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26 Febbraio 2023 – di Marzia Mc Chiocchi

il tema e’ piuttosto impegnativo, di quelli per i quali occorre studiare tutto ciò che non ci hanno mai fatto leggere sui libri di scuola (a malapena SOLO alcuni articoli della Costituzione Italiana!)

A seguire parleremo di APOLIDIA, una strada che in molti hanno cominciato a percorrere, dallo scoppio del delirio pandemico e dall’applicazione di tutti i DPCM illegali, anticostituzionali e contrari alle leggi internazionali sui Diritti Umani.
A divulgare il concetto di APOLIDIA è stata Valentina Fusco, imprenditrice toscana, di origini napoletane che, attraverso il suo canale Telegram, le numerose interviste rilasciate su you tube, e gli incontri su tutto il territorio italiano, si sta impegnandosi alacremente per aprire gli occhi della gente sui diritti negati e sugli obblighi sedimentati da leggi che, all’indomani dell’entrata in vigore della nostra Costituzione, hanno imposto vincoli legali e tasse, che hanno disatteso la Carta stessa!

Si comincia a parlare di APOLIDIA in particolare con l’entrata in vigore del green pass e con le discriminazioni dei governi Conte e Draghi, che rendono pubblici, in cronaca, alcuni tentativi di ribellione (ben riusciti direi) in alcune aree, e sottolineo alcune, del Veneto.
A Vicenza nell’agosto del 2021, sulla porta di ingresso di un locale, compare la scritta
 “Venetkens for freedom front” e sotto si trova un’altra frase che per rimarcare il concetto è scritta in stampatello: “Si informa che questo territorio è di nazionalità veneta, non è soggetto a fisco e istituzioni italiane (legge 212/2010 e legge 881/77), risponde fiscalmente e giuridicamente solo al Venetkens for freedom front”. Questo ha permesso a numerosi avventori di entrare senza restrizioni e ai gestori di non vedersi recapitare alcuna multa, nonostante gli ostinati controlli delle Forze dell’Ordine.
E notizia importantissima, è che tutte le Regioni autonome, oltre al Veneto, avrebbero dovuto produrre un’azione del genere.


Da qui, l’evolversi di una situazione che ha svegliato molti italiani.
Valentina Fusco ne e’ stata ed e è tutt’ora la paladina, mentre noi cercheremo di spiegare i tratti essenziali di ciò che è l’Apolidia e come arrivare a vivere questo status.

APOLIDIA è un’espressione dell’essere umano regolarizzato e riconosciuto dall’Italia e a livello internazionale. L’apolide va ad applicare la legge che lo rende cittadino del mondo, che è colui che è padrone della Terra, e non deve essere rappresentato da niente e da nessuno! Gli apolidi, in epoca di Covid, non sono mai stati perseguitati facendo leva sulle leggi. Come scritto all’inizio di questo articolo, tutto è partito dal fortissimo Movimento Veneto VENETKENS FOR FREEDOM FRONT che si basa sulla storia della Regione, che riconosce solo le proprie leggi.

Qualcuno ha detto che siamo apolidi solo se nasciamo tali e NON È VERO! Alla nascita siamo tutti apolidi e la Cittadinanza ci viene donata senza il nostro consenso dall’ufficiale dell’anagrafe. In quanto il nascituro non da’ il suo consenso,  la legge gli permette di riappropriarsi della propria apolidia, in quanto cittadino del mondo. Esempio: i ROM e gli Zingari sono apolidi per nascita e cultura e non hanno bisogno di dichiararsi.

I passaggi per comunicare l’Apolidia, secondo quanto dichiarato da Valentina Fusco in molti dei suoi video, sono semplici. Nel momento in cui lo comunicheremo lo saremo in automatico, perché non stiamo facendo una richiesta, ma lo rendiamo noto in autodichiarazione. In virtù di questo non dobbiamo aspettarci una risposta.
Es: il vaccinato è colui che, avendo venduto la sua identità allo Stato Italiano, non potrebbe riprendersi la sua identità natale di apolide. Ma, dal momento che in molti hanno denunciato coloro che hanno estorto trattamenti sanitari con l’inganno, e hanno subito eventi avversi, associando questa denuncia all’auto dichiarazione di apolide anche loro potrebbero portare avanti lo status di apolidia.

I VANTAGGI

– Primo fra tutto vengono applicati i diritti naturali, umani, internazionali, che sono stati nascosti dalla cittadinanza italiana.

– Per quanto riguarda il pagamento delle tasse o altro, non si potrà essere apolidi fini in fondo, in quanto l’apolidia è uno status che non può’ basarsi su cosa non paghi, anche se in alcune situazioni certi oboli non si potranno più versare.

– L’unica legge dello Stato alla quale l’apolide deve sottostare è quella sulla pubblica sicurezza, in base al REGIO DECRETO DEL 1931, che impone  l’identificazione dei soggetti sul territorio. Ecco perché ciascuno deve dichiarare la propria identità nel luogo in cui si trova. Per questo è necessario trasmettere che esiste un soggetto con nome e cognome, che era cittadino italiano, e che da quel momento si riappropria della sua apolidia.

– Le leggi da seguire sono, quindi:
i Diritti Umani, le Leggi Internazionali e lo Statuto dell’Apolide.

PENSIONE

Si tratta di una somma che dovrebbe essere versata in un’unica soluzione. Da cittadini italiani dobbiamo sottostare alla diluizione di un versamento in mensilità, a smettere di lavorare ad un’età che lo Stato ha deciso per noi, e che negli ultimi anni ha allungato. Pensando alla somma totale che un pensionato dovrebbe ricevere in base ai contributi versati, è chiaro che, per una serie di circostanze, al termine della propria età lavorativa, non la percepirà nella sua interezza. Per questo, da apolide, può trovarsi nella condizione di pretendere il versato totale. Occorre, quindi, inviare comunicazione per avere lo spettante, che da cittadino italiano non ti daranno mai. Allegando la comunicazione di tutti i versamenti  contributivi effettuati, da apolide, dovrebbero essere obbligati a bonificarti tutta la cifra. Legalmente la dovranno versare,  tecnicamente creeranno problemi!

L’apolide non ha bisogno di creare TRUST (rapporti giuridici) perché essendo lui stesso uno Stato non fa altro che convivere sulla Terra, nel nostro caso, insieme allo Stato Italia.

PROCEDURA PER RICONOSCERSI APOLIDE 

– Occorre prendere coscienza che siamo esseri liberi e abbiamo dei diritti intoccabili. La Costituzione vige e non dobbiamo fare altro che applicarla. Inoltre è necessario essere consapevoli che esiste la Carta dei Diritti Umani, che sono addirittura superiori alla Costituzione della nazione specifica.

– A questo punto ( RIPETIAMO) facciamo un’autodichiarazione all’unica autorità che va riconosciuta (pubblica sicurezza/Polizia). NO A COMUNE, AGENZIA DELLE ENTRATE, MINISTERO DEGLI INTERNI E DELLA SALUTE, in quanto Enti riconosciuti solo dallo Stato Italia che li ha creati ad hoc. Altra autorità da riconoscere è il presidente della Repubblica che, nel nostro caso, è il capo del territorio Italia.

Il giorno successivo all’invio dei documenti la persona è già apolide, anche se per legge e’ previsto un tempo di 60 giorni per i quali l’Autorita’ che ho riconosciuto può’ chiedere ulteriori informazioni. Purtroppo la Procura, in quanto Stato Italiano, non sa gestire lo status di apolide se non collegato all’immigrazione, che invece è una condizione. Ma è costretto ad inviare un documento a Prefettura e Procura del luogo di nascita dell’Apolide, confermando che la nascita ha un valore. Inoltre l’apolide, rigetta anche documenti come: Patente, Carta d’Identita’, Passaporto e Tessera Sanitaria. Per quanto riguarda la PATENTE è da rilevare che si tratta di un certificato non valido perché acquistato e rilasciato sotto pagamento. Infatti la Costituzione Italiana mette al corrente dell’obbligatorietà di un’auto certificazione per l’abilitazione alla guida di un mezzo. Cosi, è nell’apolidia la responsabilità di ciascuno di noi. Firmare per avere la patente significa rientrare in un recinto che ti permette di guidare solo nel Paese in cui vivi. L’apolide può farlo in tutto il mondo senza ulteriore certificazione a pagamento L’autocertificazione da’ non solo l’abilità alla guida del mezzo in tutto il mondo, ma anche la presa visione delle regole dello stesso (es:guida a destra in Inghilterra). L’Apolidia è quindi nella legge, mentre chi ha acquistato la patente di Stato non può guidare ovunque e per farlo, in alcune nazioni, ha bisogno di un permesso internazionale aggiuntivo.

LAVORO

Un lavoratore apolide che si infortuna come viene tutelato? Deve firmare una scrittura privata avvalendosi della Carta dei Diritti dei Lavoratori, nazionale e internazionale, della Carta dei Diritti Umani, che non hanno a che vedere con gli accordi sociali. 

DANNI A TERZI

Se l’apolide crea un danno grave ad un’altra persona, può chiedere al danneggiato, o alla sua famiglia, in che modo voglia essere risarcito. Tra le formule sono previste la carcerazione arbitraria o il rendere servizi importanti a quel nucleo familiare. Spesso risulta più efficace del semplice pagamento di un’assicurazione che, come unico risarcimento, prevede, spesso, somme non congrue.

L’apolide può essere proprietario di beni e, per dimostrarlo, non avrebbe bisogno di registrazioni di atti notarili che lo dichiarino, così come no ha necessità di riconoscimenti per esercitare  la propria attività perché è la stessa Costituzione che lo dichiara. Pensiamo a quando non esistevano gli albi professionali. Si poteva vivere ed esercitare la propria professione senza alcun problema. La certificazione delle proprie capacità è opera del XX ^secolo.

L’apolide paga comunque le tasse, perché anche quando va ad acquistare beni di prima necessità non può chiedere lo scorporo dell’IVA o se fa rifornimento ad un distributore di benzina, farsi togliere le accise. Ovviamente non paga ciò che non e’ implicitamente obbligatorio, perché la Costituzione, in molti casi, parla di contributi e non di tasse.

In sintesi, gli apolidi rispettano le leggi del territorio in cui vivono, ma in particolare quelle primarie dei Diritti Umani e la Costituzione, che NON AMMETTONO COERCIZIONI, come quelle subite dai più negli ultimi tre anni.

Come avete potuto leggere, l’Apolidia dovrebbe essere riconosciuta con facilità, ma la farraginosità di tutta la coltre di leggi e leggine, che sono state approvate dai singoli Stati, impone un lavoro impegnativo MA NON IMPOSSIBILE!

PER APPROFONDIRE LA TEMATICA INVITO A SEGUIRE IL CANALE TELEGRAM DI VALENTINA FUSCO E LA VIDEO INTERVISTA A SEGUIRE ⤵️

https://m.youtube.com/watch?v=reEGiWIBIDE

 

 

07 Marzo 2022 – Redazione

Il green pass rientra nella categoria dei certificati amministrativi e dunque è autocertificabile. Ne parliamo con l’Avvocato Angelo Di Lorenzo, presidente dell’ALI (Associazione Avvocati Liberi)

Il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000) stabilisce che tutti i cittadini che entrano in contatto con le pubbliche amministrazioni e con gli esercenti di pubblici servizi (poste, banche, trasporti, etc.) possono sostituire i certificati amministrativi formali concernenti stati, qualità personali e fatti, con dichiarazioni sostitutive dei certificati medesimi, che hanno la stessa validità temporale dell’atto che vanno a sostituire.

Il certificato verde covid-19, ribattezzato dalla Legge 11/22 con il nome mediatico green-pass, rientra nella categoria dei certificati amministrativi di cui all’art. 1 lett. f) DPR 445/2000, definito come il documento rilasciato da una pubblica amministrazione avente funzione di ricognizione, riproduzione o partecipazione a terzi di stati, qualità personali e fatti contenuti in albi, elenchi o registri pubblici o comunque accertati da soggetti titolari di funzioni pubbliche.

Il green pass è un certificato (digitale o cartaceo) rilasciato da una Pubblica Amministrazione per l’accertamento, attestazione e l’informazione a terzi dell’avvenuta vaccinazione da anti-SARS-CoV-2 o dell’avvenuta guarigione da COVID-19 o dell’effettuazione di test di screening con esito negativo al virus SARS-CoV-2 nelle 48 ore precedenti o, infine, dell’avvenuta guarigione dopo la somministrazione del vaccino, ma diciamolo subito che esso non è un certificato medico o sanitario, in quanto non rilasciato da medici o da sanitari i quali, invece, dopo aver formato il certificato medico vero e proprio (il referto di tampone negativo o di vaccinazione o di guarigione) trasmette i dati del referto alla pubblica amministrazione attraverso un’operazione materiale di inserimento nel sistema informatico “Tessera Sanitaria” che li raccoglie, li archivia e, sulla base della loro elaborazione, rilascia un certificato amministrativo (il green pass appunto).

L’art. 40 DPR 445/2000 stabilisce che le certificazioni amministrative “sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47″.

A questi due articoli corrispondono due tipologie di certificati sostitutivi, ossia:

– L’art. 46 D.P.R. 445/2000, rubricato “dichiarazione sostitutiva di certificazione” – anche detta autocertificazione – consente di autocertificare gli stati, le condizioni e le qualità tassativamente indicate nel lungo elenco della norma (es. nascita, residenza, iscrizioni ad albi, esistenza in vita, etc.).

L’art. 47 D.P.R. 445/2000, invece rubricato “dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà”, stabilisce che “fatte salve le eccezioni espressamentepreviste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell’articolo 46 sono comprovati dall’interessato mediante la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà“, ossia mediante una dichiarazione sottoscritta dall’interessato e presentata personalmente insieme alla copia di un documento di identità, oppure trasmesse via fax, tramite un incaricato, oppure a mezzo posta.

Ed è esattamente questo lo strumento normativo da utilizzare per autocertificare il green pass, ossia lo stesso strumento utilizzato sino all’aprile 2021, quando la normativa pandemica pretendeva dal cittadino di autocertificare dei presupposti legali richiesti per “uscire di casa”, a condizione che non ci fosse una condizione di salute sospetta, quale una temperatura corporea superiore a 37.5°, presenza di sintomi, di quarantena, isolamento o contatti con positivi, anch’essi debitamente autocertificati.

Che l’autocertificazione sia utilizzabile per sostituire il certificato amministrativo green pass lo dimostra non solo l’esistenza della legge che lo ammette, ma anche l’intero plesso della normativa pandemica del governo Conte-bis (che la richiedeva con dpcm e decreti legge che pubblicavano fac-simile sui siti istituzionali di alcuni ministeri), salvo poi cadere nell’oblio con l’avvento del green pass utilizzato dal governo Draghi, senza però che fosse esclusa espressamente per legge – come prevede l’art. 47 comma 3 DPR 47/2000 – la possibilità di sostituzione del certificato amministrativo con l’autocertificazione.

Che l’autocertificazione sia utilizzabile per sostituire il certificato amministrativo green pass lo dimostra non solo l’esistenza della legge che lo ammette, ma anche l’intero plesso della normativa pandemica del governo Conte-bis (che la richiedeva con dpcm e decreti legge che pubblicavano fac-simile sui siti istituzionali di alcuni ministeri), salvo poi cadere nell’oblio con l’avvento del green pass utilizzato dal governo Draghi, senza però che fosse esclusa espressamente per legge – come prevede l’art. 47 comma 3 DPR 47/2000 – la possibilità di sostituzione del certificato amministrativo con l’autocertificazione.

Avv. Angelo Di Lorenzo

Anzi, al contrario, l’attuale esecutivo – dopo un rapido passaggio nel d.p.c.m. “capienze” dell’ottobre 2021 ove affermava che “a legislazione vigente” il green pass non sarebbe autocertificabile -, con l’art. 6 decreto-legge n. 5 del 4.2.2022 si è prevista l’espressa possibilità di autocertificare la condizione di negatività degli studenti in regime di autosorveglianza, facendo un tampone antigenico in autosomministrazione (cioè “a casa”) e autocertificando l’esito, a dimostrazione che se l’autocertificazione viene utilizzata per la p.a. – nella specie la scuola – per l’esercizio del diritto, allo stesso modo deve essere utilizzato per esercitare ogni diritto subordinato all’accertamento tamponale (green pass base).

In conclusione, a legislazione vigente il certificato amministrativo green-pass, non essendo un certificato medico (non autocertificabile ai sensi dell’art. 49 DPR 445/2000) ed in assenza di espressi divieti normativi, può essere sostituito nei rapporti con la P.A. e con i gestori dei pubblici servizi attraverso la dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio di cui all’art. 47 DPR 445/2000.

Come si autocertifica il green pass, l’ALI ha predisposto un modello?

Si effettua con la dichiarazione di cui all’art. 47 DPR 445/2000 con cui si dichiara di non versare in condizioni di salute compromesse, di non avere 37,5°, di non essere in quarantena, di non avere avuto contatti diretti con positivi, di non avere sintomi che possano far sorgere il sospetto di un contagio ed, in ultimo, di essersi autosomministrato il test antigenico rapido nelle precedenti 48 ore con esito negativo.

L’autosomministrazione del test antigenico rapido può essere fatta in autonomia, purché nelle 48 ore precedenti e preferibilmente con strumenti validati in commercio, meglio se acquistati in farmacia conservando lo scontrino.

Tale autocertificazione potrà essere esibita al posto del green pass per accedere a tutte le attività per le quali è richiesto il green pass base, corredando l’autocertificazione con una copia del documento di identità.

Avvocati Liberi ha pubblicato sul proprio sito: ⤵️

http://www.avvocatiliberi.legal/

un fac-simile di un’autocertificazione di cui all’art. 47 DPR 445/2000 facilmente scaricabile ed editabile al seguente link:

http://avvocatiliberi.legal/te-lo-do-io-il-green-pass-come-autocertificare-il-certificato-verde-covid-19-tutti-gli-atti-necessari/

Vale anche per il super green pass?

Per il super green pass il discorso è differente.

Come detto, il presupposto di un legittimo utilizzo dell’autocertificazione è la dichiarazione di fatti veri.

Dunque non può autocertificarsi di non essere tenuto all’obbligo vaccinale se over 50, se sanitario, se insegnante o appartenente alle forze dell’ordine, come peraltro non corrisponderebbe al vero autocertificare di aver effettuato la vaccinazione o di essere guarito quando ciò non sia mai accaduto.

In sostanza non è possibile utilizzare l’autocertificazione per eludere l’obbligo vaccinale senza incorrere nelle sanzioni penali di cui all’art. 76 DPR 445/2000.

Al di fuori del falso, anche in questo caso, sarà possibile autocertificare il possesso del super green pass qualora il dichiarante ne sia effettivamente in possesso.

Potrebbe sembrare all’apparenza inutile autocertificare un certificato di cui si possiede l’originale, ma il risvolto invece è di enorme rilevanza perché dimostrerebbe ancora una volta l’inutilità di un lasciapassare amministrativo che in base alla legge può e deve essere sostituito ma che, invece, per abitudine culturale e psicologica di molti, sembra sia divenuto l’unica chiave per poter aprire le porte di una esistenza dignitosa.

L’autocertificazione del super green pass farebbe venir meno anche la forza cogente dello strumento, il quale è stato candidamente definito come il mezzo per indurre la cittadinanza a sottoporsi al trattamento sanitario obbligatorio, ma che perderebbe in un sol colpo la propria ragion d’essere qualora si ammetta, come è doveroso in base alla legge, la possibilità di sostituirlo con una propria dichiarazione solenne e formale.

Infine si rileva l’enorme utilità dell’autocertificazione nei casi in cui, per qualsiasi motivo, un soggetto abbia maturato il diritto al rilascio del super green pass ma questo, per ragioni non a lui imputabili e comunque riconducibili a lungaggini o disservizi della p.a., non venga immediatamente rilasciato dopo la guarigione, dopo la vaccinazione o dopo la presentazione di una esenzione (oggi anch’essa divenuta digitale in virtù del DPCM 4.2.2022).

C’è da dire che il soggetto vaccinato, guarito o esentato matura immediatamente il diritto ad esercitare le attività soggette al lasciapassare nell’esatto momento del verificarsi delle condizioni di fatto (vaccinazione; guarigione o esenzione), sicchè egli non può essere limitato nemmeno un minuto in più a causa di disservizi della p.a., di dinieghi, di abusi, di lungaggini, difficoltà tecniche o ritardi colpevoli degli operatori sanitari nel rilasciare i referti o caricare i dati nel sistema informatico, e proprio la frequenza di questa casistica può essere risolta con l’autocertificazione di avere (non il super green pass, ma di aver maturato) tutte le condizioni giuridiche per ottenere il rilascio del certificato rafforzato e, così, esercitare le attività cui si ha pienamente diritto.

Come si può reagire dinanzi a un rifiuto?

Davanti al rifiuto scattano diverse forme di protezione, posto che il pubblico dipendente o l’esercente di servizi pubblici è obbligato ad accettare la presentazione dell’autocertificazione, e non può rifiutarsi.

L’art. 43 DPR 445/200 prevede che le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 e ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interessato, mentre l’art. 74 DPR 445/2000 qualifica il rifiuto del pubblico funzionario di ricevere l’autocertificazione come una violazione dei doveri d’ufficio.

Sempre l’art. 74 cit. prevede ulteriori ipotesi di violazioni dei doveri d’ufficio in caso di rifiuto dell’accettazione delle autocertificazioni di cui all’art. 46 e 47 (già di per sé punibile) ed, in particolare, la richiesta di esibizione del certificato amministrativo che si andrebbe a sostituire con l’autocertificazione (lett. a), dunque integrandosi una doppia violazione del pubblico dipendente o dell’esercente di pubblici servizi che, da una parte, non accetta l’autocertificazione e, dall’altra, chiede il certificato amministrativo che si doveva sostituire con l’autocertificazione non accettata.

C’è da dire che di questi tempi il diritto non viene “messo a terra” nella società civile, ove si registrano storture ed abusi di ogni tipo, ma ciò non significa che la violazione quotidiana dei diritti e della legge è superata per volontà di un impiegato dello stato, delle poste o della banca: anche questi soggetti devono rispettare la legge e debbono assumersi la responsabilità, civile-penale-disciplinare, per il loro operato. Quindi quando a un cittadino munito dei requisiti legali per esercitare un proprio diritto od un’attività qualsiasi verrà impedito di accedere nei luoghi di lavoro, di svago o privato dei servizi essenziali (posta, banca, tribunali, etc.), l’impiegato dovrà – se non vuole continuare a subire gli abusi – non solo segnalare all’organo disciplinare la violazione, ma potrà anche sporgere una denuncia-querela per la violenza privata, per l’abuso di ufficio e per l’interruzione del pubblico servizio nei confronti dell’avente diritto impedito e, inoltre, se il fatto sarà foriero di danni economici o preclusioni (si pensi all’appropriazione delle pensioni non corrisposte dalle Poste ad anziani, oppure alla scadenza del versamento di imposte o tasse con F23; oppure alle more per i ritardi di pagamenti; o alle decadenze da impugnazioni, da ricorsi o da notificazioni con il mezzo postale, etc) il singolo impiegato potrà essere convenuto in giudizio civile per il risarcimento del danno.

Avvocati Liberi, nella medesima sezione del sito ove è pubblicata il modello di autocertificazione, ha pubblicato anche dei fac-simile della segnalazione disciplinare ex art. 74 DPR 445/2000 nonché un fac-simile di denuncia-querela ex art. 610-323-340 c.p. oltre che una bozza di un atto di citazione dei dipendenti pubblici e gestori di servizi essenziali davanti al giudice di pace per il risarcimento del danno che il cittadino può introdurre da solo, senza l’assistenza di un avvocato e senza l’assunzione dei relativi costi (un po’ come è possibile fare per impugnare una multa).

Inoltre, per quanto riguarda ciò sta avvenendo negli uffici postali ed in alcune banche, Avvocati Liberi ha predisposto una diffida preventiva che ogni cittadino può inviare ai gestori di questi servizi essenziali, scaricandola liberamente al seguente link ⤵️

http://avvocatiliberi.legal/diffida-poste-italiane-e-banche/

Ci sono rischi per chi autocertifica e, se sì, quali sono le conseguenze?

Si rischia quello che si rischiava prima: ossia la falsità in atti.

L’art. 76 DPR 445/2000 punisce chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso, tenendo presente che “le dichiarazioni sostitutive rese ai sensi degli articoli 46 e 47 sono considerate come fatte a pubblico ufficiale”.

La solennità dell’autocertificazione è sancita dalla necessità di inserire nell’autocertificazione la dichiarazione di essere consapevoli delle sanzioni di cui all’art. 76 DPR 445/2000 in caso di mendacio, perché il dichiarante non può e non deve dichiarare cose non vere.

Se il dichiarante utilizza l’autocertificazione in maniera impropria, inveritiera o strumentale sarà pertanto punito dall’art. 76 cit. con le pene degli articoli 482-483-493 del codice penale aumentate da un terzo alla metà.

Ciò posto, a meno che non siano falsamente compilate, le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà escludono sempre i reati di falso perché questi richiedono il dolo e, dunque, la coscienza e volontà di dichiarare un fatto non vero.

Se si è convinti di essere negativi, di non avere sintomi, di non essere in quarantena o non aver avuto contatti diretti con contagiati e se si è fatto un test antigenico rapido come previsto dall’art. 9 comma 2 del D.L. 52, e lo si dichiara, un eventuale accertamento contrario dovrebbe dimostrare che il dichiarante sapeva di essere positivo (magari perché aveva fatto un test) o era in quarantena (esistendo un provvedimento regolarmente notificato) e nonostante ciò abbia dichiarato il contrario, ma fuori di questi casi, l’aspetto psicologico del dichiarante non potrà mai dirsi doloso, semmai erroneo, o viziato da un errore o ignoranza sul un fatto che esclude la colpevolezza del reato.

Il premier ha annunciato la fine dello stato d’emergenza al 31 marzo ma non la fine delle restrizioni, tra cui il green pass. Secondo lei è possibile? Se sì su quali basi giuridiche?

A mio parere non esiste alcuna base giuridica – semmai fosse esistita anche prima – per giustificare la proroga di misure restrittive delle libertà fondamentali, dell’uguaglianza e della dignità umana, a fortiori in assenza di una condizione straordinaria di necessità ed urgenza.

Nella quasi totalità della casistica giurisprudenziale dell’era pandemica, la magistratura ha giustificato le misure restrittive (lockdown; d.a.d.; coprifuoco; mascherine; zone colorate; green pass base o rafforzato; sospensione dal lavoro e dalla retribuzione; limiti alle cure sanitarie; limiti alla ricerca, alla cultura, alle manifestazioni, alla circolazione, al culto e cerimonie, all’iniziativa economica; allo sport, alla proprietà; obbligo vaccinale generalizzato, etc.) in quanto misure temporanee, proporzionate ed adeguate a contrastare l’emergenza sanitaria, terminata la quale dovrebbero immediatamente cessare anche le restrizioni e le misure assunte per farvi fronte.

Del resto tutti i provvedimenti normativi a base pandemica, ma proprio tutti, sono stati emessi in conseguenza “della dichiarazione dello stato di emergenza” con il dichiarato intento di “contenere la diffusione del virus”, tanto che tali presupposti e finalità ne hanno costituito la ratio giustificatrice oltre che soglia di ammissibilità, sicchè sarebbe giuridicamente abnorme mantenere misure incidenti così gravemente sulla vita delle persone e sui loro diritti naturali una volta venuti meno i presupposti su cui si basava la loro introduzione.

Di fronte a una sanzione, quali strade possono percorrere i cittadini?

Se si manterranno, anche dopo la fine dello stato d’emergenza, alcune restrizioni, soprattutto quelle più odiose e divisive per la società (green pass e obblighi vaccinali generalizzati), noi di Avvocati Liberi – ma mi auguro facciano lo stesso tutti gli avvocati italiani che abbiano ancora nell’animo un elevato livello di senso democratico, di giustizia e la solidarietà sociale – impugneremo e contesteremo in ogni sede – giudiziaria e non – la persistenza di misure costituzionalmente aberranti, ingiuste, giuridicamente illecite e socialmente odiose, oltre che dannose per la ripartenza economica del paese.

Anche i cittadini però sono chiamati alla loro parte, e non solo i “consumatori” delle attività o dei servizi, ma anche gli esercenti e i datori di lavoro, che devono tornare a rispettare la legge fondamentale, i diritti altrui e gli interessi di produttività delle proprie aziende, con la consapevolezza che le sanzioni eventualmente irrogate per violazioni di norme illegittime dovranno essere fatte oggetto di impugnazione per farle annullare in giudizio.

Abbiamo già moltissimi precedenti di annullamenti delle sanzioni, per lo più multe, comminate per violazioni sulla disciplina delle mascherine, del distanziamento, del coprifuoco, etc, e la gran parte di quelle impugnate (in particolare dalla metà del 2021) sono state archiviate dai Prefetti e, quand’anche confermate in prima battuta, demolite dai giudici di pace.

Ultimamente registriamo anche un profluvio di sentenze, provenienti da ogni tipo di giurisdizione (amministrativa; civile; penale), che hanno accertato l’illegittimità delle sanzioni di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione dei lavoratori, o che hanno sollevato questioni di costituzionalità degli obblighi vaccinali.

Inoltre sono state emesse pronunce che hanno dichiarato l’illegittimità dello stato di emergenza e delle misure restrittive, quindi non ci vuole molto a comprendere che non si tratta di opinioni personali o di visioni ideologiche, quanto di statuizioni di Tribunali italiani. Ora non resta che prendere consapevolezza di ciò, di rendere esecutive le sentenze e trasportarne i principi nella coscienza sociale la quale, quando avrà compreso l’illegittimità giuridica di tali misure, non potrà fare altro che ignorarle e considerarle tanquam non esset.

Il vero snodo da superare consiste nella scissione dell’analisi giuridica di uno strumento con l’utilizzo che se ne fa, perché ogni discussione su questi temi è macchiata dal pregiudizio e dalla pretesa di accettazione incondizionata di una verità e di una giustizia trattata come “atto di fede”, in una presa di posizione su aspetti ideologici o politici che nulla hanno a che fare con la sanità o con il diritto.