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19 Febbraio 2022 – di Tiziana de Felice (Medico -Anestesista)

E’ questa la diagnosi “standard” che ormai sembra diventata un mantra nella caratterizzazione della patologia da SARSCov2 e quindi relativa Covid19.

Chiunque sia afferito, sua sponte o su indicazione, agli ospedali durante questi due anni con sintomi più o meno importanti (dalla semplice febbre ad una patologia respiratoria più impegnativa- sorvolando sul perché sia avvenuto ciò) si è sentito/a diagnosticare la ormai tristemente famosa Polmonite Interstiziale Bilaterale. 

E’ d’obbligo a questo punto fare alcune precisazioni:

la polmonite molto raramente si presenta in forma bilaterale e così simmetrica (se batterica in genere è lobare, se è virale come in questo caso è disseminata ma quasi mai -così equamente distribuita e basale)

le interstiziopatie (se si esclude l’acuzie edematosa iniziale di una forma infiammatoria e qui poi torneremo) generalmente sono dovute alle conseguenze e alla fibrosi del collagene che si forma fra gli alveoli, con carattere quindi di cronicità.

Questo piccolo prologo (doviziosamente spiegato sulla Bibbia degli internisti- l’Harrison testo di Clinica Medica) serve per cercare di districarsi in una narrazione che assume talvolta contorni oscuri e spiegare qualche meccanismo di fisiopatologia ai non addetti.

Già dopo le prime autopsie “concesse” o “azzardate” da alcuni colleghi coraggiosi si potè evidenziare con chiarezza che, alla base della valanga sintomatologica legata all’infezione ci fosse la famosa CASCATA CITOCHINICA, cioè, tutto quel corteo di eventi in cui i mediatori dell’infiammazione giocavano un ruolo fondamentale. A seguire di questa constatazione la conferma che la patologia “reale” non fosse la classica Polmonite bensì, nella maggior parte dei casi, una massiva Microembolia polmonare scatenata dal danno endoteliale iniziale, il passo fu breve.

Ad avvalorare tale sospetto diagnostico il riscontro – quando eseguito – di un valore elevato o elevatissimo di D-Dimero e di Fibrinogeno (marcatori di un consumo abnorme dovuto a fenomeni tromboembolici) oltre al classico aumento di PCR (che pur essendo un marker aspecifico di infiammazione, può essere riscontrato anche in una normale polmonite).

In principio fu il prof. Spagnolo, eccellenza della cardiochirurgia nostrana e internazionale, nonché illustre esperto di Embolia polmonare, ad avere questa intuizione che poi si rivelò esatta e avrebbe in tal modo giustificato la bilateralità simmetrica dell’opacamento radiologico, essendo i vasi  e tutto l’albero circolatorio polmonare simmetrico e appunto bilaterale.

La diagnosi esatta però non si può fare con una normale TC polmonare, bensì con ANGIOTC che riesce a vedere il letto vascolare altrimenti silente.

A logica conseguenza si cominciò- laddove illuminati dalla luce della evidenza medica- a curare nelle prime battute dell’infezione, con antiinfiammatori ed antiaggreganti, nonché, quando il caso lo richiedesse, con anticoagulanti eparinici.

Un’altra logica conseguenza sarebbe stata quella di non dover necessariamente trattare i pazienti con la onnipresente INTUBAZIONE ORO TRACHEALE perché, sia le polmoniti che le stesse embolie polmonari raramente abbisognano di tale procedura.

un polmone embolizzato non permette scambi alveolocapillare e quindi è assolutamente inutile inondarlo di ossigeno che oltre ad essere tossico ad alti volumi e per tempi prolungati, non può essere utilizzato.

un polmone infarcito di microtrombi diventa un polmone di consistenza più fragile e quindi l’O2 a pressioni importanti può provocarne lacerazioni a tutto detrimento della capacità ventilatoria e quindi della saturazione.

Le considerazioni su esposte darebbero conto dei tanti, troppi eventi avversi verificatisi dopo questa manovra che, ancorchè salvavita in mille situazioni (e noi anestesisti-rianimatori ben lo sappiamo) si è rivelata invece, spesso fatale.

di Tiziana De Felice

Correva l’anno 1986 e in un aprile luminoso sposai un “ uomo” a cui giurai di essere fedele, nella buona e nella cattiva sorte e, come recita il copione, finché morte ci separasse. Si chiamava IPPOCRATE . Da quel giorno, come in ogni matrimonio che si rispetti ci son state crisi, conflitti e  riappacificazioni ma oggi, dopo 35 anni, mi sento di poter dire che il sodalizio è più che mai forte e indissolubile.

In questo periodo terribile, più che mai, ho dovuto attingere a questo giuramento e a tutto quel che comporta, per non lasciarmi travolgere dal mare in tempesta dei vari protocolli e delle direttive ministeriali, che mi avrebbero obbligato ad una infedeltà imperdonabile.

Il malefico COVID19 di cui è stato detto tutto e il suo contrario, mi (ci) aveva messo, al suo esordio fra la popolazione, in una situazione di iniziale sbandamento, perché nessuno di noi sanitari riusciva a capirne la potenziale patogeneticità e come si comportasse dentro all’organismo.

Le famose autopsie negate o comunque fortemente sconsigliate ( e già qui eravamo in una nebulosa di difficile comprensione, perché quando mai si era evitato di eseguire autopsie in una patologia sconosciuta? ), neanche con Ebola e dopo Chernobyl erano state bypassate, quando davvero i poveri deceduti, avrebbero potuto creare guai ai medici. Quindi, come fare a capire che cosa stesse realmente succedendo? L’ipotesi iniziale più accreditata, ancorchè non documentata, era stata quella della POLMONITE INTERSTIZIALE che, in un fiato, portava ad un aggravamento irreversibile e al decesso, passando attraverso la famigerata “intubazione” gli sfortunati pazienti.

A tanti di noi questa cosa non tornava, vuoi per l’eccessiva rapidità dell’evoluzione, vuoi per l’apparente inutilità delle buone pratiche rianimatorie (per noi anestesisti, collegare un paz ad un Ventilatore automatico ha sempre voluto dire salvare vite). Come mai tutto questo non accadeva? Qualche voce autorevole si era già levata per dissentire da una diagnosi che appariva quantomeno parziale e non esplicativa, tipo quella del prof Spagnolo, eccellenza della cardiochirurgia italiana ed esperto di Embolia polmonare. Infatti dopo che queste sono state eseguite, è venuto fuori che non di polmoniti si trattasse, bensì di Microtromboembolie polmonari che vanificavano il supporto ventilatorio impedendo, in ogni caso, il passaggio ed il trasporto di ossigeno ad altri organi nobili, ed in tutto il circolo sanguigno.

Sembrava l’uovo di Colombo. Anche se eravamo già a maggio inoltrato e si erano contati fin troppi morti, l’avere chiara una diagnosi portava come logica conseguenza, avere una terapia giusta da poter applicare. Niente da fare. Dal Ministero della Salute nonché dall’ISS e dall’Aifa, sue degne ancelle, continuava ad essere emanato un protocollo surreale. Il famigerato TACHIPIRINA E VIGILE ATTESA“. Ma vigile attesa di che? Del fatale aggravarsi di poveri pazienti abbandonati al domicilio con un farmaco inutile e con medici latitanti, stretti fra la paura del contagio e le direttive ministeriali. A tanti di noi questa cosa non piaceva, e abbiamo cominciato a batterci perché ci fosse riconosciuto il diritto- dovere di curare i pazienti, come avevamo sempre fatto in scienza e coscienza, basandoci sui sintomi, piuttosto che su un’ ipotesi diagnostica limitata e limitante, spesso fuorviante come quella del “tampone”.

E’ cominciata così una guerra senza esclusione di colpi fra chi, ci voleva impedire di usare farmaci che ogni medico con un minimo di esperienza clinica conosce ed usa da anni, colleghi che pavidi delle conseguenze medico-legali si sono adattati, e uno zoccolo duro di chi ha continuato ad operare come aveva sempre fatto, durante gli anni “normali”.

Sono stati demonizzati farmaci come l’ Idrossiclorochina, adducendo e ventilando rischi cardiovascolari mortali con il famoso letale allungamento del Q-T, dimenticando, (volutamente?), la grandissima quantità di persone che ne fanno uso per decenni in tutto il mondo, per patologie di carattere reumatologico, senza incorrere in nessun evento avverso e ignorando (volutamente?) che il rischio di tale molecola è legato indissolubilmente  al dosaggio e al tempo relativo (in base a tale dosaggio per fenomeni di accumulo).

E’ stato demonizzato il Cortisone (poi riabilitato nel luglio 2020 dall’Università di Oxford) altro presidio usato (ed anche abusato) da sempre per le patologie più disparate (Reumatologiche e Broncopolmonari). Continuavano a succedere cose strane a cui una larga fetta di medici si è apertamente ribellata per riacquisire il senso della propria professione. In buona sostanza, ora avevamo chiaro tutto il meccanismo patogenetico, di conseguenza sapevamo come muoverci, e l’abbiam fatto.  Mi sono ritrovata, pur non essendo un MMG, a curare persone un po’ in tutto il territorio, che mi hanno contattata nei modi più impensati. All’inizio amici, parenti, poi amici di parenti, poi perfetti sconosciuti che sui social e per altre vie chiedevano aiuto sentendosi abbandonati. Quindi, un po’ di persona o con anamnesi, e informazioni raccolte via web, sono riuscita ad evitare, credo, almeno una cinquantina di ricoveri impropri (ed io sono solo un granello di questa moltitudine di bravi colleghi). E’ bastato bandire l’inutile “Paracetamolo” (che oltre a non essere un antinfiammatorio, abbatte le riserve di Glutatione, nostro prezioso alleato come antiossidante) e iniziare  a somministrare nei casi più semplici o, in persone giovani e fondamentalmente sane, dei logici antinfiammatori (anti COX 1 e anti COX 2 come l’Aspirina, il Nimesulide, il Celecoxib), l’Idrossiclorochina appunto (riabilitata ma sub judice nel novembre 2020) l’Azitromicina (un antibiotico  della classe dei Macrolidi che rende più difficile l’ingresso del virus  nelle cellule dell’epitelio polmonare) ed in casi più gravi o in pazienti con comorbilità importanti, l’Eparina e/o il Cortisone.

Va da sé che tutto questo “parco” farmaci, debba essere assunto e somministrato sotto la sorveglianza di un sanitario, disincentivando assolutamente il fai-da-te. Ma in questo modo, abbiamo messo insieme un’ampia casistica di pazienti che sono stati curati benissimo presso il proprio domicilio, senza o con pochissimi eventi avversi, occorsi solo a coloro che presentavano grossi fattori di rischio preesistenti(oncologici in primis). Tutto cio’, senza impattare in alcun modo sul nostro boccheggiante SSN. Ci siamo resi conto che, alla fine, questa “entità” impalpabile e malefica altro non provocava, per il 98%, una patologia molto simile alle influenze degli anni passati (anche loro gravate di un consistente numero di morti) e che ben trattata al suo esordio, portava a guarigione la quasi totalità dei pazienti. Parole d’ordine quindi: TERAPIA PRECOCE E SINTOMATICA (da sostituire all’altra), e gli ospedali si svuotano. Ultimo ma non ultimo per importanza, un argomento a cui è stata data (colpevolmente) una scarsissima attenzione, trattato come la Cenerentola della medicina, laddove avrebbe dovuto essere il Principe di questo brutto dramma: LA VALORIZZAZIONE DEL NOSTRO SISTEMA IMMUNITARIO che, oltre ad essere validissimo nel proteggerci da una innumerevole schiera di microorganismi, ci mette in condizioni di reagire con prontezza in caso di attacco eventuale. E LUI, non pretende molto per offrire i suoi servigi. Uno stile di vita ad hoc, alimentazione sana, movimento, armonia intorno a noi, pensieri positivi e consapevoli. C’est suffice.