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di Marco Lehnus (medico)

Un gruppo di malattie degenerative del sistema nervoso centrale, è noto con il termine di malattia da prioni.

Si tratta, fortunatamente, di encefalopatie rare, che colpiscono sia l’essere umano, sia il mondo animale e specificamente i mammiferi.

I prioni, sono forme alterate della proteina prionica  (PrP), particolarmente presente nel nostro cervello, ma presente anche in altre strutture del nostro organismo.

La mutazione, per  ragioni non ancora perfettamente chiarite, della forma spaziale della PrP, vengono trasmesse geneticamente, come carattere autosomico dominante.  Ovvero, un genitore portatore di questa mutazione, ha il 50% delle probabilità di trasmettere il gene modificato della proteina prionica ai figli, conducendo in patologia irreversibile l’organo colpito.

Nel cervello, organo particolarmente ricco di PrP, l’accumulo dei  prioni a livello dei neuroni (le cellule del sistema nervoso), crea delle microcavità, che conferiscono al tessuto cerebrale un aspetto simile a quello di una spugna (donde il nome di malattia spongiforme) .

Fin qui, ciò che concerne la mutazione genetica della PrP, in grado di dare origine a diverse forme di malattia da prioni .

Le forme acquisite di malattia da prioni, vanno dalle cosiddette forme iatrogene (ovvero indotte dal medico in seguito a somministrazione di farmaci biologici di tipo ormonale contaminati, come pure in seguito all’utilizzo accidentale di sangue trasfusionale contaminato), alle forme conseguenti all’utilizzo di carne bovina, affetta dall’ encefalopatia spongiforme bovina o “morbo della mucca pazza”, il cui primo caso avvenne in Inghilterra nel 1986, in un allevamento dello Hampshire, ove il consueto processo chimico legato all’uso di solventi per eliminare l’eccesso di grassi delle carni da trasformare in farine, venne  sostituito con un processo di “pressione”, che però non riuscì ad inattivare i prioni presenti in esse. 

Quali aree vanno ad occupare i prioni nel corpo umano?

Per comprenderlo, possiamo “visualizzare” la struttura di una cellula, anche senza ricorrere ad una sua immagine e partiamo quindi dalla:

CASA

immaginiamo pertanto un prato di 1500 – 2000 mq. (non certo un’estensione enorme) ed in esso costruiamo una casetta  unifamiliare per  quattro o cinque persone, all’interno della quale c’è tutta la ricchezza in termini di nucleo familiare  e di oggetti, tutti indispensabili e delicatissimi , fondamentali  per l’economia e la sopravvivenza complessiva della casa. Dimenticavo la mansarda, preziosissimo luogo, ove la presenza di libri, dvd musicali e film, nonché oggettistica legata agli hobby, caratterizzano l’essenza specifica dei proprietari della nostra magione.  Ora, recintiamo il tutto con un muretto di protezione con due aperture, una per il cancelletto che conduce alla casa ed una per il cancello più grande che dia accesso al garage.  Nel giardino, mettiamo qua e là piante e piantine, sassi ornamentali, come pure luci e molte altre cose, che chiamiamo semplicemente oggetti.  Facile la visualizzazione complessiva, vero?

Ora, passiamo alla:

CELLULA

Ora, trasliamo quanto immaginato sopra, per immaginare invece la cellula. In essa, il prato lo chiameremo citoplasma, la casa diviene ora il nucleo (che contiene  la maggior parte della “ricchezza”, ovvero il patrimonio genetico dell’individuo. Gli acidi nucleici qui presenti, ovvero il DNA e l’RNA, esprimono sotto forma di produzione di proteine, l’informazione genetica specifica di ogni individuo.

Immaginiamo una collana con le sue perle: ogni singola perla è un aminoacido. L’unione di due aminoacidi forma una proteina semplice, mentre più aminoacidi uniti assieme, formano  una proteina complessa.

Gli acidi nucleici sono certamente proteine, oltretutto complesse, ove – nel caso del DNA associato a proteine specifiche, chiamate istoni – si va a costituire la cromatina, ovvero la materia della quali sono fatti i cromosomi.  L’RNA messaggero (mRNA) del quale si parla a dismisura nell’ultimo anno e mezzo, è l’elemento che porta informazioni genetiche specifiche di ognuno di noi ai siti (i ribosomi) per la sintesi proteica durante la trascrizione del DNA.

All’interno del nucleo, è contenuto il nucleolo (la mansarda…) nel quale vi è abbondanza di Rna ribosomiale (r-RNA) sintetizzato a partire da un filamento di DNA. L’ r-RNA formatosi in questa sede, si ripiega su se stesso, si lega alle proteine ribosomiali presenti per costituire il ribosoma che abbandonerà il nucleolo e, attraversando il nucleo, giungerà nel citoplasma per diventare unità funzionale per la produzione di proteine. Ribosoma, mitocondri, apparato di Golgi e molto altro ancora, saranno le “piantine” e gli “oggetti” del nostro giardino che abbiamo chiamato citoplasma. Ci siamo?

Ora, da ultimo, costruiamo il muro di cinta del giardino per la protezione della casa, che chiamiamo in questo caso membrana cellulare. Essa, consente l’ingresso e l’uscita (come per la casa il cancello e il portone), solo ad elementi selezionati e provenienti dal metabolismo alimentare in ingresso e dei rifiuti in uscita.

Da ultimo, non dimentichiamo che vicino alla nostra casa, vi sono altre case e che per raggiungerle, sarà necessario percorrere uno spazio chiamato strada, mentre l’analogo spazio fra una cellula e l’altra è lo spazio intercellulare.

Riuscite a vedere il tutto legato nella similitudine descritta? Se si, procediamo senza oramai più difficoltà!

Ora, possiamo quindi tornare ai nostri prioni 

Come dicevamo, sono forme alterate della PrP (la proteina prionica).

I prioni, vanno ad accumularsi nel sistema nervoso, proprio nello spazio intercellulare, fra una cellula nervosa (neurone) e l’altra, ove formano placche di aggregazione che determineranno nel tempo la degenerazione del tessuto nervoso stesso.

Ciò che accade ad esempio nella Sindrome di Creutzfeldt – Jacob, più nota come “malattia della mucca pazza”, è esattamente questo!

Il vaccino, come gli studi di microbiologia insegnano agli studenti del 2°anno di medicina, è un farmaco ottenuto da un elemento biologico – il virus –  ucciso oppure reso attenuato o avirulento, che dovrà poi essere iniettato dopo opportuni ulteriori passaggi di laboratorio, nel corpo umano.

Ora, dopo questa ampia ma necessaria premessa, abbiamo gli elementi per capire le ragioni per le quali un “dispositivo genico” ingannevolmente chiamato vaccino, possa determinare danni seri ed irreversibili anche – ma non solo – ad uno dei tessuti più importanti che costituiscono il nostro corpo: il tessuto nervoso.

A tal proposito, riassumo brevemente gli studi condotti nel 2020 dal prof. Richard Fleming medico con PhD, nei quali si evidenzia la presenza di aree (domini) simili a prioni nella proteina spike del Sars-Cov-2

Il Sars -Cov -2, appartiene al genere dei beta-coronavirus (β-CoV), genere rivelatosi essere l’unico ad essere caratterizzato da una elevatissima affinità – da 10 a 20 volte maggiore – per i recettori degli ACE2,  naturalmente presenti sulle membrane cellulari delle cellule polmonari (dove viene prodotto l’ACE, ovvero l’enzima di conversione dell’angiotensina), ma anche sulle membrane cellulari del cuore, delle arterie dei reni e dell’apparato intestinale, i quali recettori, oltre a mantenere controllata la pressione del sangue, funzionano, purtroppo, anche come porte d’ingresso (siti di aggancio) per alcuni tipi coronavirus.

È stato scoperto che i vaccini causano una serie di eventi avversi cronici a sviluppo tardivo.

Ed alcuni eventi avversi come il diabete di tipo 1 (insulinodipendente), potrebbero non verificarsi fino a 3-4 anni dopo la somministrazione di un vaccino [1].

Nell’esempio del diabete di tipo 1, la frequenza dei casi di eventi avversi conseguenti alla malattia diabetica, può superare la frequenza dei casi di malattie infettive gravi, che il vaccino è stato progettato per prevenirle.

Dato che il diabete di tipo 1 è solo una delle tante malattie immunomediate potenzialmente causate dai vaccini, gli eventi avversi cronici tardivi rappresentano un serio problema di salute pubblica.

Vaccini a base di RNA :  rischio di indurre eventi avversi specifici.

Uno di questi potenziali eventi avversi sono le malattie a base di prioni, causate dall’attivazione di proteine ​​intrinseche per formare prioni. È stata pubblicata una vasta conoscenza su una classe di proteine ​​leganti l’RNA che hanno dimostrato di concorrere all’insorgenza di una serie di malattie neurologiche tra cui il morbo di Alzheimer e la SLA (sclerosi laterale amiotrofica).

Il vaccino COVID-19 a base di RNA Pfizer, è stato approvato dalla FDA (Food and Drug Administration) degli Stati Uniti, con un’autorizzazione all’ uso di emergenza senza dati sulla sicurezza a lungo termine!

A causa delle preoccupazioni sulla sicurezza di questo vaccino, è stato condotto uno studio per determinare se il vaccino potesse potenzialmente indurre una malattia a base di prioni.

L’ analisi del vaccino Pfizer contro il COVID – 19, ha identificato due potenziali fattori di rischio di indurre la malattia da prioni nell’uomo. La struttura sequenziale di RNA nel vaccino, contiene delle sequenze che si ritiene inducano il TDP-43 ed il FUS (sono geni che codificano per una proteina legante l’RNA) a formare aggregazioni basate su prioni, portando allo sviluppo di comuni malattie neurodegenerative.

La proteina spike, codificata dal vaccino, si lega all’ ACE-2, un enzima che contiene molecole di zinco [8]. Il legame della proteina spike all’ACE2, ha il potenziale per rilasciare la molecola di zinco, uno ione che fa sì che TDP-43 assuma la sua trasformazione patologica del prione.

Negli ultimi due decenni alcuni scienziati si sono preoccupati che i prioni potessero essere usati come armi biologiche. Più di recente c’è stata la preoccupazione che le molecole intracellulari ubiquitarie potessero essere attivate per causare malattie da prioni, tra cui il morbo di Alzheimer, la SLA e altre malattie neurodegenerative.

L’attuale analisi indica che il vaccino COVID-19 a base di RNA di Pfizer contiene molte sequenze di RNA che hanno dimostrato di avere un’elevata affinità per TDP-43 o FUS e hanno il potenziale per indurre malattie neurologiche degenerative croniche. TDP-43 è un altro meccanismo che porta alla formazione di aggregazioni simili all’amiloide (proteina anomala presente in molti organi del corpo in grado di determinare gravi patologie. Nel cervello è responsabile del morbo di Alzheimer).  

Nella relazione di cui al sito citato nei riferimenti bibliografici, si legge ancora che:

“…l’interazione è abbastanza preoccupante data la convinzione che il virus che causa COVID-19, SARS-CoV-2, sia un’arma biologica [10,11] ed è possibile che la proteina virale del picco possa essere stata progettata per causare la malattia da prioni.

Un’altra preoccupazione correlata è che il vaccino Pfizer utilizza un unico nucleoside di RNA 1-metil-3′-pseudouridilile (Ψ). Secondo i documenti informativi della FDA, questo nucleoside è stato scelto per ridurre l’attivazione del sistema immunitario innato [12]…”.

Prosegue la relazione:

“ …se avessero ragione coloro che sostengono che il COVID-19 sia effettivamente un’arma biologica, allora potrebbe essere rilasciato un secondo virus potenzialmente più pericoloso, che lega la proteina spike trovata sulle cellule ospiti dei destinatari del vaccino. I dati non sono disponibili al pubblico, alfine di  fornire informazioni riguardo a :

quanto tempo dopo l’RNA del vaccino viene tradotto nell’individuo vaccinato

 per quanto tempo, dopo la traduzione, la proteina spike sarà presente nelle cellule del ricevente.

Infine, altri che lavorano nel campo hanno pubblicato ulteriore supporto che i vaccini COVID-19 potrebbero potenzialmente indurre la malattia da prioni. Gli autori [18] hanno trovato sequenze correlate ai prioni nella proteina spike COVID-19 che non sono state trovate nei coronavirus correlati. Altri [19] hanno riportato un caso di malattia da prioni, malattia di Creutzfeldt-Jakob, che si è verificata inizialmente in un uomo con COVID-19.

Molti hanno lanciato l’allarme che l’attuale epidemia di COVID-19 sia in realtà il risultato di un attacco con armi biologiche rilasciato in parte da individui nel governo degli Stati Uniti [10,11]. Una tale teoria non è inverosimile dato che l’attacco all’antrace del 2001 negli Stati Uniti ha avuto origine a Fort Detrick, una struttura di armi biologiche dell’esercito statunitense.

Poiché l’indagine dell’FBI sull’antrace è stata chiusa contro il parere dell’agente principale dell’FBI,  nel caso ci sono probabilmente cospiratori che lavorano ancora nel governo degli Stati Uniti. In uno scenario del genere, l’obiettivo principale di fermare un attacco con armi biologiche deve essere quello di arrestare i cospiratori o gli attacchi non cesseranno mai.

Approvare un vaccino, utilizzando la nuova tecnologia dell’RNA senza test approfonditi è estremamente pericoloso. Il vaccino potrebbe essere un’arma biologica e anche più pericoloso dell’infezione originale”.

Riferimenti bibliografici:

https://www.evolutamente.it/vaccini-mrna-per-covid-19-e-rischio-di-malattia-da-prioni/  alla fine della quale sono riportati i riferimenti bibliografici che hanno reso possibile all’autore stilare la relazione di seguito.

Classen JB, Classen DC. Clustering of cases of insulin dependent diabetes (IDDM) occurring three years after Hemophilus influenza B (HiB) immunization support causal relationship between immunization and IDDM. Autoimmunity. 2002; 35: 247-253.

King OD, Gitler AD, Shorter J. The tip of the iceberg: RNA-binding proteins with prion-like domains in neurodegenerative disease. Brain Res. 2012; 1462: 61-80.

WHO, International Non Proprietary Names Program: 11889. 9/2020.

Kapeli K, Pratt GA, Vu AQ, et al. Distinct and shared functions of ALS-associated proteins TDP-43, FUS and TAF15 revealed by multisystem analyses. Nature Communications. 2016; 7: 12143.

Kuo P, Chiang C, Wang Y, et al. The crystal structure of TDP-43 RRM1-DNA complex reveals the specific recognition for UG- and TG-rich nucleic acids. Nucleic Acids Research. 2014; 42: 4712-4722.

Tollervey JR, Curk T, Rogelj B, et al. Characterizing the RNA targets and position-dependent splicing regulation by TDP-43; implications for neurodegenerative diseases. Nat Neurosci. 2011; 14: 452-458.

Imperatore JA, McAninch DS, Valdez-Sinon AN, et al. FUS recognizes G quadruplex structures within neuronal mRNAs. Frontiers in Molecular Biosciences. 2020; 7: 6.

Shang J, Ye G, Shi K, et al. Structural basis of receptor recognition by SARS-CoV-2. Nature. 2020; 581: 221-225.

Garnier C, Devred F, Byrne D, et al. Zinc binding to RNA recognition motif of TDP-43 induces the formation of amyloid-like aggregates. Sci Rep. 2017; 7: 6812.

Classen JB. COVID-19, MMR vaccine, and bioweapons. Diabetes & its Complications.2020; 4: 1-8.

Classen JB. Evidence supporting the hypothesis that the 2019 epidemic of E-vaping acute lung injury (EVALI) was caused in part by COVID-19. Diabetes & Complications. 2020; 4: 1-2.

Pfizer-Biotech: COVID-19 Vaccine (BNT162, PF-07302048), Vaccines and Related Biological Products Advisory Committee Briefing Document. Meeting Date: 10 December 2020.

Roundtree IA, Evans ME, Pan, et al. Dynamic RNA modifications in gene expression regulation. Cell. 2017; 169: 1187-1200.

Classen JB. Review of Vaccine Induced Immune Overload and the Resulting Epidemics of Type 1 Diabetes and Metabolic Syndrome, Emphasis on Explaining the Recent accelerations in the Risk of Prediabetes and other Immune Mediated Diseases. J Mol Genet Med. 2014; S1: 025.

Amiral J. Can COVID-19 Induce an autoimmune disease associated with long- lasting symptoms and delayed complications? Ann Clin Immunol Microbiol. 2020; 2: 1014.

Wang EY, Mao T, Klein J, et al. Diverse functional autoantibodies in patients with COVID-19. medRxiv preprint. 2020.

Lyons-Weiler J. Pathogenic priming likely contributes to serious and critical illness and mortality in COVID-19 via autoimmunity. Journal of Translational Autoimmunity. 2020; 3: 100051.

Tetz G, Tetz V. SARS-CoV-2 prion-like domains in spike proteins enable higher affinity to ACE2. Preprint. 2020.

Young MJ, O’Hare M, Matiello M, et al. Creutzfeldt-Jakob disease in a man with COVID-19: SARS-CoV-2-accelerated neuro degeneration? Brain, Behavior, and Immunity. 2020; 89: 601-603               

di Marco Lehnus

La sua scoperta, è attribuita nel 2004 agli scienziati sovietici Andrej Gejm ed al suo discepolo Kostantin Novoselov, che nel 2010 vinsero il premio Nobel per la fisica. Essi cercarono di ottenere delle strutture molto sottile dalla grafite, con l’intento di confrontarne le proprietà con quelle dei nanotubuli di carbonio, entità peraltro già conosciute da tempo. Con metodo dalla semplicità quasi sconcertante, frapposero delle scaglie di grafite tra due nastri di scotch, ottenendo, nella fase della loro separazione, frammenti sempre più sottili di grafite, via via che si andava ripetendo la metodica ed al termine della quale veniva aggiunto, a supporto, uno strato di silicio. Riuscirono cosi a realizzare fogli estremamente sottili di grafene, dello spessore di un solo atomo di carbonio, dei quali iniziarono a studiarne le proprietà elettriche.

Il grafene, è il materiale più sottile al mondo, che pare essere destinato a stravolgere il futuro di moltissimi settori della vita umana, ivi compresa, per le sue stupefacenti proprietà e conseguenti potenziali applicazioni, quello nella ricerca ed applicazione medica. A questo proposito è interessante rilevare la dichiarazione fatta nel 2016 dagli scienziati dell’Università di Manchester, con la quale affermano di aver scoperto che l’ossido di grafene, può sconfiggere il cancro.

Questo nanomateriale, neutralizzerebbe le cellule staminali tumorali, non risultando tossico per le cellue sane. Se i fatti confermeranno queste evidenze, è probabile che chemio e radioterapia potranno, almeno in parte, essere accantonate o ridimensionate, giacché il loro effetto, per quanto utile nella distruzione delle cellule neoplastiche, risulta però nefasto anche per le cellule adulte sane e per le cellule staminali (le cosiddette cellule totipotenti, pronte ad evolversi in una delle varie linee cellulari (muscolari, ossee, cardiache, polmonari, epatiche…) del nostro organismo.

Gli iniziali tentativi di ricavare dalla grafite il grafene, la cui struttura è bidimensionale, risalgono al 19° secolo e l’intento attuale è di essere utilizzato, quest’ultimo, per creare oggetti tridimensionali, sapendo che nello allo spessore di un millimetro di grafite, sono contenuti tre milioni di strati di grafene, ognuno dei quali ha lo spessore di un atomo di carbonio. La struttura chimica del grafene, appare quindi come 1 foglio di atomi di C (carbonio) disposti in forma di “reticolo esagonale simmetrico”.  Per meglio comprendere il rapporto tra grafene e grafite, possiamo immaginare quest’ultima come un libro, nel quale ogni singola pagina sia costituita dal grafene, con il particolare che, pur essendo la pagina parte del libro, essa presenta proprietà molto diverse dal libro intero!  

Perche’ assottigliare la grafite per ottenere il grafene?

Perché ciò costringe gli elettroni a muoversi lungo il piano di questi “fogli”, il reticolo esagonale simmetrico, la cui struttura influenza il comportamento degli elettroni stessi, facendoli divenire equivalenti a particelle prive di massa, simili, quindi, a neutrini (particelle subatomiche elementari di massa quasi irrilevante) ma, a differenza di questi, elettricamente carichi. Il “percorso forzato” all’interno del reticolo, fornisce agli elettroni stessi, una elevata mobilità che conferisce loro la caratteristica di particelle “balistiche”, ovvero di proiettili non deviabili e capaci di viaggiare su distanze microscopiche elevate.

Le proprietà del grafene, sono quelle di un materiale ultraleggero, flessibile e tra le cento e le duecento volte più resistente dell’acciaio, risultando  inoltre, essere un ottimo conduttore di calore e corrente. Quasi trasparente ed impenetrabile anche da un solo atomo di elio (gas nobile), si lascia però attraversare dalle molecole d’acqua, risultando, peraltro, un ottimo filtro per la depurazione di acque reflue e acqua di mare, dalla quale ricavare acqua potabile. All’umanità sono stati necessari circa centossessanta anni per ricavare il grafene dalla grafite, ora molto resta ancora per poterlo impiegare su vasta scala industriale.

Le sue caratteristiche lo vedono già impiegato per le batterie delle auto elettriche e degli smartphone, con tempi di ricarica estremamente veloci, ma anche nella costruzione di veicoli, quali automobili ed aerei più leggeri e più resistenti.

Nel settore medico?

Nel campo medico, si attendono le sue future applicazioni, trattandosi di nanotecnologie con le quali sviluppare sensori intelligenti ed ultrasensibili capaci, una volta introdotti nell’organismo per via subdermica od intravascolare, di monitorare le varie attività di tessuti e degli organi  – fra i quali il cervello – raggiungendoli, al fine anche del recapito diretto di un eventuale principio farmacologicamente attivo per la cura di una specifica affezione.

Ma, allo stato attuale, la realtà potrebbe essere meno edificante e rassicurante, rispetto alla narrazione fin qui fatta, poiché da vari studi recenti condotti in Spagna ed in altri Paesi, sembra che  l’ ossido di grafene  sia contenuto nelle mascherine chirurgiche, che il mondo intero, obbligatoriamente, si trova costretto ad utilizzare dall’inizio dell’era covid. Inoltre, le stesse fonti universitarie pubbliche spagnole, dichiarano che con la microscopia elettronica e la spettroscopia, nei tamponi utilizzati per la PCR (reazione a catena per la polimerasi) e nei test antigenici, siano presenti nanoparticelle di ossido di grafene. Allo stesso modo, tutte le varianti dei “dispositivi genici” della BigPharma inoculati fino ad oggi alle popolazioni del pianeta, conterrebbero una stessa considerevole quantità di ossido di grafene. Non ne sarebbero stati esenti nemmeno i vaccini antinfluenzali degli anni precedenti, nei quali l’ossido di grafene sarebbe stato utilizzato come adiuvante, come pure i nuovi vaccini anti-inflenza comune ed i cosiddetti “nuovi vaccini” anti-covid intranasali.

Da studi medici qualificati e certificati, sembra che i tristemente noti effetti trombotici in corso di patologia acuta da covid, si debbano ascrivere all’ossido di grafene per il suo elevato effetto coagulativo sul sangue. Allo stesso tempo, l’ossido di grafene risulterebbe immuno-soppressore in conseguenza agli effetti di scompenso sullo squilibrio ossidativo, indotto da questo tossico, in termini di carenza di riserve di glutatione, il cui stoccaggio è a livello epatico.

Un carico maggiore di ossido di grafene somministrato, determinerebbe il collasso del sistema immunitario con inevitabile  “tempesta citochinica”, proprio come accade nella malattia conclamata attorno al 4° / 5° giorno, qualora – rispetto al consumato mantra della “tachipirina e vigile attesa”, responsabile di innumerevoli morti per omicidio di stato –  non venga instaurata una adeguata e tempestiva terapia delle fasi iniziali con presidi farmacologici, quali idrossiclorochina o ivermectina associate ad altre variabili terapeutiche, quali aspirina, azitromicina (od altri antibiotici specici) ed eparine a basso peso molecolare.

L’osservazione clinica ed il riscontro autoptico, confermerebbero come l’ossido di grafene, sia responsabile del quadro di polmonite interstiziale bilaterale. Sintomi legati alla sua presenza nel corpo sono il sapore metallico in bocca e la perdita parziale o totale del gusto (ipogeusia o ageusia) e dell’olfatto (iposmia o anosmia) seppur generalmente temporanee. Gli stessi sintomi si possono iniziare ad avvertire intorno alla fine della prima settimana di malattia da covid 19 conclamata. Per inalazione, l’ossido di grafene, provoca infiammazione delle mucose delle prime vie respiratorie ed anche in questo caso ageusia ed anosmia.

Sono oramai acclarati gli effetti magnetici cutanei, conseguenti alla proprietà elettromagnetica dell’ ossido di grafene, che è stato inequivocabilmente obiettivato su milioni di persone, nelle ore immediatamente successive all’inoculazione del dispositivo genico e che ora trova una concreta  risposta al “curioso fenomeno” dopo l’identificazione del tipo di tossico presente nello pseudo vaccino.  

A completare il quadro iniziale delle acquisizioni di queste ultime ore, vi sarebbe l’acquisizione che questo tossico, sia il presunto Sars-Cov-2 dal quale avrebbe preso l’avvio della malattia nota come Covid – 19 .  Notizia, a mio parere, ancora nebulosa che necessita di conferme che dovrebbero provenire da più laboratori di ricerca universitaria, per poter godere di credito.

Se ciò dovesse essere confermato, prenderebbe consistenza maggiore quel sospetto che da oltre un anno aleggia nel mondo scientifico emarginato, delegittimato e deriso, circa il non ancora dimostrato isolamento del virus che, qualora identificato ed isolato, avrebbe consentito la preparazione di un vero vaccino secondo i canoni classici, riconducibili agli insegnamenti della microbiologia (materia del 2° anno del corso di laurea in medicina e chirurgia).   Le mie reminiscenze di quegli studi, mi confermano che la preparazione di un vaccino, avviene partendo dall’isolamento del virus, per procedere poi ad una delle seguenti successive fasi: fase di uccisione o attenuazione del suo potere virulento o alla predisposizione della sua totale avirulenza.

Al termine di dette fasi, sarà possibile predisporre la fase finale, ovvero la preparazione del vaccino purificato, da inoculare in via preventiva alla popolazione esposta al contagio, qualora non già protetta naturalmente per aver contratto l’affezione in modo sintomatico od asintomatico, che ne abbia conseguentemente stimolato le difese attraverso la produzione di anticorpi specifici.

Da ultimo, è interessante ricordare che esiste una banda di frequenza elettronica specifica, in funzione della quale il grafene, come moltissimi altri materiali, viene sollecitato ad ossidarsi molto rapidamente, andando così a rompere quell’equilibrio nell’organismo, che consente la produzione e l’accumulo, a livello epatico, delle riserve di glutatione, il più potente e rappresentato anti-ossidante del nostro organismo.  Sembra oramai evidente che la banda di frequenza in grado di scatenare questo effetto negativo sul rapporto ossido di grafene / glutatione, venga emessa con le nuove larghezze di banda di trasmissione della tecnologia wireless 5G.   Ad maiora!

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[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia  Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]

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