17 Maggio 2022 – Redazione – di Andrea Sartori
Sono passate appena quattro settimane dal gigantesco crollo di Netflix in Borsa che la casa delle serie televisive, regina della pandemia e arcinemica della cara, vecchia sala cinematografica ha forse individuato il colpevole: i woke.
Certo, molti hanno cercato altre cause per i 200mila abbonati in meno: la perdita degli abbonati russi, la fine della pandemia… ma non cerchiamo di raccontarci troppe favole: ha pesato moltissimo anche l’ossessiva dittatura woke che non può non rendere ridicole determinate scelte, come il famigerato “blackwashing” , ovvero la scelta di attori di colore per interpretare personaggi storici europei. Una scelta ideologica che non paga.
E dato che stringi stringi il denaro è più forte dell’ideologia ecco che Netflix riprende i suoi dipendenti woke e dice loro chiaramente di trovarsi un altro lavoro se si sentono offesi.
Apparentemente tutto partirebbe dalla trasmissione, da parte di Netflix, dello show del controverso comico (di colore) Dave Chappelle, noto per le sue battute che hanno indispettito la comunità transgender, e per le quali è stato anche aggredito.
Alcuni impiegati di Netflix hanno protestato dicendo che alcuni show presentano contenuti che vanno “contro i nostri valori”.
La risposta di Netflix non si è fatta attendere: “Secondo il tuo ruolo, potresti lavorare con dei contenuti che potresti percepire come offensivi. Se non riesci a tollerarlo Netflix potrebbe non essere il miglior posto per te“.
Si bada al sodo, e forse è un primo segnale che l’ideologia deve cedere il passo. Un crollo simile ha investito anche la Disney. La Casa del Topo che aveva appena annunciato che avrebbe introdotto personaggi LGTB nei suoi prodotti si può immaginare con quanta gioia dei genitori.
Il politicamente corretto non paga. Forse qualcuno sta cominciando a capirlo.
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