2 Aprile 2022 – Redazione – di Giorgio Gandola La Verità)
Donato Greco: «Abbiamo dovuto suggerire restrizioni di dubbia efficacia scientifica ma costi sociali certi. Le chiusure non hanno frenato il virus. Un altro errore è stato lasciare la comunicazione in mano a virologi autonominati».
«Anche i lockdown più duri non hanno contrastato la diffusione del virus». È l’ammissione di un errore fatale, è l’8 settembre della guerra al Covid. Non sono trascorse neppure 48 ore dallo scioglimento del Comitato tecnico scientifico che arriva la prima rivelazione fuori dal coro. Poi la seconda: «Le misure di contenimento non hanno avuto efficacia scientifica ma costi sociali certi». La terza è uno schiaffo a reti unificate: «Il nostro errore più grande è stato lasciare la comunicazione in mano a virologi autonominati ma senza esperienza specifica».
Donato Greco è uno scienziato e per un anno ha fatto parte del Politburo dei burattinai che hanno scandito la vita del Paese, dietro ai quali si è sempre riparato il ministro Roberto Speranza. Appeso il camice ministeriale al chiodo, l’advisor di 30 commissioni dell’Oms con 250 pubblicazioni internazionali nel curriculum decide di togliersi dalle scarpe non sassolini ma massi erratici, meteoriti che incrinano «ex post» le scelte del potere sanitocratico.
Lo fa a Un giorno da pecora su RaiRadio 1; cinque minuti liberatori per chi ha provato anche nei giorni più dolorosi a mantenere acceso il cervello e a seguire la strada del dubbio. Il professor Greco è entrato nel Cts un anno fa, dopo la delirante stagione della «Tachipirina e vigile attesa».
Ha partecipato a 65 riunioni strategiche, ha avallato decisioni impopolari e di dubbia efficacia, ha ascoltato Mario Draghi dire assurdità come «Il green pass garantisce ai vaccinati di non contagiarsi, chi non si vaccina muore».
Per appiattimento istituzionale o per senso del dovere non ha parlato con entusiasmo sospetto come alcuni suoi colleghi (Agostino Miozzo, Sergio Abrignani, Franco Locatelli). Ma ieri, improvvisamente, si è sentito libero di dire la sua. «La più grande difficoltà del Cts è stata dover suggerire misure di contenimento e mitigazione la cui efficacia scientifica era debole mentre i costi sociali ed economici erano certi. Qualunque chiusura, a cominciare dalle scuole fino alle restrizioni delle attività commerciali, non è riuscita a contrastare la diffusione del virus come poi si è visto». Un’accusa frontale, un uso non casuale del verbo «suggerire» che conferma ciò che questo giornale ha sempre scritto: le scelte sono state politiche e le istituzioni hanno usato «l’evidenza sanitaria» come foglia di fico per coprire decisioni cervellotiche e anticostituzionali.
Tornando al surreale lockdown contiano dei canti dai balconi e della morte civile di migliaia di esercizi commerciali, Greco ha un’opinione sintetizzabile con due parole: errore madornale.
«Anche l’isolamento più duro del marzo 2020 non ha sortito nessun effetto sul contenimento dell’epidemia». Eppure allora chi eccepiva veniva confinato fra i nemici dello Stato. Veniva manganellato dai media mainstream, sbeffeggiato nei talk show governativi, additato a reprobo dalle virostar di riferimento e spiato dagli Alessandro Gassman di turno. Un periodo da pelle d’oca in cui il pensiero unico ha preso il sopravvento. Anche per quella stagione Donato Greco ha una spiegazione non convenzionale.
«L’errore più grande del Cts è stato non aver prodotto comunicazione. Si è dato spazio a una serie di virologi autonominati che l’hanno gestita. È vero, abbiamo tenuto una conferenza stampa ogni settimana, ma senza impatto mediatico perché tutti gli spazi erano occupati. Noi abbiamo rispettato un vincolo di riservatezza mentre le virostar hanno avuto accesso ai media in modo intenso pur non conoscendo le informazioni di chi era in prima linea e non avendo esperienza specifica».
Più che intervistare, Giorgio Lauro e Geppi Cucciari raccolgono un’amara e lucida confessione. Greco lancia sassi in piccionaia anche al sistema dell’informazione: «Ho lavorato in più di 50 epidemie e inevitabilmente spuntano esperti autonominati che i media scelgono anche per le loro capacità comunicative».
Siamo all’elenco dei virologi da passerella; il membro del defunto Cts non ha problemi a fotografarli in primo piano e a demolirne il superego, tranne al più autoreferenziale. «Roberto Burioni è stato utile nella comunicazione formale per le sue lezioni da Fabio Fazio ed è stato onesto rispetto ai colleghi. Altri meno. C’erano colleghi con la qualifica di infettivologi clinici, bravi per le terapie ma di sanità pubblica non ne sapevano niente». Critica Matteo Bassetti: «Chi discuteva sempre le decisioni del governo era esasperante».
Poi snocciola il rosario. «Fabrizio Pregliasco si è sempre occupato di virologia dell’influenza; Alberto Zangrillo è un rianimatore, non ci azzecca; Andrea Crisanti è un polemista, bravissimo con le zanzare e personaggio molto discusso nel mondo accademico. Antonella Viola è immunologa e biologa, brava nella comunicazione sociale».
La rasoiata finale è da boia cinese, di quelli che ai tempi di Confucio tagliavano la testa con tale raffinatezza da lasciarla sul collo: «La sanità pubblica pensa alla popolazione. Noi ci occupiamo della gente, non delle provette».
Sul come, dopo le sue rivelazioni ogni dubbio è lecito. Il Politburo sanitario si è sciolto ma il veleno vaporizzato pervade l’aria; la resa dei conti è appena cominciata.
di Giorgio Gandola – La Verità