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a cura del dott. Marco Lehnus

La terapia con anticorpi provenienti da plasma di malati che hanno superato in precedenza la malattia, è pratica datata, le cui prime esperienze risalgono agli ultimi due decenni dell’800, allorquando Kitasato Shibasaburo e Emil Adolf Von Behring, scoprono che il siero di animali immunizzatisi dal tetano, contiene una sostanza (che oggi chiamiamo anticorpo) capace di inibire la tossina tetanica, impedendo così una nuova infezione. 

Nel 1891 Emil Adolf von Behring, fu in grado di somministrare ad un bambino malato di difterite (dal greco diphetera, membranae da qui il termine di malattia delle membrane), patologia causata dal Corynebacterium diphtheriae, il siero contenente anticorpianti-difterici, ottenendo la guarigione del bambino. Nel 1901, Behring fu insignito del Nobel per la medicina. Successivamente, anche la medicina parigina intraprese la cura della difterite con sieroterapia, ottenendo la riduzione dal 32% al  12% dei morti per difterite ove trattati con siero immune. Nella difterite laringea dei bambini, la sieroterapia  ridusse la letalità dall’ 86% al 49%.  A Torino, nel perHiv,saiodo 1888-1897 i risultati furono addirittura percentualmente migliori, riducendo i casi mortali dal 50% al 22%, grazie alla comprensione dell’importanza della precocità nel fare la diagnosi. Concetto mutuato dall’esperienza della scuola medica britannica.Nella prima guerra mondiale si sperimentò la sieroterapia contro il tetano, per i soldati al fronte, ma i risultati non furono particolarmente brillanti.  Si dovette aspettare il 1925, quando Léon Gaston Ramon, dell’Istituto Pasteur di Parigi, comprese l’importanza di privare del suo potere tossico la tossina tetanica, trasformandola in anatossina, attraverso la conversione con formolo al 4 x mille e come tale, inocularla senza arrecare danni alla salute dei soldati. Ma già nel 1918 la pandemia di spagnola, fu il momento per la grande verifica degli effetti della terapia con siero immune ed in tempi più vicini a noi, ricordiamo il suo impiego per curare gli immunodepressi da HIV negli anni ’90, come pure contro la Sars del 2002 e l’epidemia di ebola nel 2015, per la quale l’OMS, approvò l’utilizzo del plasma immune  per il controllo di questa drammatica patologia.

Plasma

Ed oggi?  Oggi, da cittadini e da medici, è sconcertante aver assistito alla negazione delle cure, al divieto di fare visita ai  malati  affetti da covid, suggerendo loro, al telefono, di assumere solo tachipirina (rivelatasi poi rimedio peggiore della malattia, oltre che potente tossico per il fegato, non più in grado di produrre il glutatione, importante anti-ossidante organico) restando in “vigile attesa”, spesso rivelatasi “tragica attesa” senza ritorno. Ma su questo, non mi dilungo per non riaprire una ferita tutt’altro che cicatrizzata. Perché è stato ostracizzato fin dall’inizio l’uso domiciliare della idrossiclorochina o della ivermectina? Non appena i medici si sono rifiutati di sottostare agli ordini criminali delle autorità sanitarie italiane, i pazienti iniziarono a guarire rapidamente e le morti a domicilio, come per incanto, non si verificarano più! Perché, dai referenti nazionali del ministero della salute, è stato impedito, di usare l’adenosina spray in un reparto di terapia intensiva di un importante ospedale del Suditalia, ove – fino a quel momento – tale farmaco, a detta degli operatori medici dei ranghi apicali, aveva fatto miracoli? La risposta ufficiale fu che “non vi era sufficiente sperimentazione per poter proseguire con il suo uso”! 

Plasma

E da ultimo, non certo per importanza, mi chiedo il perché per i malati gravi e gravissimi che giungevano all’osservazione del Prof. Giuseppe De Donno, dopo i suoi primi brillanti successi su 58 pazienti strappati a morte certa, non è stato più concesso di continuare con la sua geniale intuizione di utilizzare il plasma iperimmune di pazienti guariti da covid su pazienti in fase acuta dimalattia? Il Prof. De Donno è stato abbandonato dalla classe medica asservita al potere politico centrale. Il primo segnale del bieco boicottaggio giunse dall’ ISS (Istituto Superiore di Sanità) e dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), allorquando questi due enti, affidarono la sperimentazione scientifica della sua scoperta ai medici della scuola di Pisa e non al suo reparto, al suo ospedale o a quello di Pavia, con il quale collaborava costantemente durante l’epidemia. Si preferì trasferire tale compito in regione Toscana, dove la Kedrion Biopharma (attorno agli 810 milioni di euro il fatturato 2019), è il colosso dei plasma-derivati, il cui amministratore delegato, Paolo Marcucci, è fratello del senatore Andrea Marcucci, capogruppo al senato del PD, il quale partito, combinazione (!), ha il controllo della regione Toscana. Proprio qui, l’ ISS, ha autorizzato la sperimentazione al plasma del prof. De Donno, con il mero intento di banalizzarlo per affossarlo, giacchè mai, neppure per un minuto, in regione si era smesso di parlare di vaccini. 

Plasma

De Donno viene quindi abbandonato ed umiliato, ma in febbraio 2021, giunge, dalla prestigiosa rivista americana la “Mayo Clinic proceedings” (che fa capo alla Mayo Foundation), il giusto riconoscimento, attraverso la pubblicazione dei risultati positivi ottenuti nella “grande mela” con tale metodica.  Ma in Italia, questo riconoscimento rappresenta solo un’insidia per coloro che, a vario titolo e per ragioni “oscure” sono “costretti” a parlare solo di vaccini. Al Professore, oggi certamente nel Regno dei Cieli, ma non per suo così precoce desiderio, rimane la soddisfazione che moltissimi altri centri clinici nel mondo stanno adottando le sue cure dal costo irrisorio, inferiore ai 100 euro, mentre BigPharma si appresta a mettere sul mercato analoghe cure a base di “anticorpi monoclonali” al prezzo venti volte superiore per ogni singola dose.  

Da ultimo, al di là delle brevi argomentazioni fin qui esposte, rimane particolarmente aperta e fino ad ora non dibattuta, o quantomeno, non sufficientemente dibattuta, la problematica relativa all’impiego di sacche di siero e di sangue, provenienti dai donatori.  Da quando è stato introdotto il primo dispositivo genico (arbitrariamente chiamato “vaccino”, ma privo delle più elementari caratteristiche per essere considerato tale) ad oggi,circa 2/3 della popolazione italiana, stando alle notizie ufficiali, ma forse meno, si è sottoposta all’inoculo.

Ma anche per il futuro, saranno necessarie, a vario titolo, le trasfusioni di sangue, come pure di plasma.  Quest’ultimo, non solo per fornire tempestivamente una quantità anticorpale in caso di patologia da Sars-Cov-2 in fase acuta e complicata, ma anche per fornire albumina, in caso di una sua importante ed acutacarenza, come accade in seguito a shoch ipovolemico per importante perdita di liquidi – come ad esempio nei grandi ustionati –  e/o per fornire nell’immediato, la più importante proteina organica prodotta dal fegato ed il cui  effetto antinfiammatorio  impedisce la formazione della PCR (proteina C reattiva), ad effetto invece pro-infiammatorio, foriero di molti altri effetti negativi. Sorge ora il quesito seguente: chi ha scelto legittimamente e liberamente di non “vaccinarsi”, perchè non garantito dagli attuali“dipositivi” della BigPharma, ancora per molto tempo in fase disperimentazione sull’uomo, in caso di necessità acuta ad essere trattato con sangue o plasma di donatore, avrà il grosso problema di subire, seppure indirettamente, le conseguenze di una “vaccinazione”,  fino a quel momento evitata?

Rimanendo ai dati del ministero della salute, questi sembrerebbero indicare una popolazione di vaccinati attorno al 50 – 60% .  E poi?… Di certo, la scelta per il si o per il no al possibile trasferimento di proteina spike e di altri elementi disciolti nel materiale organico proveniente dai “vaccinati”, non potrà essere fatta dall’interessato (soprattutto se in coma) e perché non scritta preventivamente  su un cartellino sanitario! Di fatto potrà quindi porsi il dilemma se morire per danni biologici naturalmente indotti da eventi nefasti o la morte per complicanze vascolari (ictus, trombosi polmonari, renali, cerebrali etc. …) conseguenti allo pseudo “vaccino”. 

Da ultimo, su questo giornale online, di recente nascita ma che già molti lettori è riuscito a conquistare per la dovizia di argomenti attualissimi ed interessanti, scritti con grande impegno ed onestà professionale dal suo Direttore, dott. ssa Marzia Chiocchi e dai molti suoi collaboratori, desidero concludere con un ricordo del valoroso ed umile Prof. Giuseppe De Donno, Collega e Maestro di etica medica per tutti noi, che ha dimostrato di sfidare impavidamente illeciti e mostruosi interessi economici, fino alla perdita della sua stessa vita, pur di difendere, con le sue terapie, quella dei pazienti che il destino gli aveva affidato.

Che la sua fede al giuramento di Ippocrate, possa continuare ad essere, per la classe medica di oggi e del futuro, il grande esempio da mutuare, per non cadere in errori e tentazioni materiali, che nulla mai avranno di umano nei confronti della sofferenza di chi si affida alla scienza, quella vera, per trovare un po’ di ristoro alle proprie sofferenze.  Grazie caro e buon Professore…..

https://www.ordinemedici-go.it/medico/lehnus-marco/

[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, fra cui anche Marzia Chiocchi di Mercurius5, e Monica Tomasello di Catania CreAttiva, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]

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https://cataniacreattiva.it/plasma-iperimmune-una-cura-secolare-che-la-scienza-rinnega/

di Marco Lehnus

La sua scoperta, è attribuita nel 2004 agli scienziati sovietici Andrej Gejm ed al suo discepolo Kostantin Novoselov, che nel 2010 vinsero il premio Nobel per la fisica. Essi cercarono di ottenere delle strutture molto sottile dalla grafite, con l’intento di confrontarne le proprietà con quelle dei nanotubuli di carbonio, entità peraltro già conosciute da tempo. Con metodo dalla semplicità quasi sconcertante, frapposero delle scaglie di grafite tra due nastri di scotch, ottenendo, nella fase della loro separazione, frammenti sempre più sottili di grafite, via via che si andava ripetendo la metodica ed al termine della quale veniva aggiunto, a supporto, uno strato di silicio. Riuscirono cosi a realizzare fogli estremamente sottili di grafene, dello spessore di un solo atomo di carbonio, dei quali iniziarono a studiarne le proprietà elettriche.

Il grafene, è il materiale più sottile al mondo, che pare essere destinato a stravolgere il futuro di moltissimi settori della vita umana, ivi compresa, per le sue stupefacenti proprietà e conseguenti potenziali applicazioni, quello nella ricerca ed applicazione medica. A questo proposito è interessante rilevare la dichiarazione fatta nel 2016 dagli scienziati dell’Università di Manchester, con la quale affermano di aver scoperto che l’ossido di grafene, può sconfiggere il cancro.

Questo nanomateriale, neutralizzerebbe le cellule staminali tumorali, non risultando tossico per le cellue sane. Se i fatti confermeranno queste evidenze, è probabile che chemio e radioterapia potranno, almeno in parte, essere accantonate o ridimensionate, giacché il loro effetto, per quanto utile nella distruzione delle cellule neoplastiche, risulta però nefasto anche per le cellule adulte sane e per le cellule staminali (le cosiddette cellule totipotenti, pronte ad evolversi in una delle varie linee cellulari (muscolari, ossee, cardiache, polmonari, epatiche…) del nostro organismo.

Gli iniziali tentativi di ricavare dalla grafite il grafene, la cui struttura è bidimensionale, risalgono al 19° secolo e l’intento attuale è di essere utilizzato, quest’ultimo, per creare oggetti tridimensionali, sapendo che nello allo spessore di un millimetro di grafite, sono contenuti tre milioni di strati di grafene, ognuno dei quali ha lo spessore di un atomo di carbonio. La struttura chimica del grafene, appare quindi come 1 foglio di atomi di C (carbonio) disposti in forma di “reticolo esagonale simmetrico”.  Per meglio comprendere il rapporto tra grafene e grafite, possiamo immaginare quest’ultima come un libro, nel quale ogni singola pagina sia costituita dal grafene, con il particolare che, pur essendo la pagina parte del libro, essa presenta proprietà molto diverse dal libro intero!  

Perche’ assottigliare la grafite per ottenere il grafene?

Perché ciò costringe gli elettroni a muoversi lungo il piano di questi “fogli”, il reticolo esagonale simmetrico, la cui struttura influenza il comportamento degli elettroni stessi, facendoli divenire equivalenti a particelle prive di massa, simili, quindi, a neutrini (particelle subatomiche elementari di massa quasi irrilevante) ma, a differenza di questi, elettricamente carichi. Il “percorso forzato” all’interno del reticolo, fornisce agli elettroni stessi, una elevata mobilità che conferisce loro la caratteristica di particelle “balistiche”, ovvero di proiettili non deviabili e capaci di viaggiare su distanze microscopiche elevate.

Le proprietà del grafene, sono quelle di un materiale ultraleggero, flessibile e tra le cento e le duecento volte più resistente dell’acciaio, risultando  inoltre, essere un ottimo conduttore di calore e corrente. Quasi trasparente ed impenetrabile anche da un solo atomo di elio (gas nobile), si lascia però attraversare dalle molecole d’acqua, risultando, peraltro, un ottimo filtro per la depurazione di acque reflue e acqua di mare, dalla quale ricavare acqua potabile. All’umanità sono stati necessari circa centossessanta anni per ricavare il grafene dalla grafite, ora molto resta ancora per poterlo impiegare su vasta scala industriale.

Le sue caratteristiche lo vedono già impiegato per le batterie delle auto elettriche e degli smartphone, con tempi di ricarica estremamente veloci, ma anche nella costruzione di veicoli, quali automobili ed aerei più leggeri e più resistenti.

Nel settore medico?

Nel campo medico, si attendono le sue future applicazioni, trattandosi di nanotecnologie con le quali sviluppare sensori intelligenti ed ultrasensibili capaci, una volta introdotti nell’organismo per via subdermica od intravascolare, di monitorare le varie attività di tessuti e degli organi  – fra i quali il cervello – raggiungendoli, al fine anche del recapito diretto di un eventuale principio farmacologicamente attivo per la cura di una specifica affezione.

Ma, allo stato attuale, la realtà potrebbe essere meno edificante e rassicurante, rispetto alla narrazione fin qui fatta, poiché da vari studi recenti condotti in Spagna ed in altri Paesi, sembra che  l’ ossido di grafene  sia contenuto nelle mascherine chirurgiche, che il mondo intero, obbligatoriamente, si trova costretto ad utilizzare dall’inizio dell’era covid. Inoltre, le stesse fonti universitarie pubbliche spagnole, dichiarano che con la microscopia elettronica e la spettroscopia, nei tamponi utilizzati per la PCR (reazione a catena per la polimerasi) e nei test antigenici, siano presenti nanoparticelle di ossido di grafene. Allo stesso modo, tutte le varianti dei “dispositivi genici” della BigPharma inoculati fino ad oggi alle popolazioni del pianeta, conterrebbero una stessa considerevole quantità di ossido di grafene. Non ne sarebbero stati esenti nemmeno i vaccini antinfluenzali degli anni precedenti, nei quali l’ossido di grafene sarebbe stato utilizzato come adiuvante, come pure i nuovi vaccini anti-inflenza comune ed i cosiddetti “nuovi vaccini” anti-covid intranasali.

Da studi medici qualificati e certificati, sembra che i tristemente noti effetti trombotici in corso di patologia acuta da covid, si debbano ascrivere all’ossido di grafene per il suo elevato effetto coagulativo sul sangue. Allo stesso tempo, l’ossido di grafene risulterebbe immuno-soppressore in conseguenza agli effetti di scompenso sullo squilibrio ossidativo, indotto da questo tossico, in termini di carenza di riserve di glutatione, il cui stoccaggio è a livello epatico.

Un carico maggiore di ossido di grafene somministrato, determinerebbe il collasso del sistema immunitario con inevitabile  “tempesta citochinica”, proprio come accade nella malattia conclamata attorno al 4° / 5° giorno, qualora – rispetto al consumato mantra della “tachipirina e vigile attesa”, responsabile di innumerevoli morti per omicidio di stato –  non venga instaurata una adeguata e tempestiva terapia delle fasi iniziali con presidi farmacologici, quali idrossiclorochina o ivermectina associate ad altre variabili terapeutiche, quali aspirina, azitromicina (od altri antibiotici specici) ed eparine a basso peso molecolare.

L’osservazione clinica ed il riscontro autoptico, confermerebbero come l’ossido di grafene, sia responsabile del quadro di polmonite interstiziale bilaterale. Sintomi legati alla sua presenza nel corpo sono il sapore metallico in bocca e la perdita parziale o totale del gusto (ipogeusia o ageusia) e dell’olfatto (iposmia o anosmia) seppur generalmente temporanee. Gli stessi sintomi si possono iniziare ad avvertire intorno alla fine della prima settimana di malattia da covid 19 conclamata. Per inalazione, l’ossido di grafene, provoca infiammazione delle mucose delle prime vie respiratorie ed anche in questo caso ageusia ed anosmia.

Sono oramai acclarati gli effetti magnetici cutanei, conseguenti alla proprietà elettromagnetica dell’ ossido di grafene, che è stato inequivocabilmente obiettivato su milioni di persone, nelle ore immediatamente successive all’inoculazione del dispositivo genico e che ora trova una concreta  risposta al “curioso fenomeno” dopo l’identificazione del tipo di tossico presente nello pseudo vaccino.  

A completare il quadro iniziale delle acquisizioni di queste ultime ore, vi sarebbe l’acquisizione che questo tossico, sia il presunto Sars-Cov-2 dal quale avrebbe preso l’avvio della malattia nota come Covid – 19 .  Notizia, a mio parere, ancora nebulosa che necessita di conferme che dovrebbero provenire da più laboratori di ricerca universitaria, per poter godere di credito.

Se ciò dovesse essere confermato, prenderebbe consistenza maggiore quel sospetto che da oltre un anno aleggia nel mondo scientifico emarginato, delegittimato e deriso, circa il non ancora dimostrato isolamento del virus che, qualora identificato ed isolato, avrebbe consentito la preparazione di un vero vaccino secondo i canoni classici, riconducibili agli insegnamenti della microbiologia (materia del 2° anno del corso di laurea in medicina e chirurgia).   Le mie reminiscenze di quegli studi, mi confermano che la preparazione di un vaccino, avviene partendo dall’isolamento del virus, per procedere poi ad una delle seguenti successive fasi: fase di uccisione o attenuazione del suo potere virulento o alla predisposizione della sua totale avirulenza.

Al termine di dette fasi, sarà possibile predisporre la fase finale, ovvero la preparazione del vaccino purificato, da inoculare in via preventiva alla popolazione esposta al contagio, qualora non già protetta naturalmente per aver contratto l’affezione in modo sintomatico od asintomatico, che ne abbia conseguentemente stimolato le difese attraverso la produzione di anticorpi specifici.

Da ultimo, è interessante ricordare che esiste una banda di frequenza elettronica specifica, in funzione della quale il grafene, come moltissimi altri materiali, viene sollecitato ad ossidarsi molto rapidamente, andando così a rompere quell’equilibrio nell’organismo, che consente la produzione e l’accumulo, a livello epatico, delle riserve di glutatione, il più potente e rappresentato anti-ossidante del nostro organismo.  Sembra oramai evidente che la banda di frequenza in grado di scatenare questo effetto negativo sul rapporto ossido di grafene / glutatione, venga emessa con le nuove larghezze di banda di trasmissione della tecnologia wireless 5G.   Ad maiora!

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[Questo articolo è condiviso dal Comitato Tecnico Libera Informazione (Co.Te.L.I.), che vede la collaborazione di diversi giornalisti e blogger, tra cui le fondatrici Marzia  Chiocchi di Mercurius5.it e Monica Tomasello di CataniaCreAttiva.it, supportati da un team di medici ed avvocati, formatosi con l’unico intento di collaborare per la ricerca e condivisione della Verità sui principali fatti di rilevanza sia nazionale, che europea, che mondiale]

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