14 novembre 2021 – di Redazione Co.Te.L.I
Tutti gli over 30 vaccinati nel Regno Unito ora sopportano tassi di infezione molto più alti delle loro controparti non vaccinate. Tuttavia, questo non ci dice nulla su come questo sia successo, o su come possa evolvere. Qui ripresentiamo i dati dell’agenzia in una serie temporale, per promuovere una migliore comprensione delle tendenze e delle implicazioni.
Il Regno Unito ha per lo più vaccinato la sua popolazione in ordine di età, dal più vecchio al più giovane, e molto recentemente ha iniziato a vaccinare la sua coorte sotto i 18 anni. Essendo i più recenti vaccinati nel Regno Unito, hanno un grado molto alto di resistenza all’infezione da Covid:
Le persone appena vaccinate vediamo che beneficiano di un miglioramento del 90% nei loro tassi di infezione, il che significa che la loro incidenza di casi è 10 volte migliore di quella delle loro controparti non vaccinate. Questo dato, che è senza dubbio positivo, fa però sorgere la domanda su quanto possa durare questo alto grado di protezione, e la risposta, purtroppo, è che sembri non durare per molto tempo:
Il precedente gruppo di età del Regno Unito ad essere vaccinato è stato quello dai 18 ai 29 anni, la metà dei quali è stata vaccinata completamente circa 9 settimane fa. Anche se ancora stanno meglio rispetto ai non vaccinati della stessa fascia d’età, hanno però perso la maggior parte della loro resistenza relativa all’infezione. Continuando così è plausibile presupporre che alla 12esima settimana quel beneficio sarà completamente scomparso.
Il gruppo di età che è stato vaccinato ancora prima è stato quello dai 30 ai 39 anni. La metà di essi era completamente vaccinata intorno alla 27a settimana, e già alla 39a settimana (di nuovo circa 12 settimane dopo) aveva perso la sua maggiore resistenza all’infezione. Almeno per queste due categorie, sembra dunque che la loro resistenza indotta dal vaccino sia stata ridotta a zero in meno di 3 mesi.
Sfortunatamente, non finisce qua…; analizzando i dati si vede che, man mano che il tempo passa, i vaccinati scendono sempre più in “zona” negativa, ovvero sono sempre meno resistenti al contagio, il che può portare a chiederci come stiano facendo ora tutte le persone vaccinate per prime…
In termini di vulnerabilità alle infezioni, la risposta purtroppo non è buona ⤵️
I dati di resistenza all’infezione dell’intera comunità di persone vaccinate dai 40 ai 79 anni sono, infatti, profondamente negativi, in particolare sono adesso sotto il 50%, il che significa che soffrono più del doppio del tasso di infezione rispetto alle loro controparti non vaccinate, e tale trend sembra non arrestarsi, anzi…. Data la tendenza costante e fortemente negativa per tutte le coorti di adulti, è impossibile indovinare dove o quando queste traiettorie potrebbero raggiungere il fondo.
Ma tale tendenza è il risultato di una maggiore vulnerabilità tra i vaccinati? Oppure si sta sviluppando una maggiore resistenza tra i non vaccinati? La risposta sembra stare in entrambe le cose 👇
Gli adulti non vaccinati stanno godendo di tassi di infezione significativamente più bassi, mentre gli adulti vaccinati stanno chiaramente andando nella direzione opposta ⤵️
Tutto ciò porta inevitabilmente alla domanda: “perché i vaccinati devono subire tassi crescenti di infezione, mentre i tassi di casi nei non vaccinati sono sempre più bassi?” Ciò che era più plausibile aspettarsi era infatti che i vaccinati se la dovessero passare meglio…, certamente non peggio. Tuttavia questo è proprio ciò che accade: ⤵️
Come si giustifica tutto questo? Probabilmente l’infezione tra i non vaccinati ha indotto una forte immunità naturale che porta alla loro immunità di gregge. Ma anche i vaccinati sono stati infettati, e, almeno per ciò che concerne i soggetti dai 40 ai 79 anni, in percentuali molto più alte. Perché allora questo non dovrebbe beneficiare anche i vaccinati? Dobbiamo forse dedurre che l’infezione post-vaccinazione potrebbe non produrre un’immunità ampia simile?
La vaccinazione mira ad alterare la risposta immunitaria post-infezione, che è, ovviamente, l’obiettivo; è concepibile che questa risposta alterata possa mettere a tacere lo sviluppo di un’immunità ampia e duratura che altrimenti risulta normalmente dall’infezione naturale. Questo potrebbe lasciare i vaccinati più esposti alla reinfezione, e potrebbe aiutare a spiegare questi risultati. Ma questa rimane una semplice congettura…, semplicemente ad oggi ancora non lo sappiamo.
Quello che invece sappiamo con certezza, dai dati del Regno Unito, è che chiunque sia stato vaccinato più di qualche mese fa ha adesso un rischio molto più alto di infezione da Covid, ed è quindi molto più probabile che venga infettato rispetto alle controparti non vaccinate.
Leggi il rapporto: ⤵️
Molto è stato detto e scritto per dimostrare che i vaccinati sono ugualmente capaci di trasmettere il Covid. Tuttavia, poiché i loro sintomi tendono ad essere più lievi, è anche più probabile che siano in giro e con l’aumento dei tassi di infezione, non c’è dubbio che i vaccinati sono ora il maggior rischio di trasmissione del Covid.
Alla luce di ciò, i passaporti di vaccinazione sono chiaramente privi di significato; anzi, non sono altro che un invito al contagio, per il quale non può più esserci alcuna giustificazione.
Fonte/Source:⤵️
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[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]
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