FONTE: Il Corriere del Veneto – 23 Luglio 2021

C’è il 32,5% di non vaccinati , una delle percentuali più alte in Veneto: Il sindaco: «Non è il paese che conosco». Il medico di base: «Dei miei colleghi si sono rifiutati di vaccinare».
Nausea da Covid. Assuefazione da cure con qualche episodio di rigetto. E qui poi, nel paese che più ha patito, quello che per primo ha avuto l’infezione e che per primo ne è uscito (per ora, passibili di rientro lo siamo tutti). Qui il sindaco Giuliano Martini, farmacista, non ci si raccapezza proprio: «Non è il paese che conosco, non quello del senso civico che so». Sessantadue persone su cento, una percentuale di vaccinati tra le è più basse in Veneto che mette il paese dei colli Euganei in cima alla classifica dei renitenti alla dose, gli altri viaggiano tra il 70 e il 75%. Per l’esattezza 32,5% di non vaccinati (968 persone) su un totale di 2.975 abitanti compresi i neonati e gli imberbi, solo per questo le cifre del sindaco sono leggermente migliori. Una situazione opposta rispetto ad esempio a Medicina (Bologna), tra i paesi più colpiti e a lungo zona rossa, dove i cittadini hanno risposto in massa alla campagna vaccinale.

Il sindaco farmacista: «Non è il paese che conosco»

Ogni settimana, nella sua farmacia, il primo cittadino tampona una cinquantina di persone, una decina le immunizza. È uno che, insomma, conosce i suoi «polli». Eppure stenta a crederci. Vo’, paese monosillabico, avaro di parole fin dal nome, in questo caso ellittico ed allusivo anche nelle vaccinazioni. Quindi inquietante. Giri per la piazza e hanno tutti con la mascherina, di Crisanti parlano come un amico di famiglia, qui il presidente della Repubblica se lo ricordano come il papà che l’anno scorso è venuto a inaugurare l’anno scolastico. Telecamere, primi piani tivù, il primo morto, le attenzioni di un esercito di infettivologi, biologi, statistici, e psicologi anche a studiare i possibili effetti di un isolamento sociale militarizzato. Sotto i fari della ribalta un anno intero, sotto quello del microscopio ancora adesso.

L’edicolante: «I numeri non tornano»

Il giornalaio, uomo avezzo alle notizie, legge e tira su il naso. Lui, ai tempi della blindatura, era quello andava a prendere i quotidiani sul confine, al posto di blocco dei carabinieri, lì trovava i volontari che glieli dava gratis. «Sfido che andavano via tutti. Le notizie si vendono, specie quando non costano niente, ma questa che noi siamo i somari del Covid mi pare esagerata. C’è qualcosa che non va in questi numeri». Cosa e dove non dice, ma il modo in cui lo tace parla da solo: è come se dopo 18 mesi in cui ha visto non solo i fatti ma anche la loro costruzione, le troupe televisive in azione, le dirette e gli inviati lavorare, avesse fatto uno stage completo sull’industria dell’informazione. Insomma ragiona come uno che è stato nel retrobottega di un ristorante cinese e ha dei dubbi.

Tra scetticismo e realtà

Al bar – quello in piazza che tenne aperto in violazione delle prime chiusure, quello del primo morto, Adriano Trevisan, che ci giocava a carte – un avventore di mezza età si presenta: «Sono uno degli 88 asintomatici. Ai tempi del coprifuoco giravo e per quanto girassi e conducessi una vita normale, mia suocera di 80 anni col tumore non l’ho infettata, né ho infettato mia figlia, né nessun altro». Chiude il giornale e cala l’asso: «Lo sa che qui, nel 2019, abbiamo avuto più morti che nel 2020 in pieno Covid? E allora, cosa dobbiamo pensare? Questa dei contagi non la accetto. Ho un ristorante io, che faccio? Prima del menù chiedo ai clienti di mostrarmi il telefonino con il green pass? Ho anche parenti in Brasile, li ho sentiti ieri, non è l’inferno che raccontano qui, là il Covid è una malattia come un’altra che fa il suo corso».

Il medico di base: «Un mio collega non li ha voluti fare»

Scettico, un po’ Bolsonaro, ma due dosi se le è fatte anche lui. Non è un renitente, è solo uno stufo. Tra l’altro uno che deve essere andato a farsele dal dottor Carlo Peruzzi, medico di base da qualche giorno che si gode la meritata pensione, e anche uno dei tre in esercizio a Vo’ fino a ieri. «Ne ho fatte di iniezioni. C’erano quelli che le volevano e quelli che no, come c’erano medici che le facevano e medici che non le volevano fare. Un mio collega si è rifiutato di farle. È una libera scelta. Ha abbattuto lui il tasso di vaccinati qui a Vo’? Non credo: i vaccini non sono stati fatti anche altrove, a Baone, a Lozzo. Ora sembra che Vo’ sia l’unica che deve vergognarsi, ma non è così. Forse si è stufata un pochino, forse si sono dimenticati troppo presto delle conseguenze».

«Non è un paese di antivaccinisti»

Dimenticanza, rimozione, stanchezza, la Usl di competenza ha promesso un’indagine approfondita e c’è da giurare che qualche spiegazione dovrà darla anche il medico no vax che tuttora esercita a Vo’ e non risulta abbia cambiato idea. «Questo non è un paese di pazzerelli – garantisce il sindaco – qui non mi risultano terrapiattisti o gente che crede nelle strisce chimiche, sebbene qualcuno che mi ha accusato di essere un agente segreto delle big-pharma ci sia. Io ci ho fatto una risata. Lei non ha idea della fatica che si fa a convincere la gente a vaccinarsi, bisogna conquistarsi la fiducia, entrare in confidenza, mostrare che tu te lo sei fatto. Poi ci sono i no no no con cui non puoi ragionare, quelli che ti dicono no io non sono una cavia, quelli che temono per le future generazioni».

[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione(Co.Te.L.In.), di cui fa parte anche Catania CreAttiva, e che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, fra cui Mercurius5 ed “Il Re è Nudo” , supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]

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