono essere ad esempio le classi scolastiche o le discoteche. Resterà ovviamente l’invito a completare il ciclo vaccinale con la terza dose per chi ancora non ha fatto il booster, ma senza più penalizzazioni, scrive Affari Italiani.
La lotta al contante sta iniziando a mietere le prime vittime: all’orizzonte infatti ci sono pesanti rincari per i prelievi dagli sportelli Bancomat. Tra qualche settimana – spiega Qui Finanza – anche ritirare soldi dalla banca potrebbe costare di più: “È tutto nelle mani dell’Antitrust, che entro il 29 aprile dovrà pronunciarsi sul nuovo sistema di commissioni avanzato dalla società che gestisce i circuiti Bancomat e Pagobancomat. La Bancomat spa ha infatti proposto, in poche parole, di fare stabilire in autonomia ad ogni banca il prezzo delle commissioni sul prelievo di denaro contante dagli sportelli Atm istituti di cui non si è clienti. Secondo le nuove regole presentate dalla società, che fa capo ai maggiori istituti di credito, il prezzo delle operazioni dovrebbe arrivare fino a un massimo di 1,5 euro”.
L’Autorità garante ha avviato a dicembre 2020 un’istruttoria per verificare il rispetto dei principi di concorrenza e trasparenza del piano di Bancomat spa, modificato nel frattempo a luglio 2021, sul quale hanno acceso un faro anche le associazioni dei consumatori. “Come spiega Altroconsumo, ad oggi per prelevare contanti presso tutti gli sportelli automatici di tutte le banche aderenti al circuito Bancomat il cliente può pagare la commissione interbancaria che non supererà comunque la cifra di 0,49 euro. Si tratta di un contributo che l’istituto che ha emesso la carta, quello che viene definito ‘issuer’, paga alla banca proprietaria dello sportello automatico (definita invece ‘acquirer’) in cui viene effettuato il prelievo”.
Al momento l’ammontare della commissione è stabilito dal contratto firmato dal cliente, in una spesa di solito fissa e non proporzionale alla somma ritirata. Continua Qui Finanza: “In certi casi l’utente può avere a disposizione un certo numero di prelievi gratuiti. Se dovesse arrivare il via libera sulla proposta di Bancomat spa, la commissione interbancaria sparirà e per ritirare il denaro contante da una banca diversa dalla propria, il cliente potrebbe pagare una commissione non più decisa con la sottoscrizione del conto corrente, ma stabilita dall’istituto proprietario dello sportello automatico nella cui viene effettuata l’operazione”.
Le cifre? “Si tratta di di circa 150 milioni l’anno su un totale di 500 milioni di prelievi complessivi. Sarebbe complicato per l’utente capire quanto verrebbero a costare i prelievi nelle banche diverse dalla propria, a meno che non si vadano a controllare le condizioni applicate dai singoli istituti. Secondo l’associazione Altroconsumo sarebbero diverse le motivazioni, fatte presenti all’Antitrust, che renderebbero questo sistema svantaggioso sia per i clienti che per i piccoli istituti di credito”. Speriamo dunque che non vada in porto, dando un’altra mazzata ai cittadini.
Pesaro: gli era stato vietato di accedere ai tavoli del Centro diurno ‘Il Gabbiano’ per il pranzo Il suo avvocato ha presentato ricorso e ieri è arrivata l’ordinanza: “Provvedimento illegittimo”.
Gli avevano vietato di mangiare in mensa perché senzagreen pass. Ieri, l’ordinanza del giudice Davide Storti ha dichiarato illegittimo quel provvedimento e lo ha così riammesso a sedersi a tavola accanto ai suoi compagni.
È la vicenda che riguarda Antonio, un 30enne autistico, che frequenta la struttura “Il gabbiano” di Pesaro, gestita dalla cooperativa “Il Labirinto”. Il suo legale, l’avvocato Pia Perricci, ha fatto ricorso contro quell’esclusione e il giudice le ha dato ragione.
Tutto comincia il 27 novembre scorso, quando, sulla base di una direttiva dell’Asur, i gestori de “Il gabbiano” fanno presente ad Antonio e alla sua mamma, che non può più mangiare nella mensa del centro diurno perché non aveva il green pass.
“Il mio assistito – spiega il legale – non è stato vaccinato contro il Covid. I suoi genitori hanno paura che possa provocargli reazioni gravi. In più, vista la difficoltà di fargli i tamponi, la struttura aveva deciso di fare il test ai genitori ogni 15 giorni. In questo modo, Antonio mangiava in mensa con tutti gli altri. Fino a quando arriva la direttiva dell’Asur che lo lascia fuori”.Una decisione che “non ha un fondamento – continua – Quella del green pass per noi è una richiesta illegittima”.
Partono le prime carte bollate. “Faccio una diffida ad Area vasta e Labirinto, ma non succede nulla. Antonio continua a essere escluso dalla mensa”. Non resta che arrivare alla linea dura. “Presento ricorso – continua – e ieri il giudice Storti ci ha dato ragione. Nella sua ordinanza, ha detto chiaramente che sono illegittimi i provvedimenti che richiedono agli utenti dei centri socio sanitari il possesso del green pass per entrare nelle mense. Ha spiegato che hanno erroneamente applicato la normativa prevista per i dipendenti delle mense e dei servizi catering. Ma in questo caso non si tratta di lavoratori, ma di utenti, proprio come lo è Antonio e tutti quelli come lui”.
Da oggi quindi Antonio torna in mensa. “Sono contenta che finalmente si stiano riconoscendo i diritti alla persona – conclude Perricci – Lo stesso giudice parla di lesione di diritti. Non è intenzione della mia cliente né mia di chiedere risarcimento danni per il periodo in cui è stato allontanato. Penso però che questa decisione potrebbe applicarsi anche alle mense e biblioteche universitarie dove gli studenti per ora possono entrare solo col green pass. Aggiungo che questa decisione dimostra che non bisogna avere paura ad andare in tribunale perché c’è sempre qualche giudice disposto ad ascoltare”.
Canada – Nella conferenza stampa tenutasi lunedì 14 febbraio (vedi: ⤵️ https://www.mercurius5.it/wp-admin/post.php?post=31329&action=edit il premier Justin Trudeau ha invocato il ricorso allo stato di emergenza, che conferisce alle forze di polizia poteri speciali in fatto di multe, arresti, e sequestri di veicoli, per porre termine agli assembramenti in cui si verifichino attività illegali, come blocchi di infrastrutture ed occupazioni.
Si autorizzerebbe, inoltre, il congelamento extragiudiziale dei conti corrente dei manifestanti. L’intento è ovviamente quello di colpire le manifestazioni di protesta iniziate con il Freedom Convoy dei camionisti contro l’obbligo di quarantena per gli autotrasportatori non vaccinati, che a distanza di ormai tre settimane continuano ad occupare il centro di Ottawa.
La parola ora passa alle due camere del Parlamento, chiamate al voto entro 7 giorni. Scontato il sì del partito di sinistra NDP, da tempo sostenitore delle limitazioni ai danni dei non vaccinati.
Uno sviluppo sorprendente solo fino ad un certo punto, visto che nei mesi precedenti Trudeau aveva più volte criminalizzato coloro che hanno legittimamente scelto di non vaccinarsi, bollandoli come misogini, razzisti ed estremisti di destra (strano che non abbia usato direttamente il termine fascisti), sostenendo la necessità in qualche modo di punirli con restrizioni in virtù delle loro scelte “sbagliate”.
Dopo il panico iniziale all’arrivo del Freedom Convoy, con la fuga precipitosa in una località segreta, poi giustificata con la necessità di rimanere in isolamento nonostante un test Covid negativo, Trudeau ha deciso di reagire, forse anche per rispondere alle accuse del fronte opposto (a partire dall’NPD) di mostrarsi passivo e debole di fronte a violazioni della legalità. Critici invece i Conservatori, che rimproverano al premier di essere divisivo.
Prima gli inviti a far terminare la manifestazione illegale, poi l’intervento della polizia a sgombrare il blocco sull’Ambassador Bridge, il posto di frontiera tra Canada e Stati Uniti vitale per il commercio nordamericano, hanno segnato un costante aumento della tensione. Infine la decisione del premier di ricorrere allo stato di emergenza, un fatto senza precedenti nel tranquillo ed a tratti noioso Paese degli aceri.
Non è stata da meno Chrystia Freeland, potente ministro delle finanze del governo Trudeau e sua possibile erede alla guida del Partito Liberal. Freeland, ben introdotta nel World Economic Forum di Klaus Schwab, bestia nera di molti contestatori nel mondo, ha aggiunto un tassello importante alle dichiarazioni di Trudeau: con lo Emergencies Act, le piattaforme di crowfunding dovranno registrarsi presso FINTRAC (Financial Transactions and Reports Analysis Centre of Canada), ossia l’intelligence finanziaria canadese, adibita al controllo ed al tracciamento dei pagamenti per capire chi paga chi, come e perché. Si tratta nei fatti di un allargamento delle normative anti-riciclaggio e di contrasto al terrorismo, che verranno applicate anche alle transazioni in criptovalute.
In sostanza, i manifestanti e chi li finanzia trattati come criminali. Peggio, come terroristi. Le stesse disposizioni infatti autorizzano le banche canadesi a congelare i conti correnti dei camionisti coinvolti nelle proteste o anche i conti delle persone sospettate di finanziare le attività del Freedom Convoy, in quanto definite illegali, senza attendere una pronuncia in tal senso dei tribunali. Quindi, una pena extragiudiziale motivata dal dissenso politico.
La mossa del governo Trudeau potrebbe leggersi sia come un tentativo disperato di cambiare la situazione (visto che la polizia di Ottawa ha dichiarato di non essere in grado di fronteggiare il grande numero di manifestanti), sia come la volontà di schiacciare il dissenso e chiudere una volta per tutte la partita, dando una sorta di lezione esemplare ai manifestanti in Canada e altrove.
La situazione rimane tesa in tutto il Paese. Nella capitale i partecipanti alla protesta non mostrano alcuna intenzione di cedere. In loro sostegno sono scesi in strada anche veterani dell’esercito canadese.
Un valico di frontiera è stato occupato nel fine settimana a Surrey, in British Columbia, mentre è giunta la notizia un carico di armi intercettato e sequestrato dalla polizia al valico di frontiera di Coutts, in Alberta, tutt’ora bloccato da una protesta. Nel frattempo hanno fatto la loro comparsa gruppi di contro-manifestanti, rabbiosi contro il rumore ed il disagio generato dal Freedom Convoy, che chiedono alle autorità di intervenire.
Qualche crepa si intravvede anche nel Partito Liberal al governo: Joël Lightbound, membro della House Of Commons, ha preso posizione contro alcune restrizioni e ritiene si debba imparare a convivere con il Covid, senza lockdown e passaporti vaccinali.
Il Canada è insomma un Paese più diviso che mai: non più su base linguistica (minoranza francofona contro maggioranza anglofona), ma trasversalmente, con da una parte un governo per niente incline al dialogo, e dall’altra manifestanti forse minoritari ma certamente compatti, rumorosi e determinati, in grado di raccogliere simpatie e fondi in Canada e all’estero.
Con la proclamazione dello stato di emergenza, se approvata dal Parlamento, Trudeau pensa forse di ricompattare il suo seguito, presentandosi finalmente come un “duro” in grado di riportare legge ed ordine. Rischia invece di lacerare ancora di più un Paese già spaccato, cui per un anno si è rivolto insistendo sull’unità nazionale per uscire tutti assieme dall’emergenza Covid, salvo poi adottare un approccio punitivo nei confronti di chi non si è conformato, con norme incomprensibili e difficili da rispettare anche per un popolo paziente e ligio alle regole come quello canadese.
Fonti: Atlanticoquotidiano e Financial Post
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