15 Febbraio 2022 – Redazione
La trattativa sui vaccini tramite chiamate e messaggi è venuta a galla grazie al New York Times. Ma Bruxelles si rifiuta di fare chiarezza.
Un caso di “cattiva amministrazione”. Le critiche alla Commissione europea nella gestione del giallo sugli sms scambiati tra la presidente Ursula von der Leyen e il numero uno di Pfizer Albert Bourla arrivano direttamente dalla stessa Ue. Per la precisione, dalla mediatrice europea Emily O’Reilly che ha bocciato il modo in cui l’esecutivo europeo ha risposto alla richiesta di accesso agli atti avanzata da un giornalista. Ma andiamo con ordine.
Nell’aprile 2021, il quotidiano New York Times ha riportato che la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer avevano trattato tramite “chiamate ed sms” una fornitura di vaccini anti-Covid. Un’indiscrezione che ha spinto il giornalista di Netzpolitik Alexander Fanta a richiedere il pubblico accesso ai messaggi di testo. La Commissione, rispondendo al cronista, ha identificato tre documenti da rendere pubblici – un’e-mail, una lettera e un comunicato stampa – ma non ha offerto alcun chiarimento sugli sms.
Eppure, il regolamento europeo 1049 del 2001 sancisce il diritto del pubblico di accedere ai documenti dell’Ue. Per documento si intende “qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione”. Insomma, gli sms potrebbero rientrare in quest’ampia categoria, ma per fare luce sul caso occorre che la Commissione collabori.
Per questo la mediatrice europea a settembre è intervenuta sul caso facendo valere la sua funzione: ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell’Unione riguardanti la condotta delle istituzioni Ue e far valere, se fondate, le richieste nei confronti della pubblica amministrazione europea, dal livello più basso al vertice.
Dall’indagine di O’Reilly è emerso che “la Commissione non ha chiesto esplicitamente all’ufficio personale della presidente di cercare messaggi di testo”. Bensì “ha chiesto al suo gabinetto di cercare documenti che soddisfano i criteri interni della Commissione per la registrazione” e “i messaggi di testo non sono attualmente considerati conformi a questi criteri”. In altre parole, l’esecutivo Ue, anziché cercare i messaggi e valutare la rilevanza pubblica delle informazioni contenute, ha escluso arbitrariamente gli sms dal suo campo di ricerca. Di qui l’invito di oggi della mediatrice a “fare una ricerca più ampia sui messaggi rilevanti”.
“Dal modo ristretto in cui è stata trattata questa richiesta di accesso pubblico – ha dichiarato O’Reilly – è chiaro che non è stato fatto alcun tentativo di identificare se esistessero messaggi di testo. Ciò non soddisfa le ragionevoli aspettative di trasparenza e standard amministrativi nella Commissione”, ha sottolineato la mediatrice. A scanso di equivoci, O’Reilly ha inoltre chiarito la sua posizione sugli sms: “I messaggi di testo rientrano nella legge sulla trasparenza dell’Ue e quindi quelli pertinenti dovrebbero essere registrati. Non è credibile affermare il contrario”.
“Se i messaggi di testo riguardano le politiche e le decisioni dell’Ue, dovrebbero essere trattati come documenti dell’Ue” e dunque essere resi pubblici su richiesta di un cittadino, se ci sono le condizioni per farlo. “L’accesso ai documenti dell’Ue è un diritto fondamentale”, ha concluso O’Reilly.
Dopo le critiche della mediatrice Ue, la Commissione ha dovuto affrontare una serie di domande della stampa di Bruxelles durante il consueto briefing di mezzogiorno. Nello scambio di oltre 18 minuti su questo tema, i portavoce di von der Leyen si sono limitati a promettere una risposta alla mediatrice, rifiutandosi di smentire o confermare l’esistenza dei messaggi, che – a questo punto – potrebbero già essere stati eliminati dai dispositivi usati da von der Leyen. Il giallo continua.
Fonte: EuropaToday