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19 Marzo 2022 – Redazione

Dopo la vergognosa figura de La Stampa, che nella giornata del 17 marzo ha pubblicato in prima pagina una foto della strage di Donetsk (da parte ucraina su quella popolazione), accompagnata da articoli sull’assedio di Kiev, e che ha fatto il giro del mondo facendo pubblicamente indignare anche il Cremlino, il prof. D’Orsi, giornalista, storico e docente universitario, ha pubblicato il suo addio al giornale di cui è stato collaboratore da molti anni.

Scrive il prof. indirizzando la lettera a Massimo Giannini: «Gentile Direttore, ho collaborato alla Stampa per decenni, e sono stato allontanato, senza una parola, naturalmente, con l’arrivo di Molinari, giunto al giornale a portarvi il suo carico di sionismo e iperatlantismo (e già allora di russofobia)».

Continua D’Orsi: «Avevo sperato che un giornalista proveniente da “la Repubblica” come Lei, avrebbe compiuto uno sforzo di riequlibrare l’orientamento di questa testata a cui sono rimasto legato. Invece no. E i vostri servizi, se così vogliamo chiamarli, sulla guerra in Ucraina, lo dimostrano, in modo avvilente. Ma con la prima pagina di oggi il giornale da Lei diretto ha toccato il fondo della disonestà giornalistica: una immagine relativa alla strage compiuta due giorni fa dalle truppe governative di Kiev ai danni dei civili di Donetsk (14 morti), viene presentata in modo che il pubblico pensi che siano stati i russi cattivi. Siamo oltre ogni artefizio giornalistico, lo lasci dire a uno che è iscritto all’Ordine dal 1971, e che ha avuto nel 2021 la targa d’argento come veterano del giornalismo piemontese. Uno che è stato allievo di Norberto Bobbio, e oltre ad aver insegnato per più di 40 anni all’Università, ha lavorato per le maggiori testate italiane, e anche qualche testata straniera, pubblicando molte centinaia di articoli».

Scrive D’Orsi: «Mi aspetto che il giornale domani, con lo stesso rilievo faccia una formale autocritica e spieghi, come e quando e da chi ha ricevuto la foto, chi ne sia l’autore, come la foto è giunta a voi (e se avete i diritti di utilizzo), e in quale situazione è stata scattata. Aggiungo che tutta l’impaginazione, dai titoli dei commenti tutti a senso unico, fino al pezzo che vorrebbe essere sarcastico su Luciano Canfora, e che fa ridere solo chi l’ha scritto, è a di poco inquietante».

Conclude la lettera: «State spingendoci verso la terza guerra mondiale, consapevolmente o meno. La storia non vi ha proprio insegnato nulla. Che pena. Segnalerò comunque l’episodio all’Ordine. E smetterò di comprare, ovviamente, il Suo giornale. Prof. Angelo D’Orsi, Università di Torino».

CHI E’ IL PROF. ANGELO D’ORSI

Angelo d’Orsi è uno storicogiornalista e accademicoitaliano. Fa parte di diversi comitati scientifici di riviste e ha fondato alcune collane editoriali e alcune riviste: Nuova Sinistra. Appunti torinesi (1971-1974), Nuvole (1991, da cui poi si è allontanato), Quaderni di Storia dell’Università di Torino (1996-2001), Historia Magistra. Rivista di storia critica(2009 – in corso), Gramsciana. Rivista internazionale di studi su Antonio Gramsci (2015-in corso). Ha inoltre fondato FestivalStoria (2003, 1ª edizione 2005). Ha collaborato con diverse testate giornalistiche (Il Sole 24 ORECorriere della SeraLa StampaQuotidiano dei lavoratoriil Fatto Quotidiano). In vista delle elezioni comunali di Torino del 2021è stato il Candidato Sindaco.

25 febbraio 2022 – Redazione Co.Te.L.I.

L’Unione europea, dopo il 2017, ha versato nelle casse ucraine aiuti per oltre 5 miliardi di euro. 
L’Ucraina è un caso di scuola di Stato corrotto e inefficiente. È solo l’aiuto economico di Banca mondiale, Fondo monetario, Unione Europea e Stati Uniti che ne impedisce il crollo verticale. Ma chi governa l’Ucraina? Riposta semplice e brutale: gli oligarchi, in maniera più o meno diretta.Di: Alberto Negri

ALBERTO NEGRI E’ UNO DEI GIORNALISTI MASSIMI ESPERTI DI GEOPOLITICA INVIATO DI GUERRA DEL SOLE 24 ORE. HA SEGUITO I PRINCIPALI CONFLITTI ED EVENTI POLITICI INTERNAZIONALI DAGLI ANNI ‘80 AD OGGI

https://www.remocontro.it/2022/02/17/ucraina-a-perdere-fallimento-europeo-e-atlantista-alberto-negri/

Sul filo del rasoio. L’Ucraina è un caso di scuola di Stato corrotto e inefficiente. È solo l’aiuto economico di Banca mondiale, Fondo monetario, Unione Europea e Stati Uniti che ne impedisce il crollo verticale.

Nei trent’anni seguiti alla dissoluzione dell’Urss, il Paese ha fatto ancora più passi indietro rispetto agli Stati confinanti. Nel 1992 il reddito medio ucraino era il 90% di quello polacco, attualmente è meno del 40%. All’origine del fallimento uno stato debole e lo strapotere degli oligarchi che genera corruzione.Washington e Bruxelles faticano a prenderne atto.L’Ucraina passa così da una crisi economica all’altra, con un assetto istituzionale fragile, un’economia debole e una corruzione pervasivaQuesto nonostante riceva aiuti occidentali, economici e militari, dal 2014, l’anno della guerra civile con 14 mila morti, due milioni di profughi e l’annessione russa della Crimea. Ma si continua a guardare il problema ucraino attraverso la lente russa, trascurando le debolezze strutturali di Kiev.L’Ucraina ha acquistato la propria sovranità solamente dopo l’implosione sovietica. In precedenza il territorio era suddiviso tra gli imperi zarista e austro-ungarico, arrivando all’indipendenza per un breve periodo dopo la fine della prima guerra mondiale, prima di essere incorporata nell’Unione Sovietica.L’Ucraina post-sovietica si è trovata di fronte al difficile problema di costruire uno Stato e in questo difficile processo sono emerse le divisioni della società ucraina. La religione stessa è un elemento di separazione. La popolazione è a maggioranza ortodossa – l’ortodossia è nata a Kiev – ma esiste una consistente minoranza cattolica di rito greco.Nel gennaio 2019 il patriarca ecumenico di Constantinopoli, Bartolomeo, primus inter pares fra i capi religiosi ortodossi, ha conferito alla Chiesa ortodossa di Ucraina l’indipendenza autocefala. Questa scelta è stata determinata dalla volontà di ridurre la storica influenza di Mosca e ha creato un’ulteriore divisione tra i fedeli, che devono decidere se obbedire al patriarca ucraino o a quello moscovita.Il paese è bilingue. La questione linguistica divide la società ed è diventata strumento di lotta politica, soprattutto da parte di quei partiti che vogliono creare un’identità ucraina in opposizione alla parte in cui si parla il russo. Il penultimo presidente, Poroshenko, parla il russo meglio dell’ucraino, mentre l’attuale presidente Zelensky ha lavorato come comico per una tv di lingua russa. Nel 2019 il parlamento ha votato una legge che stabilisce l’ucraino come lingua ufficiale del paese e sostituisce il russo nelle scuole medie in cui prima veniva usato.Il Paese è diviso anche economicamente: la parte a est del Dnepr è più industrializzata, quella a ovest è storicamente a vocazione agricola. L’Est è il cuore industriale del paese in cui vengono prodotti acciaio, armi, auto e prodotti aereospaziali. È la zona della prima industrializzazione in epoca zarista sulla quale si è innestata quella successiva sovietica. La capitale Kiev è il maggior centro di produzione terziaria del paese, dove hanno sede imprese del settore aereonautico, energetico (Naftohaz) e telefonico (Kyivstar).Ma chi governa l’Ucraina? Riposta semplice e brutale: gli oligarchi, in maniera più o meno diretta. Gli oligarchi hanno formato una rete di imprese e attività disparate acquisendo un enorme potere. Qualunque presidente e primo ministro ucraino è sempre stato dipendente dagli interessi e dall’influenza dei vari Akhmetov, Firtash, Kolomojsky, Medvedchuk, Poroshenko, Tymoshenko. Gli ultimi due – il primo come presidente, la seconda come premier – hanno direttamente governato il paese. Non si è dunque formata una classe dirigente in grado di definire gli interessi nazionali e controllare i potentati economici.L’Ucraina è un caso di scuola di Stato corrotto e inefficiente. È solo l’aiuto economico di Banca mondiale, Fondo monetario, Unione Europea e Stati Uniti che ne impedisce il crollo verticale. La Ue ha erogato 5 miliardi di euro, il Fondo un prestito da 17 miliardi, ma questi soldi o sono stati spesi male oppure neppure sono arrivati per l’incapacità di gestione dei governi di Kiev. Nonostante i tentativi di combattere la corruzione, la situazione non è migliorata. Anzi, sembra sia addirittura aumentata dopo l’elezione di Zelenskj.L’Ucraina è il simbolo di un cattivo affare dell’atlantismo. C’erano due obiettivi. Uno: con gli aiuti militari e finanziari occidentali, era contenere la Russia e dissuaderla dal sostenere le repubbliche autoproclamate del Donbass e di Luhansk (che la Duma di Mosca vorrebbe riconoscere). Il secondo era ideologico: costruire in Ucraina uno Stato a imitazione del sistema occidentale, con l’ovvia conseguenza dell’adesione alla Nato. È però evidente che l’Ucraina non sarà ammessa nella Nato perché questo significherebbe uno scontro armato con la Russia.L’Europa dovrebbe chiedersi qual è il vero stato dell’economia e della società ucraine, abbandonando il pregiudizio che tutto quello che non funziona è determinato dalla pressione russa. La crisi non può essere risolta senza un’intesa tra Russia e Ucraina, a sua volta parte di un più ampio accordo tra Mosca e l’Occidente. Si possono cambiare molte cose di un Paese, non la sua geografia.

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Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia MC Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di professionisti (insegnanti, economisti, medici, avvocati, ecc.) formatosi con l’unico intento di collaborare per la difesa della libertà di espressione (art. 21 della Costituzione Italiana e art. 11 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea) e per la ricerca e condivisione della verità sui principali argomenti e fatti di rilevanza sia locale che globale]

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