27 Aprile 2023 – Redazione
PUBBLICO UN ARTICOLO SCRITTO NEL 2017 DA UN BLOGGER CHE, ANALIZZANDO IL LINGUAGGIO COMUNE E LA REALTÀ DEI SOCIAL, HA SPIEGATO COME ALCUNE CATEGORIE DI PERSONE, COMUNEMENTE CHIAMATE “LEONI DA TASTIERA”, POSSANO ARRECARE DANNO A CHI LEGGE E NON È FERRATO IN MATERIA, O CREDE SEMPRE A TUTTO A PRESCINDERE.
NEL TESTO HO TROVATO RIFLESSIONI INTERESSANTI SU COME IL LINGUAGGIO COMUNE STIA CAMBIANDO, MA HO TOLTO I COMMENTI PIÙ SCOVENIENTI PER L’USO DI UNA TERMINOLOGIA UN PO’ SOPRA LE RIGHE E NON PROPRIO IL LINEA CON IL MIO SCRIVERE. AL TERMINE DELLA LETTURA NESSUNO DOVRÀ SENTIRSI OFFESO, ANCHE PERCHÉ, PURTROPPO, QUELLA DESCRITTA È SOLO PARTE DELLA REALTÀ.
MARZIA MC CHIOCCHI
Quante volte abbiamo sentito o letto la curiosa forma espressiva Analfabeti funzionali.
Una volta, prima dell’avvento dei social e persino di internet, quelli così erano chiamati volgarmente e semplicisticamente scemi, con varianti lessicali dipendenti dagli strati sociali, oppure dalla qualità della conversazione quali idioti, fessi, imbecilli, stupidi, stolti cretini, per poi arrivare ai localismi.
Oggi però imperversa una moda linguisticamente fatale, che s’insinua – attraverso il web – nei nostri linguaggi.
Ecco che, per esempio, lo storytelling non è altro che il racconto di storie, il selfie è l’autoscatto, lo stepchild adoption è l’adozione del figlio del partner, il brand è il marchio, l’on demand è un servizio a richiesta, ecc.
Quindi un analfabeta funzionale sarebbe semplicemente una persona che ha studiato, ma alla fine non capisce il vero senso di un concetto, anche semplice. In realtà pure molti laureati, masterizzati o dottorati soffrono di questa malattia culturale e infatti – viaggiando tra i social – anche molti titolati non approfondiscono le letture, fermandosi magari ai titoli di un articolo.
Alla categoria si possono ricondurre anche queste figure, così massicciamente presenti sui social:
Quello che legge solo e soltanto il titolo e commenta
A volte capita che fraintenda anche il senso del titolo stesso degli articoli di oggi (inclusi quelli – dei maggiori quotidiani nazionali) dal momento che molto spesso sono sensazionalistici e acchiappaclick. E quindi, commenta solo in base al titolo. A tal proposito, i giornalisti del “Secolo XIX” nel 2016 hanno fatto un esperimento sociale, basato proprio su questo. Leggi e divertiti.
L’odiatore seriale
Gli odiatori seriali (definiti haters) sono quelli che qualsiasi cosa tu scriva (soprattutto se sei un personaggio famoso o comunque seguito sui social) hanno sempre qualcosa da ridire, e un po’ di veleno da sputare. L’odiatore seriale è chiaramente colui che, dal momento che non ha altri modi per sfogare le sue innumerevoli frustrazioni, lo fa sui social, e ogni “like” che prende alimenta il suo ego, facendolo illudere di contare qualcosa. Nel mondo virtuale conterà solo fino allo scorrimento della timeline, in quello reale, purtroppo, non conterà niente. In fondo la sua vita è vuota, quindi i suoi 30 secondi di gloria rappresentano la summa della propria esistenza. Da compatire.
Quello che pensa agli affari suoi, sempre e comunque
E’ il tipo che controlla il profilo degli altri, senza mai scrivere di lui.
Il maniaco seriale
E’ quello che ti chiede l’amicizia. Zero amici in comune, con foto del profilo che mostra la tartaruga e il tatuaggio, con occhiali da sole specchiati, montatura da figo e un sorriso a 36 denti. Tu accetti l’amicizia e subito ti arriva un messaggio tipo: “ciao, o visto ke 6 single…..”. Tu gli fai notare che non è il caso, ma lui, nelle settimane a venire, ti mette il “like” a ogni foto che pubblichi. E lì capisci che la sua serialità è solo la punta dell’iceberg di un malessere sociale e psichico che potrebbe portare ad epiloghi poco piacevoli.
L’uomo del “meditate gente, meditate”
E’ il normotipo di quello che ci mette ore a scrivere un post o un commento, il cui risultato sono solo una serie di frasi stereotipate e ritrite, ma che, solo lui, ritiene ricche di cultura e ad effetto. Per poi concludere il post con un “meditate gente, meditate”. Infine, dopo aver premuto “invio”, si gongola pensando alla sua saggezza e attende i like dei suoi simili.
Quello che, se gli parli ti risponde picche
In pratica, imposti un dialogo tra sordi, ovvero nel semplificare il tuo pensiero e fargli capire concetti semplici, ma lui ti risponderà parlando di altro. Non perché voglia distogliere l’attenzione e spostare la conversazione, ma semplicemente perché non ha capito alcunché!
Quello che si mette il like da solo
Nel gergo social, come sappiamo tutti benissimo, un like è un apprezzamento a un contenuto che abbiamo pubblicato. Quindi chi lo ha scritto significa che condivide quello che dice! Chiaro! Quindi perché, devi mettere quel like ai tuoi contenuti?
Il condivisore seriale di bufale
È la persona più pericolosa nel mondo social. E’ colui che si fa attrarre da titoli. A nulla vale che l’articolo provenga dalle black list dei siti bufalari, a nulla vale che tu commenti i suoi post dicendo che sono falsi. Ne uscirà fuori solo un’amara discussione in cui tu sei il complottista e loro i portatori sani di verità assolute. Vanno solo lasciati perdere.
Il fatto è che hanno vinto gli analfabeti funzionali
Tu puoi anche usare tutta la logica possibile per inchiodarli alla propria ignoranza. Non ci riuscirai. Puoi pubblicare tutti gli schemi logici di questo mondo per fargli capire che bisogna parlare con consapevolezza. E’ inutile. Puoi anche citare tutte le fonti che dimostrano il contrario di ciò che sostengono. E’ tempo perso.
Certi individui, finché avranno una connessione internet e un accesso libero e indiscriminato agli strumenti social, ti travolgeranno sempre e comunque con le loro supposizioni, i qualunquismi, le dietrologie da quattro soldi e la grammatica calpestata con violenza e abominio.
Tu potrai condividere quanto vuoi gli articoli che richiamano alla ragione, ma saranno solo compresi e accettati dai tuoi simili, cioè da quelli che vivono nelle riserve della ragione (pochi, insomma), mentre intorno a te imperverserà il diluvio dell’arroganza mista a saccenza e ignoranza.
Fonte: “Il Barbuto.blog”
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