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‘SANITÀ’ Category

15 Febbraio 2022 – Redazione

La trattativa sui vaccini tramite chiamate e messaggi è venuta a galla grazie al New York Times. Ma Bruxelles si rifiuta di fare chiarezza.

Un caso di “cattiva amministrazione”. Le critiche alla Commissione europea nella gestione del giallo sugli sms scambiati tra la presidente Ursula von der Leyen e il numero uno di Pfizer Albert Bourla arrivano direttamente dalla stessa Ue. Per la precisione, dalla mediatrice europea Emily O’Reilly che ha bocciato il modo in cui l’esecutivo europeo ha risposto alla richiesta di accesso agli atti avanzata da un giornalista. Ma andiamo con ordine. 

Nell’aprile 2021, il quotidiano New York Times ha riportato che la presidente della Commissione e l’amministratore delegato di Pfizer avevano trattato tramite “chiamate ed sms” una fornitura di vaccini anti-Covid. Un’indiscrezione che ha spinto il giornalista di Netzpolitik Alexander Fanta a richiedere il pubblico accesso ai messaggi di testo. La Commissione, rispondendo al cronista, ha identificato tre documenti da rendere pubblici – un’e-mail, una lettera e un comunicato stampa – ma non ha offerto alcun chiarimento sugli sms.

Eppure, il regolamento europeo 1049 del 2001 sancisce il diritto del pubblico di accedere ai documenti dell’Ue. Per documento si intende “qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione”. Insomma, gli sms potrebbero rientrare in quest’ampia categoria, ma per fare luce sul caso occorre che la Commissione collabori. 

Per questo la mediatrice europea a settembre è intervenuta sul caso facendo valere la sua funzione: ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell’Unione riguardanti la condotta delle istituzioni Ue e far valere, se fondate, le richieste nei confronti della pubblica amministrazione europea, dal livello più basso al vertice.

Dall’indagine di O’Reilly è emerso che “la Commissione non ha chiesto esplicitamente all’ufficio personale della presidente di cercare messaggi di testo”. Bensì “ha chiesto al suo gabinetto di cercare documenti che soddisfano i criteri interni della Commissione per la registrazione” e “i messaggi di testo non sono attualmente considerati conformi a questi criteri”. In altre parole, l’esecutivo Ue, anziché cercare i messaggi e valutare la rilevanza pubblica delle informazioni contenute, ha escluso arbitrariamente gli sms dal suo campo di ricerca. Di qui l’invito di oggi della mediatrice a “fare una ricerca più ampia sui messaggi rilevanti”.

“Dal modo ristretto in cui è stata trattata questa richiesta di accesso pubblico – ha dichiarato O’Reilly – è chiaro che non è stato fatto alcun tentativo di identificare se esistessero messaggi di testo. Ciò non soddisfa le ragionevoli aspettative di trasparenza e standard amministrativi nella Commissione”, ha sottolineato la mediatrice. A scanso di equivoci, O’Reilly ha inoltre chiarito la sua posizione sugli sms: “I messaggi di testo rientrano nella legge sulla trasparenza dell’Ue e quindi quelli pertinenti dovrebbero essere registrati. Non è credibile affermare il contrario”. 

“Se i messaggi di testo riguardano le politiche e le decisioni dell’Ue, dovrebbero essere trattati come documenti dell’Ue” e dunque essere resi pubblici su richiesta di un cittadino, se ci sono le condizioni per farlo. “L’accesso ai documenti dell’Ue è un diritto fondamentale”, ha concluso O’Reilly. 

Dopo le critiche della mediatrice Ue, la Commissione ha dovuto affrontare una serie di domande della stampa di Bruxelles durante il consueto briefing di mezzogiorno. Nello scambio di oltre 18 minuti su questo tema, i portavoce di von der Leyen si sono limitati a promettere una risposta alla mediatrice, rifiutandosi di smentire o confermare l’esistenza dei messaggi, che – a questo punto – potrebbero già essere stati eliminati dai dispositivi usati da von der Leyen. Il giallo continua.

Fonte: EuropaToday

15 Febbraio 2022 – Redazione

Dalle aule di tribunale arrivano altri colpi alle strategie discriminatorie adottate dal governo negli ultimi mesi per contrastare la pandemia, pensate per rendere di fatto la vita impossibile ai non vaccinati e privarli persino del diritto al lavoro. Il Tar della Lombardia ha infatti sollevato una questione di legittimità sul decreto con l’esecutivo Draghi ha vietato ai sanitari non vaccinati non solo di entrare a contatto con i pazienti, ma anche di seguirli a distanza, tramite telelavoro. Una decisione arrivata al termine del caso sollevato mesi fa da una psicoterapeuta definita No Vax.

La donna era stata sospesa dall’ordine degli psicologi e le era stato impedito di lavorare a contatto con i pazienti. Come spiegato dal quotidiani “La Verita’” Verità, l’ordine aveva deciso infatti di applicare il decreto 44 dell’aprile 2021: la norma sospende i sanitari non vaccinati dalle attività sanitarie che “implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio”. La dottoressa a quel punto aveva interrotto le sedute con i pazienti scegliendo di seguirli a distanza, con degli incontri telematici.

Il 22 dicembre, contro la dotteressa era arrivata un’altra sanzione: applicando il nuovo decreto legge 172 del 26 novembre 2021, l’ordine le aveva impedito anche il lavoro a distanza, visto che la norma prevede per i sanitari non vaccinati “l’immediata sospesione dall’esercizio della professione” senza distinzioni. Stremata, la donna aveva deciso di rivolgersi al Tar, che alla fine le ha dato pienamente ragione, permettendole così di tornare alle sedute telematiche con i suoi pazienti.

I giudici hanno anche sollevato una questione di legittimità costituzionale sul decreto 172. Una notizia che arriva a poche ore da un’altra, altrettanto importante: un altro Tar, quello del Lazio, ha disposto con due decreti monocratici il reintegro in servizio e il pagamento dello stipendio di alcuni agenti penitenziari e membri delle forze dell’ordine che continuano a rifiutare di sottoporsi alla vaccinazione.

15 Febbraio 2022 – Redazione

Lo ha fatto sapere Giorgia Meloni: Il Commissario Europeo Paolo Gentiloni manda in soffitta l’obbligo vaccinale. Vale anche in Italia? Come mai i media italiani non riportano la notizia?”. Il riferimento della leader di Fratelli d’Italia è su quanto dichiarato dal commissario Gentiloni in un’intervista al giornale tedesco Die Welt: “La discussione sulla vaccinazione obbligatoria contro il Covid-19 era giustificata mesi fa. Ma non credo che ora sia il momento di discutere della vaccinazione obbligatoria, ha spiegato.

Dunque, a stretto giro di posta, la Meloni rincara la dose: “Mentre tutto il mondo allenta le restrizioni,da oggi in Italia centinaia di migliaia di lavoratori rimarranno a casa senza stipendio per il ricatto del Green Pass. Un provvedimento vessatorio senza alcun senso scientifico. Il green pass va abolito.Proibire alle persone di potersi guadagnare da vivere, penalizzando anche le aziende che dovranno fare a meno della forza lavoro in un periodo di grande difficoltà economica per tutta la Nazione, è semplicemente delirante“, conclude Giorgia MeloniLo riporta Mag24.es.

14 Febbraio 2022 – Redazionw

Il Tar del Lazio ha inflitto un altro duro colpo alle strategie di lotta alla pandemia del governo e, in particolare, a quel Green pass che i rappresentanti dell’esecutivo Draghi continuano a difendere a spada tratta, tra le proteste degli italiani che trovano ingiusto privare del diritto al lavoro chi non si vaccina. Un obbligo vero e proprio, appena appena mascherato, che ha portato in questi mesi alla sospensione di tanti cittadini che hanno scelto di non piegarsi, rifiutando la somministrazione. E che per questo sono stati puniti, in un Paese dove ormai la libertà di scelta viene calpestata quotidianamente. Ora, però, ecco l’ennesima sentenza che dà loro ragione.

La sezione Prima bis del Tar del Lazio ha infatti accolto le istanze dei militari iscritti al sindacato Itamil e difesi dall’avvocato Giulia Liliana Monte che chiedevano l’annullamento dei proveddimenti di sospesione dall’attività lavorativa emanati dai rispettivi comandanti di corpo o datori di lavoro. Sanzioni che erano scattate in virtù della circolare dello Stato Maggiore Difesa che disciplinava quanto deciso dal governo con il Decreto Legge n. 172, successivamente convertito in legge.

Sul tema della sospensione dal servizio dei militari non vaccinati, Itamil aveva inviato nei giorni scorsi ai gruppi parlamentari della Camera una scheda tecnico normativa per richiedere una revisione della norma, considerata troppo penalizzante nei confronti del personale. Una richiesta rimasta inascoltata, ma che ha costituito la base di partenza per il ricorso presentato dallo studio legale Monte al Tar del Lazio, che è stato accolto.

Come si legge nella sentenza, il Tar ha infatti “accoglie e per l’effetto sospeso medio tempore l’efficacia dei provvedimenti sospensivi impugnati” , dando così il via libera al rientro in servizio dei militari che erano stati sospesi, in varie Regioni d’Italia, per non essersi sottoposti alla vaccinazione anti-Covid. Il Tribunale amministrativo regionale ha anche fissato per il 16 marzo 2022 la trattazione del tema in sede collegiale. Nel frattempo, il sindacato Itamil ha già annunciato la notifica del decreto del Tar al ministero della Difesa per darne tempestiva esecuzione.

14 Febbraio 2022 – Redazione

“Fermiamo questa follia”

Sono molto arrabbiata, stanca e sconcertata.

Sentimenti, questi, che quotidianamente ormai viviamo da un paio di anni e che sembrano essere condivisi da quasi tutti.

Voglio raccontare due delle tante situazioni che viviamo nel quotidiano e con una strana rassegnazione ne stiamo accettando il “modus operandi”.

Nel primo caso mi è capitato di prenotare una visita specialistica privata presso un centro medico.

Due giorni prima dell’appuntamento fissato, mi viene comunicato che l’appuntamento deve necessariamente essere rinviato, a causa di un focolaio covid venutosi a creare presso la loro struttura.

La domanda è: se presso queste strutture si entra con green pass per i tri-vaccinati e con tampone negativo per i non vaccinati, come è possibile una simile situazione?

Nel secondo caso mi trovo di fronte ad una situazione particolarmente difficile da comprendere.

Nelle nostre scuole (medie e superiori), nel caso di due o più positivi presenti contemporaneamente nella stessa classe, i ragazzi vaccinati possono continuare a frequentare le lezioni in presenza in auto-sorveglianza indossando obbligatoriamente la mascherina ffp2, mentre i ragazzi non vaccinati o che non hanno completato il ciclo devono seguire le lezioni in DAD per cinque giorni. Niente da eccepire se non fosse per il fatto che il rientro dei ragazzi in DAD è vincolato all’esito negativo di un tampone.

La domanda è: se ormai è risaputo che i vaccinati possono contagiarsi e contagiare tanto quanto i non vaccinati perché permettere una simile discriminazione nelle scuole che potrebbe vedere ragazzi sani contagiati da chi, solo perché possiede il green pass, non ne verifica lo stato di negatività?  

Sulla base di quali dati scientifici si può concepire una simile distinzione tra chi può e chi non può.

Sulla base di quali verità provate ci stanno togliendo la libertà di vivere, la dignità, la serenità. 

Sulla base di quale “scienza” qualcuno ha deciso che il green pass ci può dare la libertà, quando questa libertà tanto paventata è sempre stata nostra e nessuno avrebbe mai dovuto togliercela?

Tiziana Molinaro ( una mamma)

14 febbraio 2022 – Redazione Co.Te.L.I.

(di Giuseppe Leonelli – Fonte: LaPressa)

Anestetizzati da un San Valentino di plastica e spettatori passivi di tetri scenari di guerra in Ucraina, gli italiani si ritrovano da martedì prossimo con una nuova stretta sul fronte delle restrizioni imposte dalla follia del Green Pass. Dal 15 febbraio per gli over 50 sarà obbligatorio esibire il super certificato verde per poter lavorare. In pratica o si è vaccinati o non si lavora.

Una norma che valeva già per forze dell’ordine, insegnanti e medici ma che ora viene estesa su base anagrafica e non professionale. E la svolta arriva mentre a livello nazionale arrivano contrastanti segnali di segno opposto sul fronte sanitario. Mentre si gettano mascherine in alto in plastiche foto-ricordo, mentre si riducono le quarantene a poco più che week end lunghi e con afflati libertari si concedono balli sfrenati in discoteca a volto scoperto, il Governo vieta il lavoro a tutti coloro che hanno compiuto più di 50 anni e non hanno voluto aderire a una campagna vaccinale, per la quale – ricordiamo – bisogna comunque firmare il proprio consenso.

L’obbligo di inoculazione per quella fascia di età è vero è già scattato, ma il mancato adempimento è sanabile in modo relativamente facile, con una multa di 100 euro. L’obbligo di certificato verde rafforzato per lavorare che scatta ora, invece cambia completamente le cose.
L’Articolo 1 della Costituzione da martedì per un 50enne non vale più. Va detto chiaramente. Non vi sono compromessi, non bastano i tamponi ogni due giorni. No, per chi non si è vaccinato il lavoro è precluso e con esso la realizzazione personale, la dignità, parte dell’identità e la possibilità di mantenersi economicamente.

Per un 50enne non vaccinato l’Italia non è più ‘una Repubblica democratica, fondata sul lavoro’. Il lavoro non rappresenta più le fondamenta del vivere civile, ma è stato sostituito da una malposta priorità sanitaria.
Malposta perchè – come si è detto fino allo sfinimento – il Green pass non crea luoghi di lavoro sicuri e il vaccino, pur riducendo i casi gravi di infezione, non incide in modo determinante sui contagi. Malposta soprattutto perchè tale norme draconiana viene introdotta proprio mentre la curva pandemica è in netto calo e l’emergenza, come spiegato dagli esperti, si sta affievolendo.

In un Paese che appena 80 anni fa è uscito dall’orrore dell’oppressione e che per riconquistare la libertà ha pagato un enorme sacrificio in termini di vite umane, accade questo. Accade mentre il sole risplende come sempre, le auto sfrecciano sulle strade e fuori dalle chiese ci si ritrova per gli scambi di auguri domenicali. Accade e tutti se ne fregano, come fosse normale.

Gli under 50 pensano che non è un problema loro, i vaccinati si sentono al sicuro e gli over 50 guariti pensano di averla scampata. E’ tutto normale, va tutto bene. Di principio, sì, non è giusto, questo è vero… ‘Ma, suvvia coi principi non si mangia… bisogna essere concreti’. Già, e sull’altare di questo pragmatismo si scava ancora un po’ più a fondo nella buca dove tutti ci siamo infilati.
(Giuseppe Leonelli)

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[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia MC Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di professionisti (insegnanti, economisti, medici, avvocati, ecc.) formatosi con l’unico intento di collaborare per la difesa della libertà di espressione (art. 21 della Costituzione Italiana e art. 11 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea) e per la ricerca e condivisione della verità sui principali argomenti e fatti di rilevanza sia locale che globale]

14 Febbraio 2022 – Redazione Co.Te.Li

Sono parecchi i quattrini spesi dagli italiani per tamponi, test sierologico, trattamenti sanitari invasivi, oppure per accertamenti diagnostici preliminari alla vaccinazione anti Sars-Cov-2 obbligatoria o raccomandata.

Le prestazioni correlate con le vaccinazioni obbligatorie o consigliate sono esenti per tutti dalla compartecipazione alla spesa.

Il riferimento normativo utile per l’ottenimento del rimborso delle spese sostenute per gli accertamenti diagnostici preliminari alla vaccinazione lo troviamo al D.Lgs del 29 aprile 1998, n. 124 (art 1 comma 4 lettera b): il quale stabilisce che “sono escluse dal sistema di partecipazione al costo e, quindi, erogate senza oneri a carico dell’assistito al momento della fruizione”, ovvero sono esenti dal ticket, le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e le altre prestazioni di assistenza specialistica incluse in programmi organizzati di diagnosi precoce e prevenzione collettiva” (D. Lgs. 124/99, art. 1, comma 4, punto a), “nonché quelle finalizzate alla tutela della salute collettiva obbligatorie per legge o disposte a livello locale in caso di situazioni epidemiche, nonché quelle finalizzate all’avviamento al lavoro derivanti da obblighi di legge” (punto b). Notoriamente, il dpcm del 12/01/2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18/03/2017, include nell’ambito della prevenzione collettiva e sanità pubblica la “sorveglianza, prevenzione e controllo delle malattie infettive e parassitarie, inclusi i programmi vaccinali” (art. 2, comma 1, punto a).

In virtù degli accordi regionali (questo, ad esempio, quello tra la Regione Siciliana e Federfarma: https://crq.regione.sicilia.it/attachments/article/365/DA%200306%2015.04.2021%20accordo.pdf)che consentono l’esecuzione nelle farmacie o nei laboratori di analisi dei test per la rilevazione del virus SARS-Cov-2, è quindi evidente che la relativa spesa deve essere considerata a carico del Sistema Sanitario.

Ebbene, le esenzioni di pagamento sono rilasciate a dalla Azienda ASL di residenza. In ambito regionale, al fine di minimizzare i disagi per i cittadini occorre consentire il rilascio dell’attestato di esenzione anche da parte delle ASL.

Dal D.L. 44/2021 convertito in Legge 76/2021 fino al D.L. 1/2022 viene riportato quanto segue: “Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2, non sussiste l’obbligo di cui al comma 1 e la vaccinazione può essere omessa o differita“,

https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2021/11/26/21G00211/sg

Pertanto tutti coloro che si sono recati dal proprio medico e quest’ultimo, tenuto ad osservare il principio di precauzione e in ottemperanza all’art. 45 Accordo Collettivo Nazionale (ACN) compiti del medico, “appropriatezza delle scelte assistenziali e terapeutiche”, ha prescritto una serie di accertamenti diagnostici preliminari alla vaccinazione al fine di escludere un grave pericolo per la salute documentato o da documentare, con particolare riferimento alle controindicazioni al vaccino per condizioni pregresse, ovvero per escludere reazioni allergiche agli eccipienti del vaccino, hanno diritto ad un rimborso delle spese sostenute, indipendentemente dal fatto che a tale prescrizione sia corrisposto o meno un eventuale certificato di esonero o differimento della prestazione vaccinale.

D’altro canto, il medico di medicina generale (un tempo chiamato medico di base o di famiglia) esegue una prestazione che compete all’ASL garantire. Quindi la ASL risponde dell’errore, come stabilito, ad esempio, dalla Corte di Cassazione (Cass. Civ., sez. 3, sen. 6243 del 27.03.2015).

Si invita tutti a scaricare il modulo in allegato e richiedere il rimborso di quanto fino ad oggi pagato per le prestazioni sanitarie.

A questo punto è opportuno chiarire il concetto della appropriatezza prescrittiva:

In ambito farmacologico, l’appropriatezza prescrittiva dei farmaci si verifica quando essi sono prescritti per patologie per le quali esiste l’indicazione terapeutica all’interno della scheda tecnica.

Le valutazioni di appropriatezza prescrittiva sono effettuate sul quesito diagnostico dichiarato sulla richiesta dal medico prescrittore; sul testo del referto dell’esame redatto dal medico specialista che ha erogato la prestazione, si analizza invece l’esito.

Ne discende che l’appropriatezza clinica identifica di fatto il livello di efficacia di una prestazione o procedura per un particolare paziente ed è determinata sulla base sia delle informazioni cliniche relative alle manifestazioni patologiche del paziente sia delle conclusioni diagnostiche che orientano verso quel preciso intervento. Le «condizioni di erogabilità» sono le circostanze necessarie alla prescrivibilità della prestazione a carico del Sistema Sanitario Nazionale.

La Corte Cost. con Sentenza n. 169/17(1) ha stabilito in merito all’appropriatezza prescrittiva quanto segue: La previsione legislativa non può precludere al medico la possibilità di valutare, sulla base delle più aggiornate e accreditate conoscenze tecnico-scientifiche, il singolo caso sottoposto alle sue cure, individuando di volta in volta la terapia ritenuta più idonea ad assicurare la tutela della salute del paziente. Alla luce di tale indefettibile principio, l’“appropriatezza prescrittiva” prevista dall’art. 9-quater, comma 1, del D.L. n. 78 del 2015 ed i parametri contenuti nel decreto ministeriale devono essere dunque intesi come un invito al medico prescrittore di rendere trasparente, ragionevole ed informata la consentita facoltà di discostarsi dalle indicazioni del decreto ministeriale. In tale accezione ermeneutica devono essere intese anche le disposizioni in tema di controlli di conformità alle indicazioni del decreto ministeriale: esse non possono assolutamente conculcare il libero esercizio della professione medica, ma costituiscono un semplice invito a motivare scostamenti rilevanti dai protocolli. È costante orientamento di questa Corte che “scelte legislative dirette a limitare o vietare il ricorso a determinate terapie – la cui adozione ricade in linea di principio nell’ambito dell’autonomia e della responsabilità dei medici, tenuti ad operare col consenso informato del paziente e basandosi sullo stato delle conoscenze tecnico-scientifiche a disposizione – non sono ammissibili ove nascano da pure valutazioni di discrezionalità politica, e non prevedano “l’elaborazione di indirizzi fondati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite istituzioni e organismi – di norma nazionali o sovranazionali – a ciò deputati”, né costituiscano “il risultato di una siffatta verifica”.

https://portale.fnomceo.it/wp-content/uploads/import/201801/158030_cc-169.pdf

Scarica qui il modulo ⤵️

https://e1d4d540-2f7b-4e82-a757-e1780321f4c9.filesusr.com/ugd/b8020e_48bc1bd7187947929467e1e433257b1b.pdf

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14 Febbraio 2022 – di Marzia MC Chiocchi

IO VOGLIO PROPRIO VEDERE QUALI PROVE OCCORRA ANCORA PRESENTARE AFFINCHE’ AVVOCATI, GIUDICI VERI, SENZA MACCHIA E SENZA PAURA ( PERCHE’ CE NE SONO), POSSANO FAR VALERE TUTTE LE DENUNCE PRESENTATE A CARICO DEL GOVERNO, ED IN PARTICOLARE DI QUEL VERME CHIAMATO ROBERTO SPERANZA. LO PSICOPATICO MINISTRO (RICORDATE SEMPRE CHE NEL LIBRO DA LUI SCRITTO E PRESTO RITIRATO DAL COMMERCIO, RACCONTAVA DI PORTARE LE RAGAZZE A VEDERE I CORVI! SE UNO COSI E’ NORMALE NON LO SO!), STAREBBE RIDICOLIZZANDO IL PROBLEMA PSICOLOGICO CHE AVREBBE COLPITO MIGLIAIA DI PERSONE, IN SEGUITO ALLE RESTRIZIONI E ALLE PAURE INDOTTE, IN QUESTI DUE ANNI DI EMERGENZA PANDELIRICA.

ECCO L’ABERRANTE NOTIZIA ⤵️⤵️⤵️⤵️⤵️

“Bonus psicologico già nel milleproroghe? Ci stiamo lavorando e gia’ daremo un primo segnale che va in questa direzione. Il bonus probabilmente ci sarà per l’assistenza psicologica, ma attenzione a pensare che col bonus risolviamo i problemi della sanita’, perche’ c’e’ bisogno di piu’ risorse per l’assistenza territoriale e psicologica con una azione sistemica”. Certo “il bonus e’ un segnale”.

Ebbene, queste parole le ha pronunciate il ministro della Salute, Roberto Speranza, intervistato nel corso della trasmissione di Regime “Mezz’ora in piu’”.

“Abbiamo riaperto tutte le attivita’, le discoteche erano le uniche rimaste chiuse. Ci sono norme rigorose sulle discoteche, per l’accesso chiediamo il supergreen pass e c’e’ ancora la capienza limitata al 50%. In questa fase dobbiamo avere il coraggio di mettere tutte le attivita’ economiche e culturali in grado di ripartire” ha concluso

E NOI, CONFERMIAMO CHE DOVREMMO METTERE PIU FORZE IN CAMPO PER FAR VALERE I NOSTRI DIRITTI. MI SAREI VOLENTIERI ESPRESSA IN MANIERA DIVERSA, MA MANTENGO L’EDUCAZIONE PER NON PRESTARE IL FIANCO!

13 Febbraio 2022 – Redazione

QUESTE SONO LE NOTIZIE CHE TI FANNO RICONCILIARE CON LA VITA E CHE TI FANNO CAPIRE CHE DIO C’E’. I MONDIALISTI, FIGLI DEI DEMONI, AVREBBERO VOLUTO CHIUDERE IL CERCHIO CON I BAMBINI, ANIME PURE, DA SACRIFICARE COME CONSUETUDINE NEI LORO RITI NEFASTI! MA E’ ANDATA MALE, COSI CHE QUEL CERCHIO NON SI CHIUDERA’ MAI, E I LORO PIANI FALLIRANNO! I CRIMINALI BASTARDI CI HAN PROVATO, MA LASSÙ QUALCUNO CI AMA PIU DI QUANTO POSSIAMO MERITARCI, E COSI, GRAZIE ALL’ALTA PROTEZIONE DELL’EMPIREO, LO SPORCO GIOCO, STA VOLGENDO AL CAPOLINEA. E ANCHE SE STANNO DICENDO CHE, OCCORRERÀ ATTENDERE L’ESTATE PER AVERE UN VACCINO PER I PIU’ PICCOLI, FATEVENE UNA RAGIONE……AVETE PERSO!

LA NOTIZIA ⤵️⤵️⤵️⤵️⤵️

Non ci sarà un vaccino per i bambini al di sotto dei 5 anni d’età prima dell’estate. A darne notizia è stata l’immunologa Antonella Viola in un intervento al TG3 domenica 13 febbraio. La ricercatrice ha annunciato: «Sui bambini lo studio clinico del vaccino Pifzer, sottoposto a revisione dalla Fda americana, non ha dato i risultati sperati. Non per problemi di sicurezza, ma l’efficacia non è risultata sufficiente, la protezione non è abbastanza e per questo la Fda ha sospeso il giudizio in attesa di ulteriori dati che includano la terza dose».

E VOI VIROLOGI, QUELLA DOSE , SILURATEVELA LADDOVE NON BATTE IL SOLE, IN PROFONDITA’! NEL FRATTEMPO INVOCO IL METEORITE!

13 Febbraio 2022

Il colosso farmaceutico Johnson & Johnson ha bloccato la produzione del suo vaccino covid nell’unico stabilimento che produceva dosi utilizzabili alla fine dell’anno scorso, a Leiden, nei Paesi Bassi. 

Il blocco della produzione è segnalato in un un report di martedì 8 febbraio citato dal New York Times.

Lo stop alla produzione del vaccino sarebbe iniziata alla fine dello scorso anno e potrebbe ridurre la fornitura di Johnson & Johnson di alcune centinaia di milioni di dosi, ha detto una fonte al giornale.

Altri stabilimenti sono state incaricati di produrre il vaccino J&J, ma attendono ancora le autorizzazioni, ha riferito il Times.

Johnson & Johnson era già rimasta indietro nelle consegne del suo vaccino covid nei paesi più poveri. Lo stabilimento di produzione nella città olandese di Leiden ha, infatti, spostato i suoi sforzi per produrre un altro vaccino sperimentale.

Si tratta di un vaccino contro il virus respiratorio sinciziale (RSV) da utilizzare in una sperimentazione clinica su anziani nei paesi ricchi, ha detto al Times una fonte vicina all’azienda.

Il vaccino non dovrebbe essere disponibile per diversi anni. Johnson & Johnson è una delle numerose aziende che stanno cercando di sviluppare il primo vaccino contro il virus respiratorio sinciziale.

Il vaccino covid di Johnson & Johnson è stato collegato ad episodi di grave coagulopatia e alcuni studi hanno segnalato un’efficacia inferiore alle attese.

Tuttavia, i paesi più poveri si affidano alla versione di Johnson & Johnson poiché non richiede una conservazione a temperature molto basse. Lo stabilimento di Leiden aveva la capacità di produrre più di 50 milioni di dosi al mese, secondo il Times.

Se la produzione ricomincerà dal mese prossimo, le dosi non verranno spedite fino a maggio o giugno, secondo il report.

Johnson & Johnson aveva affidato ad un’azienda appaltatrice la produzione del suo vaccino in uno stabilimento di Baltimora in grado di produrre un miliardo di dosi all’anno, ma le autorità regolatorie lo hanno chiuso lo scorso aprile.

Lo stabilimento ha ricominciato la produzione ad agosto ma la Food and Drug Administration non ha approvato nessun lotto e la spedizione è bloccata.

Secondo il report, sono in corso piani della J&J per avviare la produzione del suo vaccino in altre due strutture nella tarda primavera, una in India e un’altra nella Carolina del Nord.

Un portavoce di J&J ha detto al Times che la società stava “lavorando giorno e notte” per combattere la pandemia, con milioni di dosi accumulate negli stabilimenti.

La società ha affermato la scorsa estate di aver pianificato di fornire 1 miliardo di dosi nel 2021, ma non è stata in grado di raggiungere neanche l’obiettivo di 400 milioni di dosi, ha detto al Times una fonte vicina alla società.